Onnivoro, vegetariano o vegano?
di Valerio Corradi

“Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla Terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana”, così Albert Einstein. Oggi, a che punto siamo? Qual è il significato degli stili alimentari emergenti?


Negli ultimi anni si sta assistendo a una crescente attenzione nei confronti del cibo e degli stili di vita ad esso collegati.

È in costante crescita il numero di persone che esprimono questa nuova sensibilità adottando pratiche alimentari diverse improntate al vegetarianesimo, al fruttarismo (consumo esclusivo o prevalente di frutti), al veganismo (consumo di alimenti che non siano, direttamente o indirettamente, di origine animale), al crudismo (consumo di alimenti non trattati a livello fisico, chimico biologico e genetico), ecc...

Tali orientamenti sono abbracciati da una percentuale crescente di persone (si stima intorno al 10% della pop. Italiana) e risultano basati su motivazioni diverse, ma spesso intrecciate, che richiamano una pluralità di sfere; da quella morale, politica e spirituale a quella salutistica, ecologica e gustativa.

Il cambiamento nella visione del rapporto tra uomo e ambiente, la consapevolezza dell’impatto dell’uomo sugli ecosistemi. l’estensione gli orientamenti pacifisti e non violenti alle relazioni con tutti gli altri esseri viventi e la necessità di trovare nuovi equilibri che concilino salute e istanze etiche, sembrano aver stimolato l’avvio di una generalizzata riflessione nei confronti degli alimenti e delle modalità del nutrirsi.

Tutto ciò testimonia come l’assunzione del cibo sia espressione di un universo di significati che va oltre la mera soddisfazione di bisogni primari e si caratterizza per una elevata connotazione simbolica. La scelta degli alimenti non è solo funzionale ai processi fisiologici ma oggi è sempre più una pratica connessa a specifici tratti e valori culturali e in alcuni casi espressione di una visione del mondo.

Sotto il profilo culturale, l’adozione di stili alimentari “alternativi” potrebbe essere letta come una manifestazione di superficie di trasformazioni socio-culturali più ampie. Da una parte, essa incarnerebbe una critica nei confronti di un modello economico teso allo sfruttamento della natura e in particolare degli animali e porterebbe in sé la richiesta di rifondare la crescita su nuove basi e su principi autenticamente eco-centrici.

Dall’altra, essa esprimerebbe un desiderio di autonomia e di libertà individuale che porterebbe ad esplorare stili di vita alternativi nel tentativo di rimodellare la propria identità e di trovare nuove “certezze”.

In definitiva, non è possibile prevedere fino a che punto queste pratiche alimentari “alternative” diventeranno di massa, ma è forse lecito attendersi, per i prossimi anni, ulteriori trasformazioni dei significati attribuiti al cibo che renderanno lo scenario ancora più pluralista di quello attuale.
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