Carnevale, tradizione da tramandare
di Cesare Fumana

Per ridare nuovo slancio alla tradizione dei “Mascär”, a Bagolino scendono in campo l’oratorio, la Pro loco e il comitato Voci del Carnevale con un corso di dialetto bagosso per incentivare soprattutto i più giovani a riscoprire il loro Carnevale, già entrato nel vivo nei giorni di lunedì e giovedì con le esibizioni dei Sonadùr nei locali del paese


A Bagolino il Carnevale è una cosa seria! Non si tratta di una semplice festa in maschera, ma di una così ricca tradizione che è un importante patrimonio culturale dell’intera comunità. Basta sentire un bagosso raccontare del proprio Carnevale per capire quanto amore, quanta passione, quanto orgoglio si prova per questa manifestazione che nel borgo montano valsabbino ha mantenuto quasi intatto una tradizione che affonda le radice nei secoli passati. Non a caso, c’è un detto bagosso che recita: “Le sante feste di Pasqua e Natale, e le santissime di Carnevale”, per dire dell’importanza dell’evento.

Le polemiche seguite ai fatti dello scorso anno, a partire soprattutto dai problemi legati all’abuso di alcool da parte dei tanti giovani e giovanissimi venuti da fuori paese che in quei giorni si trovavano a Bagolino, ha dato vita a alcune iniziative per riscoprire la vera natura del Carnevale secondo la tradizione locale.

Fra queste ce n’è una curiosa che vede uniti l’oratorio, la Pro loco e il comitato Voci del Carnevale per ridare nuovo slancio alla parte più “popolare” del Carnevale di Bagolino: i “Mascär”.

Quando si parla del Carnevale di Bagolino, si pensa subito ai Balarì. Ma questi entrano in scena solo negli ultimi due giorni della festa, il lunedì e il martedì di Carnevale.
Ma il Carnevale di Bagolino comincia subito dopo l’Epifania, con i “Mascär” che entrano in scena nei giorni di lunedì e giovedì. Già adesso, in questi giorni, soprattutto i bambini e i ragazzi, girano per il paese mascherati.

Sempre in questi due giorni della settimana anche il gruppo dei Sonadùr, i suonatori, si ritrovano nei locali del paese per eseguire le musiche del Carnevale. Quest’anno, visto che il Carnevale arriva molto presto, il gruppo si è diviso in due per riuscire ad esibirsi in tutte le osterie del paese, ognuno facendo tappa in due locali per sera.

Come dicevamo, per ridare nuovo slancio alla tradizione dei “Mascär”, l’oratorio, la Pro loco e Voci del Carnevale hanno dato vita a un corso di dialetto bagosso per aspiranti “Mascär”.
Due gli incontri in programma presso l’oratorio: questo giovedì 21 gennaio, alle 16, per i bambini, e martedì 26 alle 20.30 per gli adulti.
Sarà l’occasione per spiegare le battute e gli scherzi di carnevale, per invogliare soprattutto i ragazzi a partecipare alla festa.
Il 4 febbraio, poi, ci sarà una festa di Carnevale in oratorio: “I Mascär de ’nä òltä”, alla riscoperta dei mestieri dei nostri nonni. Verranno premiati i gruppi più caratteristici per originalità, dialettica, irriconoscibilità. Inoltre ogni gruppo dovrà avere un nome tipico, ovviamente tutto in bagosso.

Poi lunedì 8 e martedì 9 febbraio
entreranno in scena anche i Balarì e i Sonadur per la parte più coreografica del Carnevale.

Ma chi sono i  Mascär? Sono la “Veciä” e il “Ceviöl”, la vecchia e il vecchio, che con costumi semplici e maschere grottesche e paurose, parlano in falsetto per non farsi conoscere, procedono con passi strascicati con i loro “sgàlbär” ai piedi, portando attrezzi una volta in uso nella vita quotidiana e nel lavoro; sono uomini e donne che di solito si muovono canzonando le persone che prendono di mira con scherzi e battute. Una figura dispettosa che cerca di farsi accettare bonariamente o di far arrabbiare ma soprattutto cerca il dialogo, stimolando con allusione, riferimento e illazione.

Alle volte può capitare di subire la “palpata”, di cui spesso si parla, che è augurio di fertilità come avveniva tra i commilitoni dell’esercito romano e ci porta quindi all’origine dei Màscär che è legata ai Saturanali, un’antica festa pagana nella quale i Romani rendevano onore a Saturno per favorire i raccolti della stagione estiva in arrivo.

Si possono vedere tutti i lunedì e giovedì dopo l’Epifania, nel ricordo dell’“andare a seste”, dove lo scopo esplicito era il corteggiamento.
Cinquant’anni fa era d’uso che la concimazione dei prati (ottobre-novembre), eseguita interamente a mano, fosse lavoro esclusivamente riservato alle ragazze che, a giornata, prestavano la loro opera portando le ceste con il letame sulla testa, appoggiate sul “Bastarel”. Il lavoro non durava generalmente più di due giorni e la sera del primo giorno, quando le “Laorete” si fermavano a dormire presso i datori di lavoro, i mascher andavano a trovarle.

Le ragazze stesse con canti a rima durante il lavoro richiamavano i corteggiatori, indicando loro dove stavano lavorando: sarebbe stato un affronto se nessuno si presentasse a corteggiarle. Naturalmente in questo clima avevano enorme importanza gli scherzi che a volte si dimostravano pesanti, specialmente se i padroni non accettavano volentieri la visita.
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