I falsari copiano i nostri prodotti industriali
È una delle iatture della moderna industria: la falsificazione. Ormai si falsifica tutto. Figuriamoci se con un minimo di impegno non si possono duplicare radiatori o rubinetti, sifoni o caldaie.

È una delle iatture della moderna industria: la falsificazione. Ormai si falsifica tutto. Anche la Ferrari Testarossa: pare che con un trentamila euro la si possa trattare. Figuriamoci se con un minimo di impegno non si possono duplicare radiatori o rubinetti, sifoni o caldaie.

La storia dei falsi nell’industria è un po’ che gira; e quando diciamo industria diciamo di quei prodotti che uno difficilmente si immaginerebbe falsificati: non sono le t-shirt, gli accendini, magari le scarpe. Qui siamo - ed è la nostra storia - alla componentistica termoidraulica: caldaie, sifoni, valvole e e raccordi. E radiatori.

La vicenda l’abbiamo già in parte raccontata nei giorni scorsi. All’Expocomfort, la fiera mondiale di categoria che si è tenuta nei giorni scorsi a Milano, alcune aziende bresciane hanno visto loro produzioni copiate riuscendo a far intervenire immediatamente Carabinieri e Guardia di Finanza. Ma dietro al blitz ci sta una preparazione che vale la pena di raccontare perchè dice di modalità, costi e rischi che le aziende devono sobbarcarsi per difendere i loro interessi e tutelare - come nel nostro caso - la salute dei potenziali clienti.

AIUTO, L’EST CROLLA. Tutto parte 18 mesi fa. Ad alcune imprese - fra le altre alle bresciane Fondital di Vestone e Industrie Pasotti di Prevalle-Sabbio Chiese - arrivano segnali di un crollo di mercato in alcuni Paesi dell’Est. Polonia, Romania, Bulgaria, Russia ed Ucraina non sono Paesi di poco conto. Lassù, nell’ex impero sovietico, c’è tutto da ricostruire. E la gente, come dai noi negli Anni ’50 e ’60 - con i primi soldarelli che riesce a metter da parte si fa il bagno o si sistema la casa e quindi radiatori, rubinetti, tubi, raccordi e caldaie van via come il pane.
Com’è che crollano questi mercati? Sono arrivati i cinesi e vendono prodotti copiati paro-paro dai nostri ad un prezzo del 30-40% in meno. E in sovrappiù gli metton su dei marchi uguali nel disegno e con forti assonanze. Se la Fondital, per dire, vende lassù caloriferi con il suo marchio Nova Florida, i cinesi l’hanno adattato in Nova Elorida. Altro modo che i cinesi hanno adottato per sfruttare il lavoro degli altri è quello, anche più perfido, di marchiare i loro prodotti con il codice NF, che a noi profani dice poco, ma che è una sorta di certificazione internazionale di qualità.

PARTE LA RISPOSTA. Questo il quadro sommario. Le aziende bresciane decidono la risposta. Il braccio operativo è l’Airal, associazione che raggruppa molte delle società europee produttrici di radiatori in alluminio. E da qui - dallo studio del commercialista bresciano Arrigo Bandera, che è il riferimento dell’associazione - parte l’investigazione. Le "istruzioni" su come predisporre un possibile dossier vengono direttamente da Bruxelles, dove quelli dell’Airal sono accompagnati da due personaggi che più diversi non potrebbero essere ma evidentemente accomunati da buon senso e interesse a difendere le imprese bresciane: il primo è Maurizio Zipponi (ex segretario della Fiom, deputato di Rifondazione Comunista) e da Angelo Rampinelli Rota, avvocato con solidi legami internazionali, da sempre di vocazione liberale.
Con le indicazioni di Bruxelles si allestisce la "macchina" investigativa. Si ingaggiano alcuni neolaureati e si assegna loro la missione: andare nelle 5 Nazioni ricordate sopra, setacciare bazar di periferia e grandi magazzini e acquistare radiatori in alluminio documentando tutte le operazioni con ricevute d’acquisto e fotografie.

UN DOSSIER ALTO UNA SPANNA. Il risultato è un dossier alto una spanna, nel quale sono documentate le perversioni possibili: design del prodotto copiato, confezioni e imballaggio malamente scopiazzati, loghi assonanti. Uno per uno, Nazione dopo Nazione, ingrosso dopo ingrosso: nome del negozio, località, giorno e ora, prodotto acquistato, costo, fotografia... Una spanna di perversioni pari a 550 pagine di dossier. Non solo. Portati in Italia, gran parte di questi prodotti hanno dimostrato un contenuto di amianto fuori di testa. Ma dimostrare un falso è facile solo a parole. Meglio: avere soddisfazione per un plagio è cosa complicata già di suo: figuriamoci se si tratta di produttori cinesi che vendono in Russia.

MILANO È UN’ECCEZIONE. In realtà qualcosa si è mosso, ma è quasi un’eccezione. La storia, raccontata nei giorni scorsi, ha visto la presenza in fiera a Milano di alcuni di questi produttori. Qui la trappola è scattata subito grazie alla intuizione di herr Kessler, ex deputato e magistrato trentino oggi Alto commissario contro la contraffazione: sfruttando il codice di autodisciplina della fiera si sono potuti sequestrare in poche ore, fare le analisi di qualità e sicurezza (amianto al 42% nelle guarnizioni dei radiatori), cui è seguita l’iscrizione nel registro degli indagati degli imprenditori cinesi alla Procura della Repubblica di Milano.

DUE STRADE: SICUREZZA E DUMPING. Adesso l’Airal ha due strade da imboccare. La prima è quella che farà valere i rischi per la salute di questi prodotti in sede Ue. È una sorta di misura tampone: le guarnizioni all’amianto potranno essere, da qui in avanti, sostituite.
E poi c’è la seconda direzione di marcia, più lunga e complicata, ma che tenta di andare al cuore del problema: quello dei costi. I bresciani hanno fatto due conti. Un radiatore in alluminio ha due costi fondamentali: l’alluminio (che è una materia prima quotata e quindi con prezzi eguali in tutto il mondo) e l’energia (per gran parte frutto di petrolio e quindi anche questo con prezzi omologhi ai nostri); l’incidenza della manodopera è l’unica vera variabile. Ma incide poco sul prodotto finale.

DALLA CINA ALL’INDIA. E allora, com’è possibile che i cinesi vendano a quei costi? Risposta: solo perchè hanno un incentivo del 13% all’esportazione e solo se vendono in dumping, ovvero con costi inferiori ai costi. Pratica vietatissima, ma utilizzata quando si vuol far fuori un concorrente (per un certo periodo di tempo ci perdo, ma alla fine ho tutto il mercato e a quel punto i prezzi li deciderò io...). L’Europa dice che la procedura anti-dumping scatta se si dimostra che i prezzi all’export sono più bassi di quelli praticati all’interno della Cina (nel caso nostro). Ma in Cina - altro problema - i radiatori in alluminio praticamente non vengono usati: perchè costano e perchè, soprattutto, l’acqua cinese è troppo acida: li corrode. E quindi? E quindi, sempre l’Europa dice: va bene, allora fate un raffronto con un Paese analogo; verificate cioè quanto costa in India (questo il Paese indicato) produrre caloriferi e poi faremo tutte le opportune comparazioni e vi faremo sapere. Ci vorranno due anni buoni. E non è detto che tutto vada in porto.
All’Airal, alla Fondital e alla Pasotti fanno gli scongiuri...

Gianni Bonfadini
da Giornale di Brescia
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