Preseglie o «il fiore della Valle Sabbia»
di Emanuele Busi

Posto di rilievo all’interno dell’ecomuseo valsabbino dovrà avere sicuramente Preseglie, per via delle bellezze paesaggistiche e per la presenza di case alquanto aggraziate che dimostrano un’antica signorilità del borgo


Questo comune, sfruttato a partire dall’epoca romana per via delle miniere di piombo ed argento, fu definito da Bernardino Soldo, in una relazione del 1608, come «il fiore di tutta la Valle Sabbia».

Oltre che dalla natura, il visitatore sarà allietato anche dalla visita alla chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo che, sorgendo nel quartiere Piazza, domina, con la sua imponenza, tutto l’abitato.

L’autorizzazione alla costruzione del progetto fu concessa nel 1750, anno in cui venne posta la prima pietra.

La costruzione terminò nel 1786; architetto fu quasi certamente Domenico Ceresa rifacendosi, almeno parzialmente, ai disegni di Carlo Corbellini.
All’interno, le forme eleganti della parrocchiale sono abbellite ulteriormente dai lavori pittorici dei più valenti artisti che operarono in Valle Sabbia in questo periodo. Fra il 1770 e il 1776, Pietro Scalvini (1718-1792) affresca la volta con l’Assunzione della Beata Vergine, i Dottori della Chiesa, l’Ascensione; inoltre, in sacrestia, realizza la Pentecoste.

La pala d’altare raffigura Maria che sovrasta i santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista, realizzata da Agostino Galeazzi, allievo del Moretto, ad oggi, unica opera firmata da quest’artista che si conosca.

Di scuola morettesca è anche la pala del primo altare di destra raffigurante Sant’Antonio Abate tra i santi Vincenzo e Stefano. La Crocefissione di san Pietro della controfacciata è degli anni Trenta dell’Ottocento, probabile opera di Giuseppe Teosa, pittore di Chiari.

Importante è il gruppo ligneo, custodito nella zona presbiteriale, raffigurante il Compianto per la morte della Vergine, tema poco diffuso nel Bresciano, ben più comune alla Chiesa orientale e, di conseguenza, per Venezia. La statua della Vergine dormiente, posta in un’urna dorata, datata intorno ai primi anni del XVI secolo, proviene dal vicino santuario della Madonna del Visello; l’artefice, sia per il tema tipicamente veneto, sia per la qualità d’intaglio, deve esser ricercato tra quelli operanti all’interno dei territori controllati dalla Serenissima. Intagliatore locale, invece, fu colui che ricevette l’incarico, anni dopo, di realizzare le statue degli Apostoli, «vera gente delle contrade valsabbine» come ebbe a dire Alfredo Bonomi, che completano il corredo alla Dormitio Virginis, resi con forte vivacità espressiva e tratti assai realistici.

L’organo, opera della famiglia Serassi, è del 1845.
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