Montedoro, alla ricerca della propria identità
di Fabio Borghese

Questo mercoledì 11 gennaio, alle 20.30, al Cinema di Vestone, l’incontro con il regista lucano Antonello Faretta, che presenterà il suo primo lungometraggio


Proseguono gli incontri con registi
del panorama nazionale al Cinema Auditorium di Vestone.
Questo mercoledì 11 gennaio, alle 20.30, sarà ospite il regista lucano Antonello Faretta, autore del film “Montedoro”, il suo primo lungometraggio.
Dopo la proiezione del film ci sarà l’incontro con il pubblico.

Antonello Faretta è nato nel 1973 a Potenza. Tra le sue opere Lei lo Sa, Da Dove Vengono le Storie?, Il Vento, la Terra, il Grasso sulle Mani, Nine Poems in Basilicata, Transiti e Il Giardino della Speranza, presentate in numerosi festival internazionali del cinema, gallerie e musei d’arte contemporanea del mondo tra cui Centre Pompidou, Museo di Arte Contemporanea Barcelona, Cannes Film Festival, Galerie du Jour Agnes B., Rotterdam Film Festival, Hot Docs Toronto e Pen World Voices Festival New York. Montedoro è il suo primo lungometraggio.

La trama
Pia Marie è una donna newyorchese che giunge in Basilicata alla ricerca delle proprie origini. Adottata negli Stati Uniti fin da bambina, il destino la porta a Montedoro in cerca della madre. Dalla frenetica realtà della Grande Mela sarà calata tra i fantasmi, reali e immaginari, di un passato rurale denso di tradizione e superstizione.

L'intensità di un ritorno alle proprie origini, come ricerca dell'identità e dell'io, è un tassello che va ad aggiungersi al mosaico lucano della filmografia di Antonello Faretta, un mosaico di per sé già colorato e variegato. Montedoro è Craco, paese fantasma della provincia di Matera che da più di cinquant'anni è stato evacuato a seguito di una tremenda frana. Ma Craco esiste e resiste, donando un senso di maestosità e mistero alla cresta della montagna su cui sorge. Faretta utilizza la vera storia di Craco unendola alla "vera" storia di Pia Marie, che incarna sé stessa; «Montedoro» riguarda quindi il racconto di qualcosa che non c'è più, ma che al suo interno ancora vive. Un posto «fantastico e magico, dove sembra che il mondo non sia mai passato», che Pia Marie tenta di "catturare" con la macchina fotografica, ma l'anima di Craco è inafferrabile, proprio come è fuggente e indefinibile l'anima del film di Faretta, che si destreggia tra splendide inquadrature e giochi di luce, tra passaggi quasi documentaristici e sequenze di pura visionarietà onirica, complice anche l'apparato musicale di una colonna sonora tanto minimale quanto straniante ed efficace. Il regista ci racconta la storia di Pia Marie, dopo averla incontrata a Craco. «Mi sono convinto che dovevo restare là a spiare tra le crepe del paese e di questa donna» è quanto afferma Faretta riguardo alla genesi del film: e in quelle crepe riesce a trascinare anche lo spettatore, facendo rivivere e pulsare il cuore del paese fantasma, realizzando di Craco un ritratto definitivo e autoriale.

Il film di Faretta ha ricevuto due menzioni speciale della giuria al Lake Como Film Festival 2016 e al Gallio Film Festival 2016.
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