Giovani alpinisti alla scoperta del Carso bresciano
di Raffaele Vezzola

Dopo Brescia sotterranea e il monte Pizzoccolo la terza escursione dell'Alpinismo Giovanile del Cai di Vestone si è diretta su quel "monumento naturale” valsabbino che è l'altipiano di Cariadeghe


Area protetta e di valore naturalistico come zona carsica, che ha una frequenza di doline al chilometro quadrato più alta del ben più famoso Carso triestino.

Dopo una settimana di sofferenza per il tempo atmosferico, speriamo clemenza. Il meteo non è così certo: alta variabilità con possibili piovaschi diffusi...Confidando nella nostra buona stella, ci troviamo alle 7:30 sotto un cielo nuvoloso che non promette nulla di buono. Anche se, verso la bassa valle, qualche sprazzo di azzurro promette tregua.

Esaurita la solita Babele di una folla di un centinaio di persone tra ragazzi agitati, accompagnatori preoccupati e genitori un poco apprensivi, stabiliti gli equipaggi delle automobili, la colonna motorizzata, si dirige verso Serle, destinazione il parcheggio del rifugio degli Alpini a Cariadeghe.
Il gruppo Avanzato senza indugio si dirige rapido (c'è in testa Narciso, seguono lungo il gruppo Silvia, Gianni e Lucio) sulla stradina che porta alla Casina del Comune, distanziando di poco i compagni del gruppo Base. Mantenere l'autonomia dei due gruppi, ormai lo abbiamo imparato, è indispensabile.

Poco sotto i prati della malga, ci infiliamo nel Büs del Malgher, uno stupendo "büs del lat" ricavato nella marmitta scavata da un torrente, protetta da un tetto in pietra. Il nicchione era utilizzato dai malgari per mantenere al fresco il latte e i formaggi sfruttando la bassa temperatura garantita dal sottosuolo. Cariadeghe è zona carsica e la presenza di grotte ha permesso a chi produceva prodotti caseari di avere a disposizione ampi frigoriferi naturali dove stivare latte e formaggelle.

Via ora rapidi sulla dorsale che a cavallo tra Cariadeghe e la valle di Caino, ci porta fino sulla vetta dell'Ucia de Caì. Per ora le nuvole sono rimaste scure sulla nostra testa, la promessa di sereno è valida solo per la pianura che si stende in basso mentre le montagne rimangono incappellate, ma per ora, per fortuna, non piove.

Poco più in basso imbocchiamo il bivio per la vicina Corna de Caì e lungo una crestina, con un paio di passi in arrampicata raggiungiamo la stretta cima sulla quale, con vista panoramica sul paese di Caino di concediamo una lauta merenda.

L'aver calmato la fame ha forse coinvolto anche il meteo e i primi raggi di sole ci raggiungono. Via le felpe riprendiamo il cammino e, in discesa raggiungiamo il passo ai piedi del monte Dragongello, per poi proseguire attraverso Val Piana fino a raggiungere il santuario di San Bartolomeo sulla cima di un colle a balcone sulla pianura.

Nodi, corde e sicurezza sono ora il tema previsto, da svolgere attraverso un'attività che vuol portare i ragazzi ad approntare un anello di cordino atto a diventare l'imbraco di emergenza da avere nello zaino ad ogni uscita dell'alpinismo giovanile. Lo scoglio più ostico dell'attività é stato sicuramente la pratica dei nodi, ma con pazienza e per qualcuno con sofferenza, i cordini sono stati preparati dai ragazzi e i nodi: inglese e mezzo barcaiolo con asola e contro asola, sperimentati.

Per allentare la tensione, ci rifugiamo nel "bulldozer" diventato oramai quasi indispensabile. I ragazzi sembravano morti ma le energie che hanno recuperato per il gioco paiono impreviste e la grinta messa in campo è tanta, forse anche troppa. In futuro dovremo stabilire delle regole un poco più stringenti al fine di frenare l'entusiasmo ed evitare possibili contusi. Nel frattempo gli amici del gruppo base ci hanno raggiunti e i più coraggiosi sono stati coinvolti nel gioco fino a che, purtroppo, l'ora del rientro ci costringe a riguadagnare il parcheggio dove le auto ci aspettano.

Escursione interessante, ad anello, che abbraccia l'altipiano, poco faticosa, che doveva servire a non affaticare troppo i ragazzi. La fine della scuola si avvicina e per molti di loro gli esami incombono. Alcune materie sono da recuperare ed è indispensabile serbare tutte le energie per quello che è per ora il "lavoro" dei nostri ragazzi, ciò vale a dire lo studio.

Ma la scuola poi finirà e la prossima uscita, prometto, sarà bella tosta. Ci aspetta la cima del monte Bruffione. Il giro che stiamo mettendo in cantiere sarà impegnativo, abbastanza lungo e con parecchio dislivello e servirà a farci fare ancora un altro passo in avanti, ci metterà tutti in gioco a verificare le nostre motivazioni e capacità alpinistiche.

Un’ultima osservazione, sempre di più prende piede una buona abitudine: gruppi di genitori, dopo aver accompagnato i loro figli alla partenza del giro, si organizzano autonomamente a percorrere i sentieri che i loro ragazzi scarpinano con l'alpinismo giovanile.

La cosa simpatica, è che ci mettono una precauzione a volte eccessiva a non farsi scoprire per non disturbare l'attività dei loro ragazzi e, ci riescono anche. Ma la cosa buona è che i papà e le mamme, in questo modo, non sono relegati al solo mero ruolo di semplici autisti ma a pieno diritto godono, sgravati dalla presenza dei loro figli, dell'andare in montagna facendo con le dovute distanze, la stessa escursione dei ragazzi e questo, secondo me, è una gran bella cosa.

Alla prossima, Raffaele

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Ritrovo al parcheggio della chiesetta degli Alpini i due gruppi di A.G.: avanzato e base si dividono per percorrere un suggestivo itinerario inoltrato in un territorio dove domina il carsismo superficiale, tra le bianche rocce sporgenti qua e là e le estese depressioni del terreno (le doline), il tutto 'tinto' dalle gradazioni di verde della vegetazione.

Il meteo ci ha assistito, mantenendo inizialmente la temperatura tiepida, per poi surriscaldarsi nella seconda metà della giornata.

In breve tempo di progressione viene raggiunta la ''Cascina del Comune'', 'sorvegliata' da un gruppo di mucche brucanti e, in mezz'ora, si raggiunge una postazione di caccia con rispettivo casottino mimetico dove vien fatta una pausa snack.

Si procede nel bosco, punteggiato dalle Peonie con il loro colore fucsia intenso, dove la roccia calcarea si insinua nel nostro cammino, rendendo il percorso più impegnativo per gli appoggi e le nostre caviglie.

Alle ore 11,40 circa, si raggiunge il Monte Ucia, contrassegnato da una targhetta incastonata sulla roccia.

Il gruppo decide di fare sosta presso la piazzola attrezzata vicina, dove vien consumato il vero e proprio pranzo.

Un piccolo gruppo di curiosi avventurieri desidera raggiungere la Corna di Caino, e ritrova una suggestiva postazione tra cielo e nuvole (pare essere sospesi...) e un poco di spiritualità. Qualche artistico scatto fotografico e si riprende la camminata, ora in discesa, raggiungendo una vasta radura con dei tronchi lavorati a lunghe panche, dove i nostri ragazzi non si son fatti certo incoraggiare nel sedersi e riaprire i propri zaini… (che appetito!).

Sollecitandoli siamo poi ripartiti raggiungendo un piccolo 'borghetto' di case, zona Valpiana e in poco tempo raggiunto il Monastero di s. Bartolomeo (h.15,00) dove ci attendevano i ragazzi del gruppo AG avanzato.

Stanchi e felici, abbiamo fatto merenda, seduti sulla superficie soffice erbosa, comodi e spettatori in prima fila della avvincente sfida di ''Bulldozer'' da parte degli instancabili ragazzi.

Marzia
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