Biotestamento, apertura all'eutanasia?
di Elisabetta Pelizzari

Si è tenuto lo scorso giovedì presso il teatro dell'oratorio di Bagolino l'incontro, organizzato dalla Fondazione Beata Lucia Versa Dalumi onlus e dalla parrocchia, dedicato al tema: "Fine vita: i dilemmi della bioetica. Dall'accanimento terapeutico all'eutanasia"


Relatore e conduttore della conferenza il neurochirurgo e bioeticista Massimo Gandolfini, il quale ha esposto con discrezione uno scottante argomento d'attualità, quello del cosiddetto testamento biologico. Il testo di legge n. 2801/2017, "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento", approvato alla Camera e in discussione ora al Senato, sta stimolando nel nostro Paese il dibattito sul fine vita e sta esasperando la separazione tra fronte laico e cattolico.

Lo scorso 7 marzo è, infatti, approdato a Montecitorio il disegno di legge sul testamento biologico, che prevede la possibilità di effettuare una dichiarazione anticipata di trattamento (Dat), documento con il quale una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti terapeutici ai quali desidererebbe essere sottoposta o meno, nel momento in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso.

Il Biotestamento vorrebbe, quindi, regolamentare e vincolare l'azione del medico nella fase finale della vita di un soggetto, quella di maggiore fragilità, quella che dovrebbe prevedere il massimo dell'attenzione e della cura e non certo l'abbandono terapeutico. Il professor Gandolfini ha affrontato con grande delicatezza le tematiche della "buona morte" e della sofferenza, così come il disegno di legge le propone, precisando che esso introduce, nel nostro ordinamento, il concetto di eutanasia.

Il diritto
ha sempre riconosciuto fino ad oggi l'indisponibilità del senso di vita, il quale non può essere validamente venduto, ceduto e alienato: ciò significa che il bene di vita è inviolabile da parte di terzi (il nostro diritto penale punisce severamente l'omicidio con una pena non inferiore ai 21 anni) e anche da colui che lo detiene (sono riconosciuti come reato anche l'omicidio del consenziente, l'istigazione al suicidio e il suicidio assistito).

Eppure il disegno di legge in esame al Parlamento, ad una lettura più approfondita, è assolutamente noncurante dell'indisponibilità del bene di vita, ma è orientato unicamente a favore della morte: per chiedere di essere curati, infatti, non c'è bisogno di un'esplicita disposizione anticipata.

Quindi, indipendentemente dalle volontà di chi le formula e anche a prescindere da successivi ed eventuali ritiri o modifiche, le Dat, orientate, a seconda dei casi, per il prosieguo delle cure o per la loro sospensione, nel momento stesso in cui vengono espresse esprimono un inquietante messaggio sociale: paura della sofferenza, resa alla malattia o all'età, scarsa fiducia nel prossimo e nella sua capacità di prendersi cura dell'altro, sconfitta.

La legge rompe la relazione medico-paziente e non aggiunge nulla alla legislazione vigente, che regolamenta la medicina palliativa e la terapia del dolore, il consenso informato, il rifiuto dell'accanimento terapeutico e la legittimità della rinuncia, da parte del paziente, ad un trattamento sproporzionato.

Ciò che si rischia di introdurre pesantemente è una forma di eutanasia da abbandono, attraverso la possibilità di sospendere l'alimentazione e l'idratazione, che sono da considerarsi normali mezzi di accudimento e non terapie mediche, solo per il fatto che per essere somministrate abbiano bisogno di una sonda inserita dal personale sanitario.

La proposta di legge in discussione al Senato apre scenari impensati, che Paesi come l'Olanda e il Belgio già rendono visibili. Secondo gli ultimi rapporti pubblicati dal governo olandese nel 2016 sono morte 6091 persone, il 10% in più rispetto al 2015 e negli ultimi 10 anni c'è stata una crescita complessiva di casi di eutanasia del 317%; la maggior parte delle persone ha scelto la "buon morte" a causa di tumori, problemi psichici, vedovanza, alcolismo e fallimenti, ma è impressionante il costante aumento di pazienti con diagnosi di demenza che vengono uccisi, spesso senza il proprio consenso.

Eclatante è stato il caso
in cui una donna, affetta da demenza, è stata drogata e poi uccisa nonostante non avesse chiesto l'iniezione letale. Secondo Alex Shadenberg, un attivista olandese che si batte contro l'estensione dell'eutanasia, si tratta di "un chiaro abuso della legge sul fine vita".

"L'eutanasia è un atto incivile per una società che vuole essere civile e democratica", afferma e conclude Gandolfini e "al medico è richiesto di mirare sempre al bene del paziente, perché ogni malato porta con sé il valore di una vita unica ed irripetibile e soffre una paura che condiziona ogni scelta".


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