I curiosi nomi degli abitanti valsabbini
di Tatiana Mora

Ecco una plausibile spiegazione, dettata dalla tradizione popolare, delli nomignoli affibbiati agli abitanti dei paesi valsabbini



Possiamo tentare di fare qualche supposizione per cercare di dare una giustificazione a questi nomi, anche se non è cosa semplice in quanto la tradizione orale non sempre è facile da decifrare.
 
A proposito degli abitanti di Agnosine, erano detti müssignì che, in italiano, è possibile tradurre con suscettibili (per essere educati), facilmente irritabili; probabilmente possiamo collegare questo nomignolo al carattere un poco indisponente di coloro che vivevano ad Agnosine.
Ad Anfo c'erano i p é t a s ì cioè i pettegoli; a Bagolino,prendevano (e prendono) il nome derivato da quello del paese stesso (bagôs); a Barghe, i paesani vengono chiamati cása cávre (caccia capre)probabilmente perché si dice che la grande e soleggiata parete
rocciosa che protegge il paese fosse un buon punto dove costruire ripari per pecore e capre. Il nomignolo attributo agli abitanti di Bione (söchèi  ovvero zucche) ha, alle spalle, una storia molto più complessa: si dice che due amici avessero addocchiato una bella pianta di fichi per cui, quando il padrone dormiva, di notte, decisero di andarli a rubare; «aBione c'era l'usanza di far crescere le zucche lungo il tronco degli alberi; i due, saliti sulla pianta, sazi, si dissero: Come sono sazio, ne ho mangiati tanti. E l'altro, in risposta: Io, invece, sto ancora mangiando il primo; allora il compagno gli si avvicinò replicando: Semo, te set dre a mangià öna söca [Scemo, stai mangiando una zucca]».
 
Capovalle è la patria degli avocàcc (avvocati), forse perché erano capaci di essere convincenti e talvolta anche litigiosi; a Casto, gli abitanti venivano soprannominati sénghèn (zingari) in virtù di un'antica leggenda: si racconta, infatti, che «un giorno arrivò a Casto una carovana di zingari che rubarono una gallina da un pollaio e la misero in una padella a lessare. Mentre le zingare facevano il giro del paese per raccogliere l'elemosina, i castesi si ripresero la gallina e al suo posto misero un piccolo ceppo di legno. Tornate verso l'ora di pranzo, le zingare provarono la cottura della gallina con una forchetta, ma quel cibo risultava sempre duro ad ogni loro prova. Dopo un lungo lasso di tempo gli zingari si accorsero dell'inganno e voltatisi verso il paese gridarono ai castesi: Brutti zingari di Casto! O, secondo le varie versioni: Siete peggio degli zingari!. Da allora i castesi furono soprannominati i senghèn de Cast ».

A Idro c'erano i barcarói (barcaroli) dato che, essendo un paese in riva al lago, molti possedevano barche utili alla pesca e agli spostamenti; gli abitanti di Lavenone venivano chiamati scárpitù (o goss) perché bravi nel canto o nell'utilizzo di strumenti musicali.

A Mura troviamo gli striù (stregoni) in quanto in tutta la zona del Savallese e delle Pertiche, come abbiamo visto, la magia era una pratica molto diffusa e inoltre erano noti per essere persone sveglie, furbe, pronte a tutto; nella Conca d'Oro, Odolo aveva i gacc (gatti) dal momento che «i fabbri odolesi di notte, come i gatti, giravano per le strade del paese e i loro richiami fossero simili, con tutti quegli “oooh” prolungati, ai miagolii dei gatti, che solitamente interrompono i sonni notturni". 

Nella vicina Preseglie, gli abitanti erano i salam (salami) forse perché poco furbi e quindi facilmente ingannabili ma anche perché producevano ottimi salami.
 
A Sabbio Chiese vivevano i fúra bàghe (coloro che forano/tagliano le pance), probabilmente persone un po' malavitose e senza troppi scrupoli.
 
Gli abitanti di Vestone ricevevano l'appellativo di trúmbú (tromboni) forse perché, come gli omonimi strumenti musicali, amplificavano le cose (fino a diventare sbruffoni) mentre coloro che vivevano nella sua frazione principale, Nozza, avevano il soprannome di Péléléle, a mio avviso, parola senza un significato ben preciso con cui si alluderebbe alla loquela della gente (magari anche con qualche riferimento al grande mercato che aveva luogo proprio in questo paese!).

Infine gli abitanti di Provaglio Sopra erano detti söpe (che significa zuppe) per il fatto, probabilmente, che fossero stancanti e pesanti da sopportare (oggi si dice di una persona di questo genere “Sei una zuppa!”).

Per quanto riguarda, infine, i nomignoli attribuiti agli abitanti di Provaglio Sotto e Treviso Bresciano, non me la sento di avanzare proposte per giustificarli in quanto non ho trovato convincenti le spiegazioni che ho sentito raccontare dalla gente.

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