La scusa dei casi limite
di Luca Poli

Un lettore ci scrive in merito al recente articolo di Luca Rota dal titolo “Quando la morte dev’essere un diritto”


Gent. Direttore,

del recente articolo di Luca Rota dal titolo “Quando la morte dev’essere un diritto” mi ha veramente stupito il passaggio nel quale, con riferimento al fatto che “ognuno dovrebbe poter decidere della propria esistenza”, l’autore si domanda: “Quale disagio o scompenso creerebbe una decisione del genere?” per poi rispondersi che “l’eutanasia sarebbe una prerogativa dei casi limite (…) e non una consuetudine modaiola” e che “Non si è mica obbligati tutti a farvi ricorso”.

Mi ha veramente stupito, dicevo, perché la risposta a questa domanda, che per il sig. Rota è semplicemente retorica, l’ha praticamente già scritta la storia recente, sia dell’Italia che dell’Europa, e non si può non saperlo.

Con la scusa dei casi limite si è sdoganato il divorzio, e la casistica più frequente del sempre più diffuso accesso a tale diritto acquisito non si può certo annoverare nei “casi limite”.

Con la medesima scusa, anche barando e strumentalizzando in modo vergognoso (si ricordino, in proposito, i “milioni” di presunti aborti clandestini che, secondo Pannella, si consumavano annualmente in Italia ed alla vicenda Icmesa), si è arrivati alla legge 194, e i sei milioni di aborti che da allora si sono praticati, sempre in Italia, non mi si venga a raccontare che sono ancora “casi limite”.

Sempre con la medesima scusa si è finalmente arrivati in Europa, dove la curva della dolce morte si sta impennando (ma va?), al caso di persone che chiedono ed ottengono l’eutanasia perché depresse.

Gent. Luca Rota, come è vero che, collateralmente al proprio personale dramma, lo sfascio della famiglia e i sei milioni di bambini non nati hanno creato qualcosa di più che “disagio” e “scompenso” alla collettività intera, sia a livello sociale che economico (lo sostengono fior di economisti e sociologi, paradossalmente anche di area progressista), è assolutamente realistico ipotizzare che una maggior liberalizzazione dell’eutanasia, di fatto già introdotta anche in Italia dalla recente legge, creerebbe l’ennesimo nuovo costume cui seguirebbero inediti problemi per la generalità dei cittadini, quelli che non sono “obbligati (…) a farvi ricorso” compresi.

E mi sono limitato a qualche considerazione solo basandomi sulla concretezza della storia recente e  tenendomi lontano da una qualsiasi valutazione etica della questione, anche se quest’ultima sarebbe cosa tutt’altro che secondaria, anzi…

Luca Poli - Prevalle
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