Il sorriso come segno di diverse forme di conoscenza
di Luciano Pace

Pubblichiamo l’introduzione alla serata di presentazione del libro di Giuliano Guerra a cura di Luciano Pace, una perspicace ed originale riflessione sulla gioia come segno del sorriso e imprescindibile dimensione per una buona vita riuscita


Il testo del prof. Guerra
presenta il sorriso da diversi angoli di visuale: psicologico, fisiologico, sociale, cognitivo… La prospettiva da me presentata sarà filosofica.

Gli sguardi filosofici possono essere molti (ontologico, fenomenologico, storico, linguistico, gnoseologico, etico, ecc…): scelgo di occuparmi del sorriso dal punto di vista gnoseologico, cioè come segno di specifiche forme di conoscenza.

Il sorriso, come suggerito anche dal prof. Guerra, può essere segno di molte emozioni: gioia, compassione, sdegno, imbarazzo ecc… Scelgo di concentrami sul sorriso come segno di gioia. La domanda che ci poniamo è dunque questa: che tipo di conoscenze e saperi vengono veicolati dal sorriso come segno di gioia?

Penso che per rispondere sia necessario elencare alcune forme della gioia collegate ad esperienze umane precise. Quattro sono le forme possibili dell’esperienza della gioia:

a.    La gioia dell’accogliere/ricevere. E’ la gioia originaria. La gioia, in origine, è un dono non un atto. O meglio, è risposta attiva a un dono ricevuto inaspettatamente. L’esperienza è quella del sorriso dei genitori che genera il sorriso dell’infante e che viene riattivata inconsciamente ogni volta che riceviamo doni da persone che ci amano. Che cosa sappiamo e impariamo del mondo nel ricevere la gioia di chi ci ama? Sappiamo che siamo amabili e apprezzabili e che qualcuno ci riconosce come degni della sua attenzione. In questo senso se lo sguardo altrui può renderci puri oggetti (Sartre), invece, il sorriso di chi ci ama permette di riconoscere il nostro valore. La gioia mi insegna a sapere la mia amabilità. Diversamente dalla logica astratta degli illuministi (i quali hanno voluto appiccicare il valore della dignità a persone indistinte senza nomi e cognomi) il concreto sorriso di una mamma fa sapere immediatamente a ogni bambino concreto la sua dignità di essere amabile.

b.    La gioia dell’ottenere/raggiungere. Una persona che sa di essere amata, può iniziare a scoprire la sua autonomia. Alla base dell’esercizio dell’autonomia c’è una fiducia di base che permette di esprimere se stessi. Nel cominciare ad agire autonomamente, una persona può scoprire un’altra forma di gioia, più attiva della precedente. E’ la gioia che sperimentiamo quando riusciamo ad realizzare obiettivi che ci siamo prefissati. Le esperienze collegate a questa gioia sono molte. Imparare a camminare, a parlare, a leggere e scrivere, a manipolare, a inventare, a suonare a dipingere, ecc… procura gioia. Una gioia che si trova alla fine di una fatica e di un obiettivo raggiunto. L’aspetto conoscitivo di questo tipo di gioia è il seguente: quando sperimento questa gioia so che sono un essere di valore non solo perché me lo dicono gli altri. La gioia mi insegna a sapere le mie capacità e le mie abilità. E’ la gioia e la felicità di cui si parla nel film “La ricerca della felicità”. Questa gioia è fonte di auto-stima perché fondata sul riconoscimento delle proprie facoltà: l’intelligenza e la volontà. In questo caso la gioia è l’intelligenza che scopre le sua creatività e la volontà che conosce la sua forza e la sua determinazione.

c.    La gioia dell’offrire/dare. Chi sa di essere amato e sa delle sue capacità intellettive e volontarie diventa capace di regalare un po’ di sé agli altri. La gratuità, infatti, è effetto di personalità sicure di se stesse e che non vanno alla ricerca di soddisfazioni vicarie fuori di sé. La gioia del dare è più grande di quella del ricevere, ma non può essere sperimentata senza aver mai ricevuto nulla. Il sorriso lo si dà perché lo si è ricevuto. La gioia mi insegna a sapere che gli altri sono simili a me e meritano l’attenzione che io ho ricevuto da altri. Qui la gioia ha un valore di conoscenza etica: so che l’altro e mio prossimo e con lui va applicata la “regola d’oro”. Molti interpretano questa regola dicendo: “Prima pensa a te stesso e poi agli altri”. Questo modo di interpretare ha il limite di non riconoscere il processo esistenziale attivato dalle prime due forme della gioia. Una migliore, (più realistica) interpretazione è questa: “Allo stesso modo in cui tu sai sei stato amato, tu ami a tua volta il tuo fratello”. Qui il sorriso è segno di un dono che non calcola il suo effetto: un regalo alla vita altrui mosso dalla speranza che possa portare frutto a suo tempo. Come un seme sparso nei campi delle vite di coloro che incontriamo.

d.    La gioia del contemplare. Secondo san Tommaso d’Aquino la gioia più grande si trova nell’atto del contemplare, che non è un atto etico, ma estetico/estatico. Qui l’esempio esperienziale è quello di un genitore che contempla la bellezza di un figlio che ha realizzato la sua autonomia in un ambito buono e sa essere discreto. La contemplazione, infatti, è un saper godere “a distanza”, partecipando senza mettersi in mostra o in primo piano. La gioia qui ci fa sapere la bellezza e la bontà di ogni creatura. E’ lo sguardo trasfigurato di Francesco d’Assisi e di molti altri santi. Qui il sorriso è quello del saggio, come anche il prof. Guerra registra: segno della gioia di chi vede la bellezza e la bontà altrui e ne prende atto. In questo senso, anche la sofferenza e la morte si trasformano in qualcosa di accettabile quando le si contempla con animo discreto. E’, forse, lo sguardo di un Dio che, discretamente, contempla la vita di ciascuna sua preziosa creatura mentre muove tutti gli universi.

In conclusione: queste riflessioni spero possano essere utili per mostrare due aspetti specifici della persona umana.

L’esperienza umana collegata al sorriso come segno di gioia è esperienza complessa, in cui le persone non possono essere interpretate per compartimenti stagni. Nell’esperienza, seppur siano distinguibili concettualmente, non sono scindibili la razionalità dall’emotività, il sentimento dall’intelligenza, la sensibilità dalla conoscenza. La gioia, di cui il sorriso è segnale, è indicatrice di modi precisi di conoscere se stessi, gli altri e la realtà… con ogni nostra facoltà: appetitiva, sensitiva, intellettiva.

L’esperienza umana, in determinate circostanze, può diventare un cammino di uscita da sé e dal proprio egoismo per andare pian piano verso gli altri, restituendo loro quella stessa dignità che a noi è stata assegnata. Il sorriso come segno di gioia, è sacramento di questo esodo dall’egoismo verso l’altruismo.
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