Il Traviato
di Ezio Gamberini

Dopo una settimana di ferie, e terminata la prima giornata di lavoro, al rientro, cosa c’è di meglio di una passeggiata lungo le sponde del fiume Chiese, in mezzo ai boschi?


Ne abbiamo proprio bisogno. Ogni rientro è sempre indigesto, ma questa volta in particolar modo; bah, forse la causa principale è da ricercare nel tempo che passa.

Il clima è incantevole e la camminata davvero rilassante.
Siamo sulla via del ritorno, Grazia si avvicina e mi mette un braccio sulla spalla opposta, stringendomi con forza, come facevamo noi bambini maschi alle elementari quando ci abbracciavamo, urlando a squarciagola: “Chi züga a guére?”, poi comincia a sussurrarmi all’orecchio:

“Non vorrei traviarti, ma…”.

Ossignur – penso incuriosito, e non senza una punta di inquietudine - cos’ha in mente questa donna? Propormi di andare ancora in ferie, cambiare la cucina, andare ad abitare in Islanda?”.

…ma – prosegue con aria intrigante – stasera non avresti voglia di fare un bel risotto con il gorgonzola avanzato in frigo da parecchi giorni?”.

“Fiuuu…”
, tiro un sospiro di sollievo.

In effetti, in frigorifero da alcuni giorni c’è una “sleppa” di gorgonzola, puzzolente al punto giusto, che aspetta soltanto di essere “assimilato”, in qualsiasi modo.
E’ uno spettacolo vedere l’amico Luigi che il venerdì, al mercato, taglia a metà l’enorme forma, alta almeno due spanne, e poi ne fa degli spicchi che al loro interno esibiscono una cremosità che induce a dimenticare ogni proposito di dieta, e ti spinge a spalmare quel ben di Dio su una fetta di pane caldo, e gustarlo estasiati.

Il risotto, vuole il risotto!

Vabbè che “no ghè vantadur che se vanta de per lur”, e conosco pure i miei limiti, ma col risotto non si scherza; lei lo sa che non ne sbaglio uno neanche se mi bendassero e mi legassero una mano dietro la schiena.
Insomma, è molto più facile che a Mastro Lindo spuntino delle treccine lunghe fino al culo, piuttosto che io sbagli a fare un risotto!

Tolgo la crosta e lascio la fetta di gorgonzola sull’asse, poi preparo un po’ di brodo (eh, stavolta col dado…), e in una casseruola metto una noce generosissima di burro, qualche cucchiaio di olio, un pezzettino di scalogno e uno spicchio di aglio (tritati a mezzaluna, niente roba elettrica, per carità), e quando si è sciolto tutto, inserisco qualche pezzetto di gorgonzola, che comincia a scomporsi.

Ora aggiungo il riso, che comincio a mantecare piuttosto velocemente per fargli assorbire quel poco condimento che c’è nella casseruola (deve soffrire, all’inizio, ma alla fine il risultato sarà grandioso), poi, pian piano aggiungo il brodo, ma poco, poco alla volta, e via via altri pezzi di gorgonzola, fino a quando la “sleppa” è solo un ricordo, a mezza cottura una manciata di Parmigiano grattugiato e una puntina di sale, seguitando a mantecare energicamente, con rigorosa direzione oraria.

Questo Carnaroli cuoce tra i sedici e i diciotto minuti; al diciassettesimo spengo il fuoco e lo lascio riposare un minuto.

Prima di impiattare, lo guardo; anche stavolta la magia è riuscita: il risotto è morbido e cremoso, a muoverlo sembra di vedere le onde del mare, e il profumo è celestiale.

Buon appetito, moglie mia.

Ce lo gustiamo lentamente, come fosse un anticipo di Paradiso!

E anche questa è andata, alla faccia della dieta, del “Traviato”, che per fortuna stavolta alla fine non muore, e di Giuseppe Verdi.


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