«Gh'ira semper de dì vargot»
di Tatiana Mora

25 novembre, giornata di riflessione e di impegno a un mese da Natale; è il giorno contro la violenza sulle donne, certamente, ma anche un'ottima occasione per osservare meglio il rapporto uomo/donna, spesso buono, spesso malato, spesso da studiare e ri-costruire.


Per questo, in questo secondo post, vi propongo una parte relativa proprio al rapporto moglie/marito al tempo dei nostri nonni con l'augurio che, anni di progresso, storia, cronaca ed esperienza, abbiano migliorato la situazione in molte delle nostre case valsabbine.

Un aspetto davvero interessante da osservare [...] è l'evoluzione del rapporto uomo-donna dopo il matrimonio; se prima delle nozze, infatti, le occasioni per una donna di stare sola con un uomo che non fosse suo padre, erano pari a zero, e quindi non poteva sapere cosa volesse dire avere un rapporto con il sesso opposto (se non osservando quello tra i genitori), da sposata imparava a stare in una posizione subordinata rispetto a quella del marito.

Non era certamente un matrimonio basato sul dialogo ma l'ultima parola spettava sempre all'uomo di casa e alla moglie, per abitudine, non andava poi così male!

P.B. racconta: "Ades gh'è tanti separamenti, me col me marito per carità, gh'ira semper de dì vargot...ma nom...qualcosa bisogna soffrire.
Non voglio dire di soffrire tutto ma non bisogna aprire sempre la bocca, anch'è i gh'a semper en pò el fumo nella testa ste fomle...quand te se spuset, bisogna sottomettersi un pò al marito, fare un pò un sacrificio.
Le decisioni, il comando lo aveva il marito. La vita era così!".

M.Z. conferma:"Le donne alura non erano indipendenti come ades, si lavorava e si faceva silenzio. Gh'ira de caminà a laurà e basta!".
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