Matteo Faberi risponde
di Giuseppe Maiolo

L’ultimo appuntamento del ciclo di incontri GENITORI IN FORMAzione si tiene questo giovedì 10 dicembre alle 20,30 nella sala consiliare di Villanuova s/C.  Relatore il dott. Matteo Faberi, psicologo dell’infanzia che vive e opera a Salò


Il tema dell’educazione, filo conduttore di tutti gli interventi del ciclo, punterà in quest’ultimo incontro a promuovere riflessioni sulla modalità dell’educare.
Perché è quanto mai importante conoscere quali sono gli atteggiamenti educativi più adeguati alla nostra epoca e quelli più efficaci al processo di sviluppo di un bambino che deve diventare un adulto autonomo e sicuro.
A questo proposito gli abbiamo posto alcune domande perché ci anticipi il suo pensiero e soprattutto il valore del saper coniugare dolcezza affettiva e fermezza.

Dottor Faberi, quanto è cambiato il modo di educare i figli e cosa in particolare è mutato?

Negli ultimi decenni si è assistito ad un grande mutamento del modo di educare, dovuto principalmente a due fattori.
Il primo è  la scomparsa delle famiglie allargate e numerose che non permette più alle giovani donne di fare esperienze riguardo l'educazione, partecipando alla crescita di fratelli, cugini ed amici.
Per questo motivo è oggi frequente che una giovane diventi mamma senza aver prima preso in braccio, gestito, curato altri neonati e bambini. Pochissime persone purtroppo affiancano i neo-genitori nel loro delicato compito.

Il secondo fattore riguarda la reazione all'autoritarismo con cui sono stati educati molti genitori che oggi credono di poter crescere i figli senza regole, ma soltanto con coccole e gratificazioni.
E' comune la credenza che il senso morale, le regole, la convivenza civile siano innate nei bambini e non debbano essere insegnate.

Bernard Bueb, nella sua opera "Elogio della disciplina", fa un'interessante analisi del processo che ha portato all'odierna modalità di educare. L'autore arriva a dire, scuotendo chi si prende cura dei bambini, che forse "Abbiamo disimparato l'arte di educare".
Sono sempre più preziose le persone che ricordano ai genitori che, come afferma Brazelton, "fra tutto ciò che  un genitore dona al proprio figlio, la disciplina è seconda per importanza solo all'amore.

Forse ciò che è venuto meno è il semplice "buon senso", che troppo spesso è sopraffatto da ideologie e teorie lontane dalla pratica educativa.
A ciò si aggiunge la paura di praticare un giusto rapporto tra trattenere e lasciare andare. Oggi la famiglia italiana è più propensa a trattenere che a lasciar andare.

Educare è un compito solo della famiglia?

No. Educare è compito innanzitutto della famiglia, ma anche di tutte quelle istituzioni alle quali i genitori oggi affidano per sempre più tempo i bambini: nidi e scuole d'infanzia in modo del tutto particolare poiché si occupano di bambini che hanno un'età preziosa, la più importante per l'educazione; ma anche scuole primarie, secondarie, oratori, parrocchie, gruppi educativi come gli scout.
Ognuno a cui viene affidato un bambino o un ragazzo non può esimersi dal compito di educare, guidare, prendersi cura del tesoro con cui è chiamato a rapportarsi, ogni giovane vita.
 
Cosa vuol dire educare con  dolce fermezza?

La dolce fermezza è un prezioso atteggiamento educativo
che può essere paragonato alla costruzione di argini: gli argini che guidano l'acqua del fiume/bambino a superare ogni ostacolo e correre verso il mare dell'essere uomo, membro essenziale dell'umanità.

Questo atteggiamento è un ingrediente prezioso per mirare alla completa autonomia di ogni educando, guardando fin dal suo primo giorno di vita alla sua adultità, al suo essere membro partecipe e protagonista nella società.

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