Cura dei pazienti cronici e ruolo dei medici di base
di Valerio Corradi

A seguito di una delibera regionale, nei prossimi mesi cambierà il modello di cura dei pazienti con malattie croniche e il ruolo dei medici di base. Quali le novità?


La delibera regionale X/6164 del 30 gennaio 2017, determinazioni in attuazione dell'art. 9 della legge n. 23/2015, ha introdotto importanti cambiamenti nel modello d’intervento sui malati cronici e nel rapporto tra questi e i medici di base.

Il provvedimento prevede che i pazienti cronici, oltre 3 milioni in Lombardia, siano classificati in gruppi in base alle patologie (62 quelle individuate) e al livello di complessità (3 livelli).

I pazienti con le patologie più gravi e complesse, circa 1,5 milioni in Lombardia, non saranno più curati (ma solo per questi problemi) dal loro medico di base ma posti in carico a strutture pubbliche/private (definite Gestori), riconosciute dall’ATS, che ne stabiliranno le cure. Il Gestore, tramite un medico di riferimento, elaborerà, per ciascun paziente, un Piano di Assistenza Individuale (PAI) e stipulerà con esso un Patto di cura. Per tutte le altre patologie sarà invece mantenuta la funzione curante del medico di base.

Attraverso questo modello d’intervento
si mira a introdurre modalità innovative di presa in carico della persona cronica e fragile; a migliorare l’efficacia delle prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali; e ad assicurare una maggiore integrazione e raccordo tra le diverse competenze professionali sanitarie, sociosanitarie e sociali coinvolte sia in ambito ospedaliero che territoriale. Col nuovo modello s’intende tenere monitorati i costi per l’assistenza e le cure dei malati cronici (in crescita negli ultimi anni) attraverso un maggiore controllo dell’appropriatezza clinica degli interventi.

Tuttavia, secondo l’Unione Medici Italiani (UMI) il modello d’intervento proposto contiene molte criticità che andrebbero meglio chiarite. In un comunicato stampa rilanciato l’11.04.17, UMI (attraverso il Presidente cav. dott. Francesco Falsetti) sostiene “che verrà meno quella elasticità e quella personalizzazione dell’approccio al malato oggi ancora consentita […] con l’attuale sistema il malato è affidato al proprio Medico di Medicina Generale che opera con libertà nel rispetto del rapporto di fiducia con il proprio assistito. […] Si vuole limitare la libertà di cura e di essere curati per contenere la spesa, ma tale risultato si vuole raggiungere con l’obbligo (non scritto, ma nei fatti) di scegliere un gestore cioè una struttura tra quelle proposte dalle ATS”. UMI ritiene inoltre che il modello organizzativo “non è conforme alla normativa nazionale vigente applicata, del resto, in tutte le altre Regioni” e che si potrebbe “avviare una mercificazione della Sanità Lombarda in pieno contrasto con i principi istitutivi del S.S.N.”. UMI ha per questo deciso di ricorrere al TAR contro la delibera regionale.

Il confronto in atto mostra come oggi sia complicato, da un lato, garantire il diritto universale alla salute per le persone più fragili e vulnerabili e dall’altro lato assicurare la sostenibilità economica degli interventi e dell’intero sistema. Rimane poi aperta la questione del riconoscimento, oggi, di un’adeguata collocazione al medico di base che per definizione è il medico di fiducia e di prossimità, che ha i contatti più frequenti col malato e una più approfondita conoscenza della storia personale e famigliare dei pazienti.

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