L'isola degli dei
di Vittoria Pasini

Il popolo balinese è solare, calmo e curioso. Estremamente curioso. Non c’è quindi motivo di aver timore se il taxista vi chiederà da dove venite, quanti anni avete, se siete fidanzati e perché non siete ancora sposati


E’ il loro modo di fare amicizia e di capire che tipo di persona è arrivata per visitare il loro paese.
Sono estremamente orgogliosi e grati per il fatto che molta gente lasci la propria casa, anche per lunghi periodi, per venire a visitare la loro isola, l’Isola degli Dei.

I balinesi, infatti, hanno un hinduismo particolare ed autoctono
, che si differenzia dalla religione tradizionale.
Ogni angolo del paese è abitato da moltissime divinità, rappresentanti sia il bene che il male; per questo, la tipica giornata di una donna balinese è scandita da molteplici momenti di preghiera: di fronte ai templietti familiari lasciano piccoli cesti di foglie di banano (“Canang Sari”) colmi di fiori, incenso e cibo, per ingraziarsi gli dei; oppure camminano in processione per chilometri, portando sulla testa enormi composizioni di frutta fresca (“Gebogan”), per arrivare infine al tempio.

Difficile scegliere in quale fra questi andare, perché Bali vanta un numero di 20.000 templi.
Per questo popolo i più importanti, però, sono circa sei ed è facile capire il perchè: essi sono imponenti e preziosi, costruiti nei luoghi sì più sensazionali dell’isola ma anche i più pericolosi, in modo che gli dei possano proteggere la popolazione.

C’è Tanah Lot, che si erge su un isolotto roccioso sulla costa oceanica; Uluwatu che, fiero della sua altezza, controlla le onde minacciose dovute alle piogge; Pura Luhur Butukau e Pura Besakih sono situati ai piedi dei vulcani più alti di Bali, immersi completamente nella rigogliosa foresta abitata dalla fauna esotica; e infine c’è Pura Ulun Datu Braman che, completamente circondato dalle acque del lago Bratan, è pari in bellezza ai suoi templi fratelli. 

Ogni cosa sull’isola è nata in funzione della religione Hindu, ma l’arrivo degli occidentali ha cambiato leggermente le carte in tavola: prima del turismo l’arte e l’artigianato venivano praticati per abbellire palazzi e templi mentre ora le città sono costellate da gallerie d’arte e botteghe artigiane pronte a vendere i loro prodotti.

Essi sono ugualmente pezzi di notevole valore
: i dipinti, nonostante una leggera influenza occidentale raffigurano, nel loro coloratissimo caos, scene di vita balinese, spesso ancora con l’uso di prodotti naturali, mentre le statue intagliate nel legno e scolpite nella pietra ci ricordano con malinconia il fiorente periodo arcaico in Grecia.

Fanno parte del patrimonio balinese anche la danza, il teatro e la musica che, in realtà, si fondono l’ uno con l’altro quasi a costituire un’opera d’arte totale: l’orchestra, composta da gong, flauti e vari strumenti a percussione, accompagna i ballerini vestiti con i preziosi e complessi abiti tradizionali in una danza che oscilla fra i poli opposti del grottesco e del leggiadro.
E’ sensazionale il modo in cui essi esprimono i loro sentimenti solo con l’uso degli occhi, quasi stessero recitando in uno spettacolo teatrale muto. 
Insomma, Bali racchiude in sé spiritualità, arte e tanto, tanto divertimento.

L’ondata di turismo europeo
che ha invaso quest’isola felice negli ultimi anni è sicuramente aumentata dopo l’uscita del film “Mangia, Prega, Ama”, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico in cui la scrittrice parte per un lungo viaggio alla ricerca di se stessa, raggiungendo questa difficile meta proprio a Bali.

Non so quante persone riescano ad avere, come lei, un lieto fine, ma sicuramente ho capito che un viaggio in Asia, non solo sull’isola degli dei, può aiutare ad avere le risposte tanto agognate.

Ma, in fondo, la vera ricerca sta solo nella tua forza di volontà perché “se sei abbastanza coraggiosa da lasciarti indietro tutto ciò che ti è familiare e confortevole e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna, se sei veramente intenzionata a considerare tutto ciò che ti capita come un indizio, se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti, e se sei preparata soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa”. 
 
 
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