La vera storia di Nedo Fiano protagonista della Memoria
di Fabio Borghese

Il racconto di storytelling “Il coraggio di vivere, la storia vera di Nedo Fiano”, di e con Emanuele Turelli, verso i 20 mila spettatori e la data numero 100 in nove stagioni di cartellone


Il lavoro dello storyteller Emanuele Turelli
(con la regia e il coordinamento tecnico/scenico di Claudio Cominardi), si appresta a vivere una nuova stagione che porterà il giornalista/storyteller, di Gavardo, ad incontrare oltre 4 mila spettatori negli istituti scolastici e nei teatri delle province di Brescia e Bergamo.

In particolare saranno 18 le tappe del “Tour della Memoria 2018” che porteranno Turelli dalle valli alla pianura, dal lago di Garda alla città. Concentrato in circa 20 giorni, il tour prenderà il via con l’anteprima stagionale del racconto, il 12 gennaio a Sale Marasino (paese natale di Turelli, che torna ad ospitare un suo racconto dopo la “prima” di “Madiba, la vera storia di Nelson Mandela” nel settembre del 2012) per concludersi con la data numero 100, il 3 febbraio ad Angolo Terme.

Le 16 date comprese fra anteprima e finale del tour contempleranno 12 repliche per il pubblico studentesco ed altre 4 in teatro e in orario serale. Alcune di queste saranno più che particolari: il 25 gennaio Turelli si esibirà in due repliche mattutine nell’auditorium cittadino di San Barnaba, per un totale di 800 giovani spettatori provenienti dagli istituti scolastici cittadini. Si tratta della quarta volta di questa operazione per la Memoria (2014/2016/2016/2018), promossa dall’assessorato alla scuola del Comune di Brescia, guidato da Roberta Morelli e “celebrata” nel centralissimo auditorium cittadino.

Non solo. Il giorno seguente lo storyteller bresciano si esibirà a Salò, all’auditorium dell’istituto “Battisti”, con altre due repliche e 1000 spettatori/studenti previsti, provenienti da tutti gli istituti d’istruzione salodiani.
Anche in questo caso un accento storico particolare, in un luogo simbolico per le vicende narrate da Turelli (l’ordine di trasferimento da Fossoli ad Auschwitz dei convogli che dall’Emilia vennero inviati in Polonia, partì proprio dalla repubblica sociale).

Un bagno di folla concentrato in venti giorni per un racconto capace di rimanere in cartellone Violet Moon per ben 9 anni e dieci stagioni. Merito anche e soprattutto dalla grande presa sul pubblico di questa storia: quella del giovanissimo Nedo, ebreo fiorentino privato dai diritti civili da bambino e poi della libertà personale appena diciottenne con la deportazione a Fossoli, poi Auschwitz, poi altri 5 campi di sterminio/concentramento, prima della liberazione, per lui avvenuta a Buchenwald, l’11 aprile 1945 ad opera delle truppe americane. In quei sette campi dell’orrore nazifascista, Nedo vedrà cadere, come fiori recisi, tutti i componenti della sua più intima sfera affettiva: il fratello Enzo e il nipote, l’amata madre Nella (sulla “banchina” di arrivo a Birkenau, dopo un ultimo, struggente abbraccio con il figlio), il padre e la nonna, a distanza di poche settimane e gli amici più cari, nel campo di Stutthof, nella regione di Danzica, e in quello di Stoccarda, dove perse l’unico amico che gli era rimasto: Cesare Terracina, fratello di Piero, uno dei sopravvissuti della shoah, più attivi nel tenere viva la memoria di questi terribili accadimenti.

Proprio come Nedo, divenuto dopo la guerra manager e poi scrittore/testimone della shoah, autore del romanzo autobiografico “Il coraggio di Vivere” dal quale Turelli ha tratto il suo racconto. Ma nel lavoro dello storyteller ci sono anche immagini documentaristiche originali, colonne sonore appositamente composte e intensità di passaggi narrativi che hanno costruito la fortuna di questo racconto permettendogli di restare un “evergreen” della Memoria: “Dopo un numero così importante di date, non mi sono ancora abituato a vedere gli occhi rigati dalle lacrime di centinaia di ragazzini ed adulti – confida Turelli -; ogni volta mi colpiscono la presa di questa storia e la grande portata del messaggio che la vita di Nedo fa emergere. È la magia del mio modo di intendere il teatro: come veicolo di messaggi grandi, capaci di trasformare il male più cupo nella speranza e nel desiderio di pace e fratellanza”.

Una consapevolezza che Turelli dice di “non avere mai immaginato all’inizio di questa avventura, ma cresciuta e rafforzatasi poco a poco, teatro dopo teatro, palco dopo palco”. Con un significato che trascende l’arte: “Non faccio questo mestiere soltanto perché mi piace e perché adoro salire su un palco e condurre le persone nelle mie storie, ma lo faccio soprattutto perché sono convinto che questo sia il mio modo per cambiare un po’ il mondo. Lancio messaggi pesanti alle coscienze dei miei spettatori e rendermi conto che oltre 20 mila persone in così pochi anni hanno potuto valutare il messaggio di fratellanza che emerge da questa storia, mi convince sempre di più di come l’arte sia uno strumento devastante per contribuire alla crescita delle comunità”.

Il tour gode dell’appoggio di Phoenix Informatica SRL, grazie al cui contributo ad ognuno degli spettatori verrà consegnata una postcard con il messaggio portante del racconto (“Al mondo esiste un’unica razza: l’umanità”). Subito dopo la conclusione di questo tour, Turelli avrà pochi giorni per cambiare la giacchetta dei suoi racconti: dal 10 febbraio, infatti, sarà in tour con “Madiba, la vera storia di Nelson Mandela” che, nel 2018, coinciderà con la celebrazione del centenario dalla nascita del leader nero. Anche in questo caso l’inizio sarà scoppiettante: prima una scuola media bresciana e poi un nuovo bagno di folla, stavolta lontano dai teatri conosciuti, nella città di Reggio Emilia.
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