La peste a Treviso Bresciano - quarta parte
Un male oscuro che periodicamente falcidiava intere comunità. Questa era la peste. Così era anche a Treviso Bresciano, dove alcune tristi vicissitudini sono state narrate da don Sandro Gorni.
Un racconto che abbiamo diviso in quattro puntate.


Attraversare la Valle dei Morti a Treviso Bresciano equivale ad esplorare il fondovalle a tratti paludoso sul quale si affaccia il paese, guardando verso i monti che lo separano da Provaglio. Con la consapevolezza del buio, della paura, del disgusto misto a terrore che deve aver sopraffatto le semplici anime montanare che hanno visto più volte falcidiati dalla peste i propri cari gli amici e conoscenti, in un crescendo che ha ridotto più volte l’abitato a poche famiglie sopravvissute. Sono trascorsi i secoli, il tempo ha creato in sé altre selezioni e scelte rispetto all’andamento demografico del paese. Resta testimoniato nel libro di Don Sandro Gorni quello che fu la peste nelle due ondate più poderose che il tempo ricordi: nel 1577-8 e quella di manzoniana memoria del 1630.
(quarta parte di quattro – le altre sono state pubblicate nei giorni 15/11/07, 22/11/07 e 29/11/07)


------- la santella dei morti
Difficile sapere quanti morti ci furono a Treviso Bresciano, sembra abbastanza credibile la fonte che riporta che nella tomba finirono circa 1000 corpi e che si contassero sopravvissute circa 300 anime. Una strage considerato che anche i sopravvissuti avranno portato con sé per il resto della loro vita conseguenze fisiche e psicologiche che si saranno riversate ancora per parecchi anni nel tessuto culturale del paesello.
Ecco come continua il racconto di Don Sandro per spiegare la santella dei morti
“Il paese in quei terribili frangenti si sarà certamente rivolto alla preghiera, alla invocazione della Madonna delle Pertiche e dei Santi; e spesso nei momenti di maggior pericolo il popolo, il clero e le autorità civili si trovavano insieme per fare un voto pubblico a Dio. A questo voto pubblico si deve sicuramente la processione che si snodava dalla parrocchiale di S. Martino nell’ultima domenica di Luglio, e si portava mestamente, recitando il Rosario, i salmi del “Miserere” e del De profundis” e invocando con mesti canti la salvezza eterna dei sepolti nella Valle dei Morti: la processione terminava sempre sul prato “faègol”, con la solenne predica sulla morte, sulla salvezza dell’anima, sui misteri dei novissimi.

La devozione del popolo è sempre stata forte ed integra; per questo Don Giovanni Ragni, arciprete dal 1919 al 1929, volle edificare una santella in località Faègol: la Santella dei Morti. Venne dedicata alla Madonna del Carmelo, ivi rappresentata nell’atto di salvare le anime immerse nei torrenti del Purgatorio.
Si era nell’anno 1922 e nell’ultima domenica di luglio avvenne l’inaugurazione della Santella ad opera di Don Pietro Santi, appositamente invitato. Calde e suadenti le sue parole, e la predica infervorò i numerosi presenti al dovere di una vita santa e pure all’impegno di suffragare le anime dei trapassati. Ancor oggi in luglio rinnoviamo questa antica tradizione, anche se con alcuni cambiamenti, ma la sostanza rimane.

Inoltre il popolo è devoto dei morti di peste del 1630 e alla loro intercessione spesso è ricorso, specialmente nei periodi di gravi siccità; sono accorsi alla Santella dei morti a chiedere acqua copiosa per i campi e le messi assetate. Sempre, a memoria d’uomo, i trevigiani vennero esauditi e spesso, partiti a cielo sereno col sole dardeggiante sul capo, sono tornati a casa bagnati copiosamente per l’improvviso ma non inaspettato temporale.
Oggi la Santella si presenta ben tenuta e abbellita, soprattutto per il restauro avvenuto nel 1984 ad opera di alcuni volontari; sempre mani pietose e devote depongono una preghiera, un lume, un fiore!”.
(fine)
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