Mala Tv
di Luca Rota

Ha ancora senso oggi guardare la televisione? Qual è, o quale dovrebbe essere il suo ruolo?


Informativo e di certo ricreativo, senza sfociare eccessivamente nel trash, come accade quotidianamente. Perché, citando Boll, “vi sono dei limiti oltre i quali l’idiozia dovrebbe essere controllata”. 
Tralasciando per un attimo i sempre noti (ahinoi) talk show, o gli insulsi reality (vip e non), prendiamo come esempio le numerose fiction a tema “mafioso”, fortemente in voga nell’ultimo decennio. Qui è protagonista gente malavitosa (realmente esistita o di finzione), oppure l’attività delinquenziale in generale. La nazione intera le segue con passione e sembra quasi ci si immedesimi in esse, creando degli eroi, per via del messaggio che lanciano. 
 
Certa gente - a mio avviso - non andrebbe mai pubblicizzata, e si dovrebbe invitare il pubblico a non idolatrarla, mentre sembra proprio li si voglia rendere personaggi dell’immaginario comune, quando non lo sono affatto. Non se ne dovrebbe parlare mai più del dovuto (vedi la dipartita di Riina), se non per dire alle nuove generazioni di starne alla larga. Che si tratti di fiction o no. 
 
Dei danni provocati da questa abominevole programmazione televisiva, fui testimone diretto qualche anno addietro. Un mio commento ultranegativo sull’allora neonata fiction riguardante Riina (Il capo dei capi), suscitò le ire di un tizio sedutomi accanto, che iniziò col criticarmi aspramente, sostenendo in modo assai convinto (ed ignorante), che l’ex capo di Cosa Nostra fosse stato un uomo vero, e con gli attributi, cresciuto da orfano e con mille difficoltà. 
 
Nemmeno una parola sulle oltre diecimila vittime che aveva sulla coscienza. Riina era un povero orfanello tiratosi su a stenti e con una grande forza di volontà. Naturalmente queste cose a quel tizio le aveva raccontate proprio la fiction “Il capo dei capi”, e lui era uno dei due milioni di infatuati da quell’aberrante “santificazione” di assassini e malavitosi; un indottrinato dalla televisione, uno dei tanti, dei troppi. 
 
Perché va bene che lo scopo ricreativo debba essere ben soddisfatto, ma qui mi sembra si tenti l’inebetimento sociale attraverso massicce dosi di teleschermo, un po’ come sosteneva Hildebrant quando affermò che “crediamo soltanto a ciò che vediamo, perciò, da quando c'è la televisione, crediamo a tutto”.
 
Oggi è diventata fonte di apprendimento per molti, ma sembra sia cambiato in modo radicale il significato di apprendimento. La televisione moderna non è più quello strumento capace di emanare buoni messaggi, addirittura didattici (negli anni ‘60 Alberto Manzi insegnava a leggere e a scrivere in “Non è mai troppo tardi”). Quando Saviano ha scritto Gomorra, di certo non lo ha fatto per glorificare mafiosi e affini, ma per raccontare e “far vedere” delle realtà, di certo non belle o da idolatrare.  
 
Cosa possiamo aspettarci da palinsesti ospitanti per la maggiore banalissimi reality, teatrini e salottini di bassissima lega (in prima serata), e proposte di film veramente decadenti. Verrebbe quasi da dire: ha ancora senso quest’invenzione? Naturalmente resistono ancora programmi validi, spesso (o da sempre) fruibili in seconda serata, o in notturna. Ma detto tra noi, ha veramente ancora senso oggi guardare questa televisione? 
 
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