Ragion di Stato
di EnneEmme

La strada per riportare la politica alla funzione per cui è stata concepita è ancora lunga e piena di buche, fra utopie di "democrazia diretta" e l'illusione degli uomini soli al comando... Urgono scuole di cultura politica



Per quanto possano proclamare i grillini, tenaci propugnatori della democrazia diretta e di un “nuovo” sistema di selezione della classe dirigente, in tutta Europa sono ancora i partiti gli unici luoghi dove si compete per la gestione politica.

Seppure in costante trasformazione, sono tuttora gli attori fondamentali delle democrazie rappresentative.
Il politologo Sartori li indica come “qualsiasi gruppo di persone che si presenti alle elezioni e concorra attraverso candidati alle cariche pubbliche”.

Peccato che tutti siano stati monopolizzati da uomini soli al comando, o meglio da una federazione di uomini soli.
Una mutazione genetica cominciata con l’introduzione del cognome del leader all’interno del simbolo.
Pratica del tutto inutile: l’Italia non è una repubblica presidenziale, e inoltre spetta al Presidente della Repubblica nominare quello del Consiglio (ascoltando i pareri di Camera e Senato).

Insomma una mossa (fallita) escogitata per rafforzare il legame diretto con l’elettore
.
Pura illusione, perché ai leader ci si disaffeziona molto presto e, soprattutto nella complessità della politica odierna, un’organizzazione non può essere retta da una persona sola al comando. Così con la perdita dell’ideologia su cui basare la propria azione politica, la leadership e le issues hanno assunto sempre più peso. 

Se in passato nei partiti nascevano i futuri dirigenti, oggi appaiono come scatole vuote in cui il processo di selezione avviene per scelta del capo o con le primarie.
Strumento che, arrivato in Italia tardi e messo in soffitta presto, raramente ha permesso di selezionare il migliore (Caso Marino ultimo esempio).

Oggi la tendenza è l’uomo-forte, il tecnocrate: magistrato, prefetto o manager che sia.
In Cina c’è Wang Qishan detto il “signor Wolf”, dal film di Quentin Tarantino “Pulp Fiction”.
Se c’è un problema da risolvere Pechino chiama Wang, e Wang lo risolve. In Italia ci sono Cantone e Sala.

Così accade che a Milano e Roma i partiti non sappiano più chi candidare, che coniglio estrarre dal cilindro, perché non dispongono di politici affermati a livello locale.
E ripartirà la ricerca frenetica del candidato pescato dalla “società civile”, del non politico o dell’anti-politico. L’ennesimo stratagemma per mascherare deficit democratici, oltre che scarsità di quadri credibili al proprio interno.

Perché non tornare invece a investire sul territorio, partendo dai giovani? Non vale solo per i partiti, anche i comuni sono chiamati in causa.
Urgono scuole di cultura politica, percorsi formativi caratterizzati da lezioni tenute da docenti di prestigio, seguite da discussioni e lavori di gruppo. Corsi di qualità che pongano al centro del dibattito le questioni più attuali: democrazia, sviluppo, migrazioni, equità, civismo.

Forniamo ai giovani gli strumenti per potersi avvicinare e competere in un mondo, quello della politica, con cui pensano di non aver nulla a che fare. Solo allora potremo rimproverarli di menefreghismo.

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