Non fate l'onda, non fate l'onda!
di Ezio Gamberini

Grazia ed io siamo tra i fortunati lavoratori che in pausa pranzo riescono a tornare a casa. Nel breve tragitto che ci separa dalla nostra abitazione...


...la mia gentile consorte, placidamente adagiata sul sedile al mio fianco, mentre io sono intento a guidare, mi dice convinta: “Bisognerebbe trovare qualcosa di manuale da fare, che ci rilassi!”.

Anche una nostra collega è di quest’avviso: “Bisogna sporcarsi le mani, letteralmente. I lavori con la terra sono il massimo: orto, fiori, piante!”.
Pure il suo e nostro collega dirimpettaio è dello stesso avviso. Però, se ci ripenso, quest’ultimo è famoso per aver affermato che uno dei suoi libri preferiti fosse “Cristo si è fermato a Empoli” (anziché a “Eboli", ovviamente, e quando in un’occasione si parlò di Claretta Petacci che, per la cronaca, era l’amante di Benito Mussolini, seraficamente chiese: “Petacci? Qual è l’ultimo ‘cd’ della Petacci?”).
Ma questa è un’altra storia, meritevole di un racconto esclusivo e particolareggiato.

E’ trascorsa poco più di un’ora dall’affermazione di Grazia e, mentre ci accingiamo a tornare al lavoro, ci chiama Annina, la nostra secondogenita, anche lei in procinto di recarsi al dovere, la quale, trafelata, ci informa che nel condominio dove risiede, luogo in cui nacqui e vissi con i miei fino ai vent’anni di età, le fognature si sono intasate e le cantine sono state “allagate” da una marea di “acque nere”.

L’impresa di spurghi, che è stata chiamata immediatamente, è riuscita a risolvere il problema dell’intasamento e aspirato la maggior parte dei liquidi che avevano invaso gli scantinati, almeno nei corridoi comuni.
Resta il problema delle cantine di ognuno, malamente preservate da portoncini vetusti che dalle fessure sul lato inferiore lasciano passare ogni cosa. Anna ha fretta di tornare al lavoro, come noi, e non è riuscita a verificare il danno, allora ci mettiamo d’accordo per ritrovarci verso le sette.

A sera, al ritorno, con Grazia ci fermiamo a comprare guanti di gomma, sacchi, stracci e tutto il necessario per intervenire adeguatamente; a casa ci “bardiamo” con vecchissime scarpe da poter poi eventualmente buttare, tute e giubbotti tra i più “scalcinati”, e raggiungiamo l’abitazione di Anna. 

Chiara, la nostra ultimogenita, ci sta aspettando nel cortile del condominio, anche se il suo sarà un aiuto “morale” perché più tardi ha un impegno al quale non può mancare. Anche Anna si “prepara” (“Volete anche le mascherine? Le ho!”): sembriamo i “Ghostbusters” e scendiamo le scale che conducono alle cantine, timorosi di trovarci al cospetto di una scena apocalittica (leggi: “Una spanna di m.!”).
Il corridoio effettivamente è stato ben ripulito dall’impresa di spurghi, adesso è solo un po’ bagnato. Apriamo il lucchetto e tiriamo il catenaccio che ci permetterà di verificare quanto può essere orribile l’inferno.

La sensazione è la stessa che provavamo da bambini, in occasione della festa di Santa Lucia: quando aprivi la porta, non sapevi cosa ti aspettava.
Tratteniamo il fiato, tutti e quattro, e spingiamo l’uscio: sul pavimento ci sono due dita di liquido maleodorante, ma tutto sommato la situazione è molto migliore (o meno peggio) di quanto ci aspettassimo.

A questo punto è necessario aprire una parentesi per raccontare che, mentre scendevo le scale, ripensavo a quelle magnifiche strisce di Bonvi (Franco Bonvicini, creatore delle “Sturmtruppen”, modenese di nascita ma bolognese d’adozione, deceduto prematuramente nel 1995 a cinquantaquattro anni, investito da un’autovettura mentre attraversava la strada), in cui un soldato immerso fino al mento in una latrina, si raccomanda con i commilitoni: “Non fate l’onda, non fate l’onda!”.

Ma torniamo ai nostri sporchi affari. Gli scatoloni più vicini all’entrata, numerosi e contenenti soprattutto vecchi libri, bollette e mercanzia di ogni genere appartenuta alla mia famiglia e ammassata in cantina quando Anna ha fatto il suo ingresso nell’appartamento, hanno assorbito i liquidi e in qualche modo preservato il resto dello scantinato.

Cominciamo con gli stracci ad asciugare il grosso dei fluidi e poi cominciamo a svuotare gli scatoloni per appoggiare il contenuto in alto, sulle scansie, su sedie e casse, in attesa che possano asciugarsi, e raccogliamo i cartoni bagnati per poi gettarli in discarica. 
Quello che non esce, da quello “scrigno” fantastico e imprevedibile di volumi!

“Taras Bulba di Gogol! urlo entusiasta, mostrando il “tesoro” in edizione per ragazzi che mi affascinò, quando ero fanciullo. Anna raccoglie un volumetto: “Papy: ‘Il giovinetto drizzato alla bontà, al sapere, all’industria da Cesare Cantù’ diciassettesima edizione milanese illustrata con vignette – Editori  Volpato e C. – Giugno 1856!”.

E cominciamo a sganasciarci dalle risate tra stupore e meraviglia per altre “chicche”: “Papy, guarda qui… Papy guarda là!”, mentre Chiara continua a sorridere e scattare foto con il suo telefonino (manca soltanto Paolo, il primogenito, impegnato al lavoro).
Andremo avanti un’ora a ridere tra montagne di“Liala” e romanzi rosa, numeri di “Monello” e “Intrepido”, gialli e vecchi libri di scuola.
Anna afferma sicura: “Dobbiamo fare una bancarella: ‘libri d’antiquariato’!” e Grazia aggiunge: “Sì, libri d’antiquariato, aromatizzati al gusto di m.”. Mamma mia quante sghignazzate ci siamo fatti…

Tra le altre cose,
ho trovato un vecchissimo crocefisso di legno, alto una trentina di centimetri, appoggiato su un piedistallo formato da tre scalini.
Il Cristo è fosforescente, e ricordo che da bambino, quando avevo paura di dormire con la luce spenta, nel vederlo di notte mi consolava, e pensavo: “Ah, c’è qualcuno!”.
A volte lo afferravo e lo mettevo sotto le lenzuola, a farmi compagnia, ammaliato dal fatto che sprigionasse luce anche al buio. L’ho ripulito ben bene, e adesso fa il suo dovere sulla libreria, in studio.

“L’abbiamo scampata bella!” ci confidiamo sfiniti Grazia ed io, dopo aver fatto una doccia ristoratrice, al termine della “bonifica”.
“E la prossima volta che esprimi il desiderio di fare qualcosa di manuale per rilassarti, ti fulmino!”, sostengo con fare burbero, ma col cuore gonfio di gioia per aver trascorso con la mia famiglia una serata meravigliosa e “indimenticabile”, anche se in mezzo alla m.!
 

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