Pacatezza e volontà di confronto civile
di Ernesto Cadenelli

Guai a sottovalutare quanto accaduto all'hotel Eureka di Carpeneda. Non siamo di fronte ad una bravata isolata di qualche sbandato


L'escalation di un clima pesante, già manifestatosi nel corso dell'assemblea pubblica della scorsa settimana, può portare a pericolose intolleranze.
Per questo è necessario che tutti abbassino i toni, non si esasperino gli animi in una situazione già di per se complessa e di difficile gestione.
Questo vale per i leaders, vale per i rappresentanti delle Istituzioni locali.

Se non si imbocca la strada del confronto e della collaborazione tra livelli istituzionali, non si caverà un ragno dal buco e le tensioni aumenteranno senza possibilità però di risolvere il problema dei profughi.

Nella mia esperienza sindacale, ho avuto a che fare con fasi segnate dalle stragi, dal terrorismo, da vertenze drammatiche per difendere i posti di lavoro. Sono stati i passaggi che hanno attraversato la storia del nostro Paese e dei cittadini lavoratori in carne ed ossa.

La prima ricetta che ho imparato è stata quella che di fronte a questi problemi bisogna parlare chiaro con le persone, discutere e accettare anche le critiche, costruire insieme l'analisi delle situazione e le risposte possibili da dare. Guai ad ingannare le persone con slogan a effetto e che non si realizzano mai!

Il tema dei profughi è uno di quei momenti di cambiamento epocale che ci coinvolgerà per diverso tempo.
Allora l'invito che faccio a tutti è di avere la forza di aprire questa discussione pubblicamente, argomentando e non sbraitando, scavando sulle ragioni delle paure e delle insicurezze per trovare una via di comportamento che sia rassicurante.
E' già stato perso troppo tempo e questa necessità non può essere delegata a pochi volenterosi, che per fortuna esistono.

Io vorrei provare ad offrire alcuni spunti di riflessione, senza la pretesa che siano la verità assoluta.
Un punto di partenza per cominciare un percorso che aiuti tutti. Mi auguro che seguano altri interventi, argomentati anche con differenti valutazioni rispetto alle mie. Il confronto aiuta.

Intanto un dato, si parla di oltre 60 milioni di persone in movimento a livello mondiale. Un fenomeno epocale che riguarda tutti i continenti, anzi Asia e America più dell'Europa.
Io penso che guerre nell'area medio-orientale e in altri luoghi del pianeta, siano la causa prima del fenomeno. Il crollo di Paesi ricchi come Iraq, Libia, che assorbivano manodopera, ha spostato le mete dei profughi. Profughi dalle guerre o immigrati economici, non fa molta differenza nella condizione umana.

A ciò si accompagna poi la grave crisi economica che ormai da un decennio attanaglia i Paesi più ricchi del pianeta, e che crea paure tensione, insicurezza.
La paura più grande è quella di perdere il livello di benessere che a fatica si è acquisito. Da qui, principalmente deriva la chiusura dell'Europa, in particolare dei paesi dell'est e di Trump.

In Italia ad aggravare la situazione c'è il fatto che per la nostra posizione geografica, protesi nel Mediterraneo, siamo l'approdo primo di questa quantità di persone che poi non riescono più a transitare verso il Nord o Est europeo per le chiusure e i muri.
E' evidente che se non si sblocca questo stato di cose l'Italia da sola non può reggere la situazione.

Io dubito però che vi siano risposte facili del tipo chiudiamo i porti, liquidiamo le Ong o portiamoli indietro.
C'è una battaglia che deve fare il Governo Centrale, noi possiamo contribuire a sostenerla e nel frattempo organizzare al meglio l'accoglienza nelle nostre comunità.

Sono circa tremila i profughi assegnati alla Provincia di Brescia.
La nostra provincia a oltre un milione di abitanti e circa 205 comuni tra grandi e piccoli. Se tutti facessero la loro parte la gestione del fenomeno sarebbe possibile pur con qualche criticità.

L'altro elemento di valutazione, più generale, e relativo all'andamento demografico dell'Italia e degli altri Paesi Europei.
E' un dato su cui la riflessione non si sofferma mai. Stiamo diventando sempre più un popoli vecchi, addirittura con un saldo negativo di natalità e questo comporta e comporterà sempre di più problemi nella gestione dello stato sociale e dei servizi alla persona. 

Senza scomodare i richiami continui che Papa Francesco rivolge a tutti, credenti e non, sul valore dell'accoglienza e sulla ricchezza delle differenze, è possibile partire dalle riflessioni sopra riferite per aprirci al confronto?
Questo impegno, proprio perché difficile, deve coinvolgere tutta la società civile e associativa.
Ognuno deve fare uno sforzo per aiutare, in un momento così pieno di tensioni, a discutere nel proprio ambito.

Vale per il Sindacato che può parlare alla platea di lavoratori e pensionati.

Vale per gli industriali della Valle Sabbia che dovrebbero spiegare con chiarezza quanto sia fondamentale oggi e in prospettiva la presenza dei lavoratori stranieri nello loro aziende .

Vale per le parrocchie, portatrici di quei valori di solidarietà e accoglienza insiti nel messaggio evangelico.

Vale per tutto l'associazionismo e il volontariato
che in vari ambiti propugna la solidarietà concreta e spesso disinteressata.

In questo io vedo lo sforzo per tentare di risalire la china, accettando le paure e le preoccupazioni ma operando per cercare di capirle e di superarle.

Il primo valore è la coesione delle nostre comunità
, la capacità di parlarsi e di ascoltarsi.
Il secondo è quello di avere analogo atteggiamento con chi viene da altri luoghi e da situazioni drammatiche a noi spesso sconosciute.

Ho cercato di parlare con alcuni dei ragazzi presenti a Vobarno.

Ho fatto fatica, conosco poco l'inglese e loro non conoscono l'italiano, ho visto però il dolore e la paura nei loro occhi insieme alla voglia di fare, di costruirsi una vita, proprio come i nostri ragazzi.
Diamo anche a loro una opportunità, forniamoli di alcuni strumenti che aiutino l'inserimento. E' un investimento sul futuro.

Isoliamo con gli argomenti quelli che vogliono alzare la tensione
, lasciamo alle forze dell'ordine il compite di garantire la sicurezza.
Finora l'hanno fatto in modo egregio.
 
Ernesto Cadenelli
 
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