Cacciatori contro bracconieri
di Ubaldo Vallini

Triste avventura di un cervo di tre anni a Nozza di Vestone. Ferito a pallettoni e braccato dai cani finisce nel Chiese e sotto sequestro in macelleria.
Quando č troppo č troppo: a chiedere maggiori controlli sono gli stessi cacciatori.


Un branco di segugi braccano un cervo ferito e lo costringono a cercare riparo nel fiume, dove arriva il segugista deciso al colpo di grazia. Accorrono però altri cacciatori che affrontano il collega dedito alla truffaldina caccia grossa. Lui si lamenta, inveisce persino contro di loro: “fatevi i fatti vostri”.
Poi, vista la malparata ed il rischio che dalle parole si passasse ai fatti, richiama i cani e si dilegua.
Purtroppo per il cervo a quel punto non cera più nulla da fare: alle guardie del Nucleo ittico venatorio della Polizia Provinciale intervenute poco dopo non è rimasto che raccogliere elementi per informare il magistrato, perché il reato che si profila è di tipo penale, e portare l’animale nel laboratorio attrezzato di un macellaio di Idro perché cessassero le sue sofferenze: “Un femore rotto, emorragia, forse anche altre lesioni interne” era stato il verdetto del veterinario Cristian Colombo.

Scena straziante, quella alla quale hanno assistito alcune persone ieri mattina prima delle 9 nel tratto di fiume Chiese che scorre dietro al parcheggio dei camion della ditta di autotrasporti Rassega, a Nozza.
Il cervo era immerso con le zampe nel fiume ed era in evidente stato di difficoltà. Tre anni d’età, 120 chili circa la stazza, accerchiato dai cani che lo azzannavano, ha cercato di difendersi come poteva menando cornate a destra e a manca, ma il piombo che aveva in corpo ed il forte stress subito hanno avuto presto ragione di tutte le sue energie.

“Il primo pensiero è stato quello di avvisare i cacciatori della zona perché venissero a fermare i cani, per salvare quella povera bestia che stava per essere sbranata – ci ha detto un testimone – Sono stati loro poi ad avvisare le guardie e ad entrare nel fiume per recuperare l’animale”. Poco dopo si è fatto avanti anche un uomo che, a torto o a ragione, è stato ritenuto il responsabile di tanta barbarie: “voleva abbattere il cervo perché stata soffrendo, intanto vantava pretese di proprietà ed aveva i sedili posteriori della Panda già reclinati per caricarlo e portarselo via” ci hanno detto.

L’hanno affrontato a male parole e, prima che finisse peggio, l’hanno fatto andare via. “Non sappiamo chi fosse - ci hanno detto -, certo però uno di quelli che se ne fregano di tutte le regole. E’ per colpa di quella gente lì che veniamo trattati tutti come delinquenti”.
Risentimento, ma anche un po’ di omertà, ci è sembrato: “Giustificata dal fatto che basta dichiarare che i cani (da lepre o da riporto) sono fuggiti al controllo e che l’intenzione era solo quella di recuperarli, che te la cavi con niente. I pallettoni mica hanno un nome” ci hanno detto i più informati fra i cacciatori.

Che poi hanno aggiunto: “Fino a qualche tempo fa il regolamento provinciale prevedeva che scattasse una multa se il segugio non faceva il proprio dovere, si poteva arrivare alla sospensione dalla squadra per alcune giornate di caccia. Ora non più”.
“Sarebbe già qualcosa tornare ad obbligare i cacciatori di lepri a cacciare solo dove le lepri ci sono, nei prati. Oppure ancora istituire in ogni comune delle zone di tutela per permettere a questi splendidi animali di riprodursi”.
La solita “ruggine” fra seguaci di Diana di diverse specializzazioni? Forse.
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