Il «Taba» nei ricordi di don Dino
di Don Dino

Si avvicina il 29 aprile, data di presentazione della monografia e di inaugurazione della mostra “diffusa” che per un mese Vestone dedicherà a Giovanni Tabarelli. Intanto ospitiamo i ricordi di don Dino Martinelli


Ho conosciuto il pof. Giovanni Tabarelli nel 1976, quando sono stato inviato a Vestone come Curato.
Nel mese di settembre iniziavo l’insegnamento di Religione alla Scuola Media e vi trovai appunto Giovanni come collega. Lui insegnava Educazione Artistica ed avevamo le stesse classi.

Siamo entrati subito in contatto e in amicizia, forse anche perché provenienti dalla pressoché uguale formazione: io avevo studiato in Seminario e lui presso l’Istituto Artigianelli a Brescia, dove, oltre a una professione di un impiego, ha ricevuto anche una formazione umanistica e religiosa.

La nostra amicizia non si è limitata ad un rapporto di lavoro, ma ci ha coinvolti anche in numerose esperienze con i giovani in Oratorio.
Ha avuto in dono un carattere singolare, di grande intelligenza, ma anche di grande arguzia.
Oltre alla creatività, sapeva sempre stemperare i momenti di tensione o di difficoltà con semplici battute o con consigli idi immediata attuazione.

La sua arguzia lo spingerà a vedere i lati positivi anche in situazioni di tensione o di rancore: pennarello o matita in mano, in breve disegnava la vignetta “caricaturale” che portava l’interessato a sorridere e a rappacificarsi con sé o con gli altri.
E’ così che con i giovani dell’Oratorio di quei tempi si sono potuti realizzare momenti significativi di iniziative culturali, ludiche o di interesse comune.

Come non ricordare i vari “Carnevali” organizzati negli anni ’80, che nel nostro piccolo potevano far invidia a quelli di Viareggio?
Si trattava di realizzare scene su cassoni in bilico dalla lunghezza di 12 metri; e di questi ce n’erano sempre tre o quattro: uno dell’Oratorio, uno per l’asilo di Vestone, un altro per l’asilo di Nozza, uno per l’AVIS… e il coinvolgimento delle persone era sempre assai numeroso.
Si agiva sempre su bozzetti disegnati da Giovanni, che poi ne seguiva la realizzazione.

Ma l’esperienza più significativa
che abbiamo fatto è stato il pellegrinaggio in bicicletta a Roma con 15 giovani dell’Oratorio per donare a Papa Giovanni Paolo II un dipinto della Madonna di Czestochowa, realizzato dallo stesso Giovanni.

Sarà un viaggio memorabile, in quanto minuziosamente preparato, ma comunque all’avventura perché non si era preparato nulla per le varie tappe: dove si arrivava, si cercava il posto per fissare le tende.
Sarà un’esperienza che contribuì a legare sempre di più quei giovani, che si impegneranno poi a molte altre iniziative per l’Oratorio stesso.

Ma la sua formazione interiore, consistente in una religiosità certamente non bigotta, gli ha permesso di esprimere anche un’arte di straordinaria intensità e originalità, in cui l’accentuazione di alcuni colori esprimeva la bellezza della natura o la fatica del lavoro o lo sguardo penetrante dei personaggi, in particolare i volti delle “Madonne”, che sempre l’hanno accompagnato nella sua arte.

In questo campo, posso proprio accennare ai quadri della Via Crucis che ha lasciato in dono alla Chiesa Parrocchiale di Vestone: frutto di una riflessione e meditazione interna, che, quasi al termine della sua carriera, ha meravigliosamente espresso la finezza del suo animo.

Don Dino
 
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