Palazzo Beccalossi perde i pezzi
di Ubaldo Vallini

La storica struttura è stata transennata per il timore che la caduta di cornicioni possa interessare anche la pubblica via. Presto l'intervento di messa in sicurezza



«Tanto tuonò che piovve».
La famosa frase attribuita a Socrate, ben si confà alla situazione che vede oggi protagonista lo storio Palazzo Beccalossi, la struttura che si affaccia su via Marconi a Barghe, proprio di fronte al ponte che porta nel centro del paese.
Un palazzo che certo ha conosciuto tempi migliori.

Più volte oggetto di progetti di riqualificazione, anche con l’ipotesi di utilizzare fondi europei, infatti, quello che forse è stato l’unico palazzo rinascimentale valsabbino, rimasto indenne fino al secolo scorso, versa ora in precarie condizioni.

L’altro giorno una grondaia si è staccata e con quella alcuni pezzi di cornicione sono finiti sul terrazzo di un vicino.
C’è mancato poco che rimbalzassero per strada, proprio dove c’è la fermata dell’autobus.

Il Comune ha provveduto alla posa delle prime transenne a protezione dell’area considerata pericolosa.
Il riparo è poi stato sistemato meglio dalla famiglia Monera che del palazzo conserva la proprietà.

Edificato dai Randini, infatti, quello che è conosciuto col nome di Palazzo Beccalossi dal nome della facoltosa famiglia alla quale poi è stato affidato, è passato di proprietà ai Bonacina e poi ai Monera.

Prima del 1927, data in cui Barghe ha perso lo status di Comune poi riconquistato nel 1956, Palazzo Beccalossi aveva ospitato in affitto gli uffici comunali.
Si dice che qui dimorò Garibaldi in procinto di affrontare la battaglia di Monte Suello, ma l’Eroe dei due Mondi sappiamo che è stato un po’ dappertutto.

Più affidabili le voci ancora vive in paese, di chi rammenta di auto lussuose che varcavano la soglia del cortile interno e di allegri ricevimenti, negli spazi che conservavano affreschi settecenteschi, di sontuosi caminetti e persino di un leggendario pozzo.
Tempo passato.

Ora Palazzo Beccalossi attende le squadre di operai che metteranno in sicurezza i cornicioni ed i tecnici a verificare la sua robustezza strutturale.

E che ne è dell’idea di una sua valorizzazione pubblica, magari didattico-culturale?
I Monera si dichiarano disponibili, ma è innegabile: più il tempo passa più l’obiettivo si allontana.

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