Il ministero della suprema felicità
di Laura

Vent’anni dopo il suo esordio con “Il dio delle piccole cose”, Arundhati Roy è in libreria con “Il ministero della suprema felicità”


La copertina del libro, scelta dall’autrice stessa, è molto significativa e comunicativa: il titolo inserito in una lapide rimanda immediatamente a una delle ambientazioni centrali del romanzo, il cimitero. 

In questo luogo uno dei protagonisti della vicenda, Aftab, trova rifugio e pian piano lo trasforma in una strana pensione dove ogni reietto e dimenticato potrà ricevere un riparo. 
Il luogo simbolo della morte diventa culla di vita e di famiglia per coloro che, pur vivi, sono respinti, dimenticati e abbandonati dalla società.

Ne "Il ministero della suprema felicità" incontriamo personaggi che appaiono quasi surreali costretti a vivere esclusi dalla realtà circostante in una Delhi piena di contraddizioni.

I personaggi chiave di questo romanzo sono tre, ben diversi tra di loro, con un’esistenza destabilizzante.
C’è Aftab che apre il suo tappeto in un cimitero in cui ha deciso di vivere. Una bambina che appare su un marciapiede tra migliaia di rifiuti e una donna che è amata da tre uomini.
 
I protagonisti della storia vivono non solo tra felicità e dolore, tra pensieri silenziosi e parole gridate, ma riescono a trovare la strada della rinascita, della rivincita, con coraggio e incessabile lotta affinché le fragilità non prendano il sopravvento su tutto.
 
"Il ministero della suprema felicità" è anche un romanzo di protesta, contro i soprusi, le ingiustizie, la codardia, che parla di guerre, che racconta di abusi. 
 
E' un libro corposo, che fa compagnia, che istruisce e che fa riflettere. 
 
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