La scomparsa dei càlem
di Ezio Gamberini

Non era una gran fatica portare un sacchetto di càlem dal peso di tre chili, per trecento metri, anche perché durante il tragitto c’era un calo “tecnico” di almeno un chilo, che finiva nel mio stomaco...


E la mamma si chiedeva ogni volta come fosse possibile che la signora che abitava davanti al dott. Bianchi, presso la quale mi mandava a comprare i fantastici frutti, la fregasse sul peso, lei, così incapace di pensare male di chiunque.
D’altra parte, com’era possibile che uno scricciolo di sette o otto anni potesse polverizzare un chilo di ciliegie su un percorso di trecento metri?
Sarebbe stato sufficiente ripercorrere a ritroso il tragitto e, come Pollicino, contare i noccioli lasciati per strada…

Essendo il figlio più piccolo, ero spesso “utilizzato” per andare a prendere il gelato alla “Baita”, nelle serate estive passate insieme a guardare la televisione, con le finestre aperte e il sole che non si decideva mai a tramontare.
E qui cominciavano i problemi, perché se ti ordinano di acquistare mezzo chilo di gelato sciolto, da collocare nel contenitore che tu dovevi portarti dietro, qualche dito lo puoi anche immergere e ficcartelo in gola, ma alla svelta, perché noi abitavamo alle “villette” e la più lontana dalla “Baita” dista soltanto cinquanta metri; ma se invece ti chiedevano un mottarello, due limoncini, due cornetti e due paciughi, anche la mamma più comprensiva dell’universo non avrebbe potuto camuffare la scomparsa di un intero gelato.
O se ti mandavano dalla “Mariella” a prendere cinque pizze, anche un genitore con due diottrie si sarebbe accorto, se tu tornavi indietro con quattro…

Allora non eravamo così “connessi” come oggi.

Però io mi sento di confessarlo: se oggi non ci fosse internet, così meraviglioso e potente, al tuo servizio per ogni necessità, io morirei. 
Ma morirei prima senza i miei cari e i miei amici.

E non ho troppa voglia, in questo momento, di disquisire su: “era meglio allora” o “è meglio adesso”.

Non ne ho voglia, adesso, perché sono ancora scosso dalla telefonata che Gloria Trevisan, la giovane che si trovava insieme al suo fidanzato nel palazzo di ventisette piani incendiato a Londra, ha scambiato con i suoi genitori, poco prima di morire:

“Mamma, mi sono resa conto che sto morendo. Grazie per quello che hai fatto per me”, 
e poi l’addio:

“Sto per andare in cielo, vi aiuterò da lì”.

Che figlia meravigliosa! E che genitori straordinari devono essere, ricordati dalla loro figliola negli ultimi istanti della sua vita.

Che sia davvero così, Gloria. 

Sostienili dal cielo, e che i tuoi genitori trovino conforto in quello che sei.
 
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