Nuova regola ed ente gestore
di Giuliano Rizzardi

Giuliano Rizzardi interviene con questa lettera nella discussione in atto che riguarda il lago d'Idro e la sua regola di gestione. Pubblichiamo volentieri


E’ ormai entrato nel vivo delle nostre comunità il dibattito sul nuovo progetto strategico che ha interessato nuovamente il Lago d'Idro o meglio, come è stato definito, progetto di “valorizzazione area vasta Lago d'Idro”. 
Se ne è ampiamente discusso anche nelle recente riunione degli Amici delle Terra cui mi è capitato di portare un contributo di riflessione domenica scorsa. 

Come è noto il nuovo progetto area vasta Lago d'Idro persegue due obiettivi: la sicurezza idraulica e il potenziamento infrastrutturale con vari specifici interventi sulle reti viarie, tra cui figura anche il finanziamento del nuovo ingresso di Idro, in un'ottica di rilancio del sistema turistico e ambientale che avrà il suo epilogo nella realizzazione della pista ciclabile attorno al periplo del lago. 

La copertura dei vari interventi, per una considerevole cifra di circa € 46.000.000, tranne che per quello da ultimo citato per il quale è previsto un mero impegno, è stata trovata sui fondi ODI (Fondi comuni di confine) o meglio sui quei capitoli dei fondi ODI destinati a finanziare progetti strategici di rilevanza regionale od interregionale.

Il nostro è considerato progetto strategico a valenza interregionale, infatti è stato voluto da entrambi gli enti superiori, Provincia di Trento e Regione  Lombardia (promotori), con quest'ultima quale capofila, destinata cioè a vigilare sull'attuazione del progetto nel suo insieme. 

Nella logica dei Fondi Odi possono invero essere compresi, per dare connotazione al carattere strategico, anche opere già finanziate. Questo è il motivo per cui nel progetto si è nuovamente inserito il tema della sicurezza idraulica, quindi delle nuove opere ed in particolare l’attività di coordinamento della gestione della risorsa idrica di interesse comune. 

Venendo al dunque, ciò che giustamente preoccupa, allarma e sconcerta è il previsto ritorno alla regola di escursione di 3,25 mt.
Con un colpo di spugna si sono cancellati anni di battaglie ed in particolare la regola di 1,30 mt. che per quanto dettata da esigenze contingenti ha dimostrato in questi anni di  soddisfare in modo equilibrato i plurimi utilizzi della risorsa idrica, legati cioè agli usi produttivi e ricreativi.

Ed il fatto che il ritorno al passato sia organicamente e sistematicamente inserito con il finanziamento dei suddetti  interventi infrastrutturali, rende comprensibile e ampiamente giustificabile la critica di coloro che vedono in questo nuovo progetto un'inaccettabile logica di scambio, se non addirittura un ricatto vero e proprio. 

Per scongiurarlo, si dice, che gli interventi strutturali sul sistema viario sono slegati da quello della sicurezza idraulica, gli uni sarebbero regolati da un apposita Convenzione sottoscritta dai vari enti locali solo per presa adesione e condivisione, l’altro formerebbe invece l’oggetto di un Accordo di collaborazione sottoscritto solo dai due enti promotori. 

L’argomento mi pare debole.
Contrasta infatti con ogni evidenza logica prima ancora che giuridica.
Il nesso è stato ben colto dal Movimento 5 Stelle Trentino che giustamente ha detto che trattasi di un atto complesso e unitario.
Né potrebbe essere diversamente.

La Convenzione che regola il finanziamento dei vari interventi è la conseguenza di un progetto strategico più generale nel quale il tema della sicurezza non è contemplato come orpello formale ma come elemento essenziale dell’accordo, che ne sostanzia, come detto sopra, la strategicità.
I singoli interventi in altre parole vengono finanziati perché parti inscindibili e tra loro collegate di un progetto comune e d’insieme. E poiché la parte non può essere slegata dal tutto che la comprende, né, da che mondo e mondo, si è mai visto una conseguenza (la Convenzione che disciplina nel dettaglio i singoli interventi) vivere senza una premessa che la fonda (l’Accordo che contempla e gli interventi e l’attività di coordinamento della gestione della risorsa idrica), mi pare un esercizio sofistico assai vano quello di sostenere che sono atti antonomi e separati.

Invero trattasi di atti strettamente connessi ed interdipendenti o, come si suole dire, che stanno e cadono insieme.
Per rendersene conto è sufficiente mettere bene a fuoco che l’Accordo generale approva, tra l’altro, le schede dei singoli interventi, tra cui la scheda che riguarda il nuovo ingresso di Idro.
E per converso la Convenzione, che si ribadisce disciplina nel dettaglio i singoli interventi (costi, termini di avvio delle progettualità, di liquidazione dei contributi ecc.), approva la relazione programmatica nella quale il tema della gestione  della risorsa idrica è espressamente contemplato. 

D’altra parte, il nocciolo vero (politico) della questione non sta tanto nella rassicurazione che la sottoscrizione della Convenzione apposta dai Sindaci non determina comunque acquiescenza (rinuncia tacita) ai ricorsi giurisdizionali presentati avverso le nuove opere.
In disparte al fatto che la questione in materia di acquiescenza, in diritto, è uno della più controverse, in concreto diventa irrilevante e non si pone affatto per la ragione ovvia ed elementare che la cause sono state trattenute in decisione e siamo in attesa a giorni di conoscerne l’esito. 

Indulgere su questo argomento
è un altro modo sottile per eludere la domanda politica di fondo che purtroppo non ha ottenuto alcuna risposta nella citata riunione tenuta dagli Amici della Terra.

Ovverosia, che si fa contro il previsto ritorno alla regola dei 3,25 mt.?
Come territorio, comuni, associazioni e liberi cittadini si intende mettere in campo una strategia difensiva e di contrasto che dovrebbe avere come primo atto dirimente quello di impugnare nelle competenti sedi la gravità di una decisione che ipoteca in modo irreversibile, una volta ultimate le nuove opere, il futuro delle nostre acque. Oppure, come si sente dire, è preferibile non prendere posizione perché, in fin dei conti, l’accordo prevede di ritornare ad un regolamento, quello del 2002, che già c’era e rispetto al quale nulla si può fare. 

La questione diventa dunque di capitale importanza.
Assecondare quest’ultimo ragionamento significa, mi permetto di dire, non avere compreso fino in modo la complessità della vicenda del Lago d’Idro e rassegnarsi, dopo anni di lotte aspre e accese, all’ineluttabilità di quanto ora sancito nel nuovo accordo. 
E’ appena il caso di rammentare che il regolamento del 2002, che non venne peraltro mai approvato dal Comune di Idro, contiene una regola provvisoria, che lascia quindi del tutto impregiudicata la questione della futura regola di gestione. 

Il presidente Bordiga Gianluca auspicava nel suo intervento il superamento di condotte divisive. 
Non si può che essere d’accordo con lui, purché ciò avvenga nella chiarezza e nel reciproco riconoscimento  ella verità dei fatti per come sono accaduti, recenti e meno recenti. 

Serve un urgente presa di posizione verso questa nuova decisione, riprendendo il tema dell’ente gestore e del rinnovo delle concessioni irrigue  scadute dal 1987. Fatto unico e paradossale perché gli agricoltori utilizzano l’acqua in regime di prorogatio sulla base di fabbisogni censiti negli anni trenta del secolo scorso!
D’altra parte, lettera morta è rimasto in questi anni l’accordo quadro tra Regione Lombardia e Provincia di Trento del 2006 che conteneva tutti i criteri e le indicazioni operative per pervenire alla corretta definizione del cosiddetto bilancio idrico del bacino idrografico del Lago d’Idro e del Fiume Chiese. 

Serve inoltre uscire da una lettura ancora troppa faziosa e distorta dell’accordo del 2008.
Quell’atto fu coraggiosamente assunto dai Sindaci di allora ben consci dell’impopolarità che quella scelta avrebbe comportato, l’unico modo però per imporre alla Regione precise garanzie su come le opere avrebbero dovuto essere costruite e sugli scopi di sicurezza del loro utilizzo.

E’ inaccettabile lo sdoppiamento di personalità cui è stato sottoposto l’accordo 2008.
Dileggiato nelle piazze e lodato nelle cause per dimostrare che la savanella, il famoso canaletto sotto la quota dell’incile naturale, è un elemento con esso contrastante ed incompatibile. 

Concludo rammentando che occorre guardare alla storia del lago nella complessità dell’evoluzione che ha avuto e negli obiettivi miglioramenti che si sono gradualmente raggiunti in questi anni, che vanno strenuamente difesi. 
E l’accordo del 2008 può ancora costituire un baluardo di difesa delle nostre ragioni perché lì, e non altrove, sono contenute tutte le garanzie che ci occorrono per fare valere i nostri diritti.

Idro, lì 07 marzo 2017 
Giuliano Rizzardi 
 
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