Elezioni: votiamo per i nudi
di Leretico

Se non fossimo nelle immediate vicinanze delle elezioni amministrative per alcuni importanti paesi in Vallesabbia, non mi sarebbe venuta in mente una piccola commedia scritta negli anni sessanta da Leonardo Sciascia intitolata “L’onorevole”


È la storia del professor Emanuele Frangipane, insegnante di latino e greco presso il liceo classico di una cittadina della Sicilia occidentale: vita mediocre nei contorni e nel contenuto.
Poche soddisfazioni, lezioni private per sopravvivere all’insufficiente stipendio. Insomma una esistenza modesta, in una casa modesta, come tante nel secondo dopoguerra italiano. Qualche passione sincera: Orazio e le sue Odi e il Don Chisciotte di Cervantes.
Ma questa è anche la storia di una donna: Assunta, la moglie del professore, all’inizio defilata sfuggente, poi concreta, vero cardine di tutta la narrazione.

Impensabile e impensata giunge a casa Frangipane la visita, in un caldo pomeriggio di inizio settembre del 1947, di due democristiani, Micciché e Ferlazzano, accompagnati da monsignor Barbarino, influente religioso locale. I visitatori cercano un nuovo candidato per le elezioni dell’anno successivo e credono di averlo individuato nel professor Frangipane: una scelta promettente, di elevato consenso e altrettanto probabile successo. Il professore sembra titubante, ma è conscio di avere davanti l’occasione di cambiare finalmente vita. Dopo un consulto familiare, solo formale per la verità, decide di accettare la candidatura.

In questi frangenti, fa la prima comparsa Assunta.
Da qui in poi, e per tutto il corso della storia, si ha la sensazione di una doppia e asimmetrica evoluzione: da un lato la carriera del professore, che diventerà addirittura Ministro della Repubblica, dall’altro il rifiuto, da parte di Assunta, della scelta del marito, prima attraverso velate proteste, poi più apertamente, ma sotto le mentite spoglie della pazzia.

E nell'asimmetria c'è uno scambio di passione letteraria: dapprima il lettore appassionato del Don Chisciotte era il professore, infine lo diventa Assunta, come a significare da che parte sta la verità, la verità come letteratura.
Nello scambio si realizza anche il dogma cristiano della "reversibilità: visto che Dio non si può accontentare che della perfezione, occorre un sacrificio per sanare il peccato primigenio dell'uomo: un innocente deve pagare per il colpevole. Assunta deve pagare per le colpe di suo marito. Inoltre emerge un richiamo pirandelliano nell'uso del dualismo pazzia/verità.

Ma andiamo per gradi:
il professore dunque si candida e nella tornata elettorale del 1948 viene eletto deputato.
Si apre poi il secondo tempo della commedia, traslata a cinque anni più tardi. È il momento delle elezioni del 1953, famose per la sconfitta di De Gasperi e per l’attacco delle opposizioni alla legge elettorale voluta dal suo governo, nota come “legge truffa”.
Il clima è molto cambiato, le teste pure, le anime di conseguenza. Frangipane è preoccupato per la sua rielezione. Gli amici di un tempo, proprio quelli che lo avevano voluto come candidato, sono diventati gli avversari da battere: Ferlazzano, divenuto rappresentante di una corrente importante del partito, è il nemico da distruggere. Nonostante l’aspra contesa interna, anche in questa tornata elettorale Frangipane esce vincente.

È il professore stesso a spiegare all’onnipresente monsignor Barbarino i motivi della sua vittoria: “…Ma caro monsignore, a fare il deputato ci vuole altro! Un deputato qui deve essere una specie di sbrigafaccende: deve occuparsi di passaporti, di portodarmi, di pensioni, di assicurazioni, di sussidi. O almeno deve far finta di occuparsene…”.
In pratica afferma senza remore che la vittoria è frutto della pratica e oculata gestione del consenso.
“E poi qualche favore lo deve fare,” continua Frangipane “in qualche caso deve saper chiudere gli occhi e buttarsi giù: non dico nell’illecito, per carità, ma, come si dice nel gergo degli studenti, nella particolarità”.

E come non dubitare di quanto sia sottile il confine tra lecito ed illecito nella considerazione del professore, ora onorevole, e di molti suoi simili che vediamo aggirarsi nelle odierne, e purtroppo nostre, istituzioni.
Frangipane non è contento, rinforza ulteriormente: “Ma quando mi sono accorto che, dentro il mio stesso partito, c’era chi si adoperava a scavarmi la fossa: eh no, allora io scendo a combattere con le vostre stesse armi… Il moralismo, caro monsignore,” rivolgendosi a Barbarino “è una specie di filossera nella pratica politica”. In questo punto Sciascia è durissimo, e insieme tragicamente attuale: il modo di intendere il rapporto tra etica e politica da parte della classe dirigente italiana degli anni sessanta, come di quella odierna, è vedere la prima come ostacolo alla seconda, debolezza che inficia la vera potenza. Il potere non può avere vincoli, non può ammettere ostacoli, inciampi, parassiti come la morale.

Così in poche pagine scopriamo gli affari in cui è implicato l’onorevole Frangipane, il quale dimostra di aver capito benissimo come arricchirsi partendo dalla sua preminente posizione sociale.
Spuntano interessi in una nuova banca, intrallazzi nel nuovo piano regolatore e commistioni imperdonabili con i cosiddetti “amici degli amici”. Intanto Assunta è ossessionata dalla paura che il marito venga arrestato e si aggira, per le stanze della nuova e bellissima casa famigliare, come un fantasma, sciatta e trascurata nel vestire e nel portamento.

Frangipane decide allora per una soluzione drastica: chiede a monsignor Barbarino di convincere la moglie a trasferirsi in una casa di cura prima che la cosa degeneri. Il monsignore accetta l'incarico e affronta Assunta in un colloquio paradossale ma molto evocativo.
Assunta rimpiange il passato: "... il punto doloroso, per me, è proprio questo: che durante il fascismo, dentro la guerra, nella confusione, come lei dice, nel caos, noi, mio marito ed io - ed io soltanto per suo riflesso, per suo amore -, noi avevamo nel cuore la giustizia, la pace... Poi, è venuta la confusione, l'oscurità".

La moglie del professore non ha mezzi termini nell'indicare il momento preciso in cui tutto è cambiato: "... il fatto è che da quando mio marito è diventato deputato, qui, in ciascuno di noi, si è verificata una corruzione, un disfacimento delle idee, dei sentimenti..." E, rivolgendosi ancora a Barbarino, aggiunge: "E sa che mi viene di pensare? Che la nostra storia, la storia della nostra famiglia, sia come il simbolo di una corruzione più vasta, di un più grande disfacimento..." E anche noi, cinquant'anni dopo, concordiamo; noi che in quel grande disfacimento ci stiamo pur vivendo, amaramente conveniamo.

Assunta non si ferma più, incalza Barbarino con una domanda diretta: "Lei non crede che la giustizia faccia i conti?".
Il monsignore risentito replica: "E perché, poi, [la giustizia] deve mettersi a fare i conti di tutto questo? (riferendosi ai mobili e a tutta la casa) Perché?", e Assunta: "Per l'anima, monsignore, per l'anima... Lei ricorda queste parole «Andandomene nudo, come me ne vado in effetti, è chiaro che ho governato come un angelo»... Le ricorda?... Don Chisciotte... Grandi parole, monsignore, grandissime."

Poi, prima di accettare di andare in una casa di cura, parla del potere: "... Il fatto stesso che un uomo, chiamato dagli altri o imponendosi da sé, si ritenga nel diritto o nel dovere di governare, è già una caduta, una colpa... Ma è una colpa che un uomo, un gruppo di uomini, deve prendere su di sé: e dunque è anche una prova... E se anche non si può uscirne innocenti almeno bisogna uscirne nudi"

Basterebbero queste ultime parole come finale, ma occorre ancora qualcosa: mi piacerebbe che i lettori guardassero alle prossime elezioni locali con l'occhio più attento, più consapevole, verso chi veramente potrebbe alla fine "andarsene nudo" come il Sancio Panza citato da Assunta.
Solo costoro meritano o rimeritano la vostra e la nostra fiducia.

Leretico


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