Addio, caro amico Aldo

Al ritorno si sbaraccava in certe osterie scalcagnate. Traboccanti di compagni, di canti e di ideali.
C’eravamo incontrati il 28 ottobre del ’72. Nell’atrio della scuola media. Eskimo, barbaccia cubana, l’Unità in tasca e vocione incazzato.
Non mi serviva molto di più per individuare un approdo.

Da allora sono passati decenni. Anni di piombo, riflusso, edonismo reganiano, mani pulite, qualche tentazione leghista.
Intanto si saliva il percorso di una sobria agiatezza. Tappo a vite, tappo corona e bottiglie docg.
Ecco, arrivati al sughero ci siamo persi un po’ di vista. Lui ad accatastare mattoni, io a fare il preside in giro. Ma l’amicizia è rimasta tutta.
Anche per lenire certi graffi dolorosi inferti dalla sorte alle famiglie.

E’ stata la vecchiaia a riaprire i canali della frequentazione.
Oltre che a trasformarci le sembianze. L’Aldo appariva un Sandokan incanutito, senza più guizzi e irruenze.
Addio alla invettive aggrovigliate e roboanti, sanguigne e demolitrici. Negli ultimi tempi distillava precetti sobri e circostanziati.

Roba che neanche un guru. Il suo megafono era il web. Vallesabbianews.
Tempo fa gli avevo contato 132 post. Mezza valle infervorata sulle sue riflessioni.
E da lui sempre un tono sorvegliato, citazioni colte, nessuna indulgenza per la polemica becera. Qui e là appena qualche traccia di un manicheismo d’antan. Tipico della nostra generazione.

Insomma, che volete, a me scappava perfino un sorriso quando la ragazza di turno, nella sua rubrica “Punti di vista”, si lasciava andare a perle di candore del tipo “ -..grazie, grazie signor Vaglia…”.
Lui, che al solo apparire in fondo alla parrocchiale, per qualche funerale, mandava in tilt la scaletta del mitico don Pozzi.

Ultimamente aveva creato una sorta di ineffabile club. In un loft dal mega camino. Ospitale e provvido, anche nelle umide frescure estive.
In quello spazio confortevole, con la presenza totemica di una tavolata accuratamente imbandita, ci si ritrovava tre o quattro volte l’anno, in una ventina di amici rugginosi.
Tutti di quella età in cui nessuno è più quello che era, ma, per comoda ripartizione dei ruoli, ci si offre come bersagli di vecchi e ritriti stereotipi.

Il comunista tosto e il fascista irriducibile, il cacciatore e l’ecologista, l’imprenditore lumbard e un drappello di presidi e professori, magari terroni.
E poi iuventini e antiuventini. Una miscela ad alto potenziale che, per consuetudine serenamente accettata, a una cert’ora faceva scintille. Insaporita a getto continuo dalle ricette del Nava.
Quando irrompevano le torte delle signore i decibel si davano una calmata e si cominciava a parlare dell’appuntamento successivo.

Quel guazzabuglio di provenienze, di formazioni, di sensibilità e di inclinazioni che l’Aldo aveva assemblato per comporre un effervescente teatrino della socialità, si ricomponeva in armonia.
Armonia che non era azzeramento degli opposti, ma placida composizione delle individualità e dei protagonismi.
Il collante che assicurava all’Aldo il proseguimento di quel progetto di vita affidato all’incontro e alla condivisione fra amici di sempre.

Lo ricorderemo per quello che ci ha dato con spontaneità e generoso altruismo.
Addio caro amico, ti sia lieve la terra.

Pino Greco

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