Pietre d'inciampo, per non dimenticare
di Cesare Fumana

Sono state posate ieri a Soprazocco di Gavardo dall’artista Gunter Demnig due pietre con targa commemorativa in ricordo di una coppia di coniugi ebrei deportati nel campo di stermino di Auschwitz

La comunità gavardese ha voluto ricordare due vittime del nazifascismo, Rivka Jerocha e Davide Arditi, catturati perché ebrei a Soprazocco di Gavardo e deportati nel campo di concentramento di Auschwitz, da dove non fecero ritorno. Una storia rimasta nell’oblio e sconosciuta ai più.
 
A loro sono state dedicate due “Pietre d’inciampo”, due sampietrini ricoperti da una targa in metallo che riportano il nome delle vittime, un progetto ideato dall’artista tedesco Gunter Demnig, che dal 2000 ha iniziato a posare queste pietre in tutta Europa. 
 
La posa è avvenuta ieri  pomeriggio a Soprazocco di Gavardo, davanti all’abitazione di via Benecco, dove Rivka Jerocha e Davide Arditi vivevano prima della cattura.
L’iniziativa nel bresciano è stata promossa dalla Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura, a cui hanno aderito i comuni di Adro, Brescia e Gavardo: ieri mattina, infatti, prima di Gavardo, sono state posate una “Pietra d’inciampo” ad Adro e sei a Brescia.
 
Alla posa sono intervenuti Alberto Franchi, presidente della Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura, che ha voluto ringraziare l’amministrazione comunale, la biblioteca e la scuola secondaria di primo grado di Gavardo per aver aderito all’iniziativa e l’artista che è intervenuto per la posa dei sampietrini. Il saluto dell’amministrazione comunale è stato portato dall’assessore Bruno Ariassi.
 
Franchi ha ricordato il valore della memoria di queste vittime del totalitarismo, nella maggior parte giovani, internati e uccisi nei campi di concentramento perché considerati “inferiori”. «Queste pietre sono state definite “monumenti minimi” antiretorici, in risposta alla retorica dei dittatori».
 
Nel corso della cerimonia gli alunni delle classi terze medie dell’istituto comprensivo “Bertolotti” di Gavardo, guidati dalla professoressa Laura Toselli, hanno presentato la biografia dei due deportati e letto altri brani e poesie di internati.
 
Era presente anche Marino Ruzzenenti, che attraverso un lavoro di ricerca presso l’Archivio di Stato di Brescia, ha ricostruito la storia di tanti ebrei bresciani sterminati dal regime nazifascista, confluita nel libro “La capitale della Rsi e la Shoah”, del 2006.
 
La scuola, in collaborazione con la biblioteca, aveva organizzato in precedenza degli incontri con il  prof. Ruzzenenti che ha illustrato la storia e per preparare la cerimonia.
 
Rivka Jerocha e Davide Arditi furono catturati dai Carabinieri della locale stazione il 22 dicembre 1943. I coniugi, di origine bulgara ma cittadini italiani, avevano lasciato la Bulgaria per sfuggire alla persecuzione nazista degli ebrei e avevano trovato alloggio presso una famiglia di Soprazocco. A causa di una delazione, pratica ignobile ma lautamente ricompensata dalle autorità della Rsi, furono arrestati e trasferiti nelle carceri di Canton Mombello a Brescia.
Il 6 febbraio 1944 furono internati nel campo di concentramento di Fossoli-Carpi. Da lì il 22 febbraio 1944 partirono (con lo stesso trasporto di Primo Levi e di Guido e Alberto Dalla Volta) giungendo ad Auschwitz il 26 successivo.
Davide Arditi, avendo già 61 anni, non passò la selezione e venne ucciso all’arrivo; la moglie Yerohan o Jerchan Rifka (così nell’elenco di Liliana Picciotto Fargion) morirà in luogo e data ignoti, forse ancora durante il viaggio.
 
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