Montagna, teatro e ricordi
di Gianni Miconi

Sabato 16 agosto il Teatro Gavardo, su invito del  gestore del Rifugio Garibaldi, ha rappresentato ai piedi dell’Adamello “Dov’è Nicolajewka?”


Lo spettacolo, che ricorda il sacrificio dei soldati italiani nella neve di Russia, ha raggiunto così le 40 repliche.

Mentre il materiale scenico veniva trasferito con la teleferica, i componenti del Teatro Gavardo ed alcuni amici, zaino in spalla, hanno percorso il sentiero che da Malga Caldea, vicino a Temù, arriva al Rifugio (2.550 mt) di proprietà del Club Alpino Italiano (Sezione di Brescia).
Arrivati al primo lago (Laghetto d'Avio) il sentiero si faceva più morbido, con grande gioia dell’autore John, abituato alle passeggiate sulla dolce pianura.

Il sentiero procedeva quasi in piano affiancando tre laghi artificiali che raccolgono le acque dei bacini superiori, acque che poi vengono sfruttate per alimentare la centrale idroelettrica di Edolo.
Superati i tre laghi, il sentiero riprendeva a salire costeggiando la cascata precipitante dal sovrastante ripiano di Malga Lavedole.

Il panorama era bellissimo, nonostante il tempo piuttosto grigio.
Arrivati sopra alla cascata c’era un’incantevole piana tagliata in due dal ruscello, da qui il gruppo han ammirato un impareggiabile paesaggio alpino, anche se il vecchio autore John ormai era già allo stremo (troppi spettacoli e troppe pizze…) ed ha avuto solo il tempo di salutare una mucca che lo guardava con nonchalance.

Attraversata la piana e il ruscello
sfruttando un ponte di legno, si è risalto il ripido e faticoso “calvario” - famosa mulattiera militare della Grande Guerra – dove al freddo intenso si è aggiunta una neve piccola come granelli di polistirolo.
John cominciava ad avere visioni mistiche…

Finalmente si è giunti al Rifugio: dinnanzi a noi si presenta l'imponente parete nord del Monte Adamello; alla sua sinistra il ghiacciaio del Venerocolo con l'omonima cima e il Corno Bianco.
Uno spettacolo emozionante.

Dopo aver preso alloggio nel rifugio che sorge ai piedi della splendida parete nord dell’Adamello, e dopo essersi rifocillati (non è qui possibile descrivere nel dettaglio cosa ha ingurgitato l’autore) gli attori hanno visitato la caratteristica chiesetta dedicata ai caduti dell’Adamello.
Hanno potuto vedere lo struggente album fotografico dell’archivio della Regione Lombardia, con il famoso “ippopotamo” di ghisa, il cannone che durante la Grande Guerra fu caricato su varie slitte da 200 uomini che lo trainarono di notte, nascondendosi di giorno.
Molti alpini furono travolti da una valanga,  ma dopo tre mesi di sacrifici inenarrabili fu portato a destinazione, al Passo del Venerocolo (mt 3.236).

La sera, nella sala al termine della cena, hanno messo in scena  “Dov’è Nicolajewka?”.
Andrea Giustacchini, accompagnato dalle musiche alla fisarmonica di Luca Lombardi, ha fatto rivivere all’attento e commosso pubblico ospite del rifugio, la drammatica marcia del Corpo d'Armata Alpino, costellata da innumerevoli episodi di valore e di grande solidarietà.
Il testo di John Comini (la regia è di Peppino Coscarelli, la collaborazione tecnica di Sara Ragnoli) è liberamente tratto dal libro di Maurizio Abastanotti (Liberedizioni), ma con citazioni tratte dalle testimonianze di Giulio Bedeschi, Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern.

La notte, al termine dello spettacolo, il cielo che durante il giorno era stato piuttosto nuvoloso, con qualche accenno di nevischio, era ammantato di stelle.
In quell’attimo struggente gli attori hanno ricordato l’amico Renato, salito in Paradiso proprio in questi giorni, con il quale hanno condiviso per quasi trent’anni la voglia di fare teatro ed il desiderio di far sorridere e riflettere il pubblico.

Il gestore del rifugio rammentava che proprio in questi luoghi il regista Ermanno Olmi ha realizzato nel 1959 “Il tempo si è fermato”, intensa ed emozionante parabola sul rapporto fra gli uomini e la natura, sulla solidarietà che si instaura tra uno studente ed un vecchio guardiano della diga vicina all’Adamello, nella silenziosa e imponente solitudine delle montagne.

Il mattino del 17 agosto, lo spettacolo è stato replicato all’aperto, proprio di fronte al rifugio e con lo sfondo di uno straordinario paesaggio: il monte Adamello, nel cielo terso,  che si specchiava nel lago di Venerocolo.
I numerosi escursionisti che giungevano al rifugio avevano la bella sorpresa di poter ascoltare, seduti sulle panche di legno o sulle rocce, nell’incanto di una natura incontaminata, la drammatica storia dei nostri alpini e della loro marcia a marce forzate fino all’ultima, decisiva battaglia di Nicolajewka.

Il ritorno a valle non è molto agevole. la stradina era molto ripida, ma John verso la fine ha pensato bene di farsi trasportare da un mezzo di “fortuna”.

L’appuntamento è per il prossimo incontro dove il Teatro Gavardo sarà chiamato a rappresentare “La guerra negli occhi” dedicato alla Grande Guerra.
Durante la prima guerra mondiale il Rifugio Garibaldi era stato trasformato nell’infermeria Carcano e faceva parte di un grosso complesso militare costruito nella zona.
Da lì i nostri alpini accedevano alla prima linea sui ghiacciai.

Dal 1958 il vecchio rifugio venne sommerso dalle acque del lago nato dalla costruzione della nuova diga, ma il ricordo delle imprese e della sofferenza di quei giovani rimane indelebile nel ricordo.

.le foto sono di Sara Ragnoli


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