Il Giudice Albertano, quarto atto
di Redazione

Sarà presentato questo venerdì 17 marzo a Gavardo “Il caso della scala senza fine”, il nuovo romanzo della saga del detective medievale creata da Enrico Giustacchini


Puntuale come le rondini a primavera, ecco in uscita in questi giorni il nuovo romanzo del giornalista e scrittore gavardese Enrico Giustacchini.
S’intitola Il giudice Albertano e il caso della scala senza fine (ed. Liberedizioni, 160 pagine, 15 euro), il quarto romanzo della saga con protagonista il detective medievale Albertano da Brescia.

La presentazione si terrà questo venerdì 17 marzo,
alle 20.30, a Gavardo, nell’Auditorium “Cecilia Zane”. La serata sarà introdotta dal vicesindaco Sergio Bertoloni; il libro sarà presentato da Claudio Baroni, giornalista del Giornale di Brescia che converserà con l’autore. Nel corso della serata l’attore Andrea Giustacchini proporrà alcuni brani del libro, alternati dai canti della Schola Gregoriana Santa Cecilia, diretta da Giuseppe Fusari. Ingresso libero.

Come i precedenti, si tratta di un giallo, ambientato naturalmente all’epoca di Albertano, ossia nel XIII secolo. Stavolta, teatro della vicenda sono le rive del fiume Oglio, e in particolare la cittadella fortificata di Rutiliano (l’odierna Rudiano).

È qui che il giudice viene a conoscenza del sogno che ha turbato il riposo di un’anziana cugina del suo amico Berengario. Un sogno inquietante, che riecheggia in tutto e per tutto la miracolosa apparizione dell’aquila messaggera di Dio riferita da un antico inno, annunciando la presenza in loco di un essere malvagio, dell’“empio fra gli empi”.

L’infallibile fiuto di Albertano lascia pochi dubbi: qualcosa, nella pacifica Rutiliano, sta per accadere. Qualcosa di spaventoso. Anzi, come il giudice confiderà a Berengario, questo si rivelerà “uno degli enigmi più oscuri che io abbia mai avuto occasione di affrontare”.

Ancora una volta, Enrico Giustacchini ci regala un magistrale caso di “delitto in camera chiusa”, secondo le regole auree del giallo classico deduttivo. Ancora una volta, la soluzione sarà assolutamente sorprendente e inattesa.

L’inno che ispira il romanzo è una composizione originale, creata per celebrare la vittoria dei Bresciani nella sanguinosa “Battaglia della Malamorte”, disputata proprio nei pressi di Rudiano. Non è però solo il testo, a scandire le pagine dell’opera, ma pure la musica. La melodia, perduta, è stata ricostruita grazie al contributo di un esperto quale Giuseppe Fusari, che ne ha eseguito anche la trascrizione secondo la notazione adiastematica (precedente al tetragramma) allora in uso, con esiti di straordinaria suggestione.

Il caso della scala senza fine
è tuttavia molto altro, giacché cala l’invenzione fantastica in una cornice storica accuratissima, frutto di pazienti ricerche. Ecco così trapelare, ad esempio, notizie attorno al De arte venandi cum avibus, il celeberrimo trattato di falconeria che in quegli anni l’imperatore Federico II andava compilando; o far capolino le stupefacenti miniature del Beatus, il libro che si riprometteva, raccontando per immagini l’Apocalisse, di rendere visibile l’invisibile.

Non manca, neppure in questo quarto romanzo, il viaggio alla riscoperta del passato dei luoghi dove si dipana la vicenda. La Rudiano duecentesca rivive attraverso i documenti giunti fino a noi, consentendo al lettore di apprendere i segreti della geniale istituzione delle cavethe, con i suoi trentasei cavalieri posti a presidio del grande fiume, baluardo della comunità bresciana contro gli invasori.
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