La democrazia dell'espulsione
di Leretico

Si definisce paradossale quella proposizione che sembra contraddittoria, perché contro il senso comune, ma si rivela infine sorprendentemente vera


Il paradosso, dunque, è una verità che non sembra tale.
La contraddizione invece è una non verità, ossia una falsità spesso non riconosciuta come tale dallo stesso senso comune.

Se tentassimo, utilizzando queste definizioni, di classificare l'espulsione dei quattro senatori del M5S avvenuta qualche giorno fa, e delle altre espulsioni avvenute in queste ore, potremmo pensare di trovarci di fronte ad un paradosso.
Infatti, nonostante ci fosse sembrato impossibile che si potesse decretare l'espulsione di senatori della Repubblica dal movimento per aver semplicemente criticato il risultato delle consultazioni di Grillo con Renzi, ci siamo dovuti sorprendentemente ricredere.

Il paradosso è ancora più incredibile
se si pensa al come quei senatori sono stati espulsi: con una ratifica via internet che ha visto circa 43.000 votanti di cui quasi 30.000 favorevoli all'espulsione.

Il senso del ridicolo quindi non è riuscito a prendere il sopravvento nel M5S perché sembra non essere qualità apprezzata nelle file dei pentastellati.
Aleggia invece nel movimento un aria di vendetta, di resa dei conti, e si odono clangori tipici dell'incrociar di spade.

In pratica più di otto milioni di elettori del M5S hanno assistito all'espulsione di quattro senatori decretata, udite udite, da ben 30.000 votanti sulla rete.
Forse questi signori del M5S, Grillo e i suoi del cerchio magico, non hanno ben chiara l'idea di democrazia, anche se a più riprese hanno tentato di convincerci del contrario.

Innanzi tutto dovrebbero essere meno ambigui quando parlano di democrazia diretta, e allo stesso modo dovrebbero capire meglio in cosa consiste quella rappresentativa.
Visto che il loro scopo dichiarato è quello di distruggere i partiti tradizionali e specificamente distruggere il PD, diretto concorrente, e a seguire in ordine Forza Italia e il NCD, probabilmente pensano che invocare la democrazia diretta sia il modo migliore per ottenere questo risultato, anche se la parola “distruggere” evoca altre vie, meno democratiche, di cui la storia italiana è già stata più volte testimone.

I grillini dovrebbero sapere che la democrazia diretta si ha quando non ci sono intermediari tra il cittadino e la decisione collettiva che lo riguarda, collettiva nel senso che implica conseguenze per la comunità.
E qui sorge la prima contraddizione, perché tale eventualità nel movimento grillino praticamente non si realizza: il M5S è composto infatti da intermediari dei cittadini (i famosi segnaposto del popolo), cosa che contraddice appunto l'essenza della democrazia diretta la quale, come appena detto, non prevede intermediari.

Sorvoliamo su questo punto e, visto che nemmeno il M5S ha potuto evitare di usare intermediari, cerchiamo di approfondire meglio il senso dell’intermediazione tra cittadino e potere.

Gli intermediari possono essere di due tipi: delegati oppure rappresentanti.
I primi hanno un mandato imperativo dai deleganti, mentre i secondi non hanno vincolo di mandato, ossia hanno la fiducia dei rappresentati e si muovono con l'obiettivo di portare liberamente avanti gli scopi di quest'ultimi.
I primi si prestano meglio alla rappresentanza di categoria (operai, commercianti, industriali e via dicendo), i secondi alla rappresentanza politica generale (senatori, deputati).

La differenza tra le due figure di intermediario è notevole e il vincolo di mandato ne determina l'essenza ultima.
Il delegato degli operai o degli industriali porta avanti un interesse corporativo, il deputato o il senatore, nel momento in cui vengono eletti in Parlamento, ottengono un mandato fiduciario di cura dell'interesse generale: rappresentano tutti insieme, deputati e senatori, l’interesse generale della nazione, non un interesse particolare o corporativo, a cui altri sono destinati.

E' per questo che in tutte le democrazie che si rispettino i parlamentari non hanno vincolo di mandato (vedi articolo 67 della nostra costituzione), perché essi esprimono una rappresentanza politica generale non un interesse corporativo a cui sono inchiodati dal mandato ricevuto.
Se così non fosse ci troveremmo nelle condizioni di avere capi politici extra parlamentari in grado di pilotare dall'esterno, attraverso il mandato gerarchico imperativo della delega, il massimo organo investito della volontà popolare, abdicando immediatamente ad una dittatura nascosta, ma pur sempre tale.

È molto chiaro allora lo scopo di chi invoca la democrazia diretta contrapponendola alla democrazia rappresentativa: distruggere il meccanismo della rappresentanza indiretta e con essa i partiti che ne sono l'espressione.

La democrazia diretta non è di per sé negativa, né costituisce un’alternativa a quella rappresentativa.
Essa può positivamente aggiungersi a quella rappresentativa per generare la cosiddetta “democrazia integrale” di cui famosi giuristi e filosofi della politica hanno già più volte parlato.
Deve però essere ben compresa se si desidera la sua integrazione e non si vuole che diventi mero meccanismo di contrapposizione al governo di turno o alla maggioranza di turno.

I suoi istituti principali sono l'assemblea dei cittadini e il referendum.
Entrambi hanno storicamente dimostrato di avere pesanti limitazioni se avvicinati alle dinamiche sociali moderne.
Sotto quest’aspetto anche l'idea innovativa che Internet possa superare gli ostacoli che nel passato hanno impedito alla democrazia diretta di diventare lo strumento centrale della manifestazione della sovranità popolare, è velleitaria, perché si fonda sul presupposto debolissimo che sia sufficiente la possibilità di intervenire nel processo di decisione per garantire la democrazia tout court.

Nella Grecia di Pericle l'assemblea dei cittadini decideva direttamente sulle questioni della polis.
Ma l'Atene del V secolo a. C. era una città molto piccola e semplice, l'assemblea si riuniva poche volte all’anno e la complessità delle questioni da valutare era minimale.

Oggi dovrebbe riunirsi la nazione intera
ed essere in grado di valutare questioni molto complesse e delicate.
Internet sarebbe il mezzo con cui realizzare tecnicamente una tale assemblea nazionale, ma non si pensa al numero di decisioni che il cittadino dovrebbe valutare, visto l'enorme quantità di leggi e provvedimenti da approvare ogni giorno nei diversi ambiti (stato, regioni, provincie, comuni), né si pensa alla sua reale capacità di valutarne la portata, le conseguenze ultime.

Ce li vedete voi milioni di cittadini a studiare approfonditamente e votare ogni santo giorno tre o quattro tra leggi e provvedimenti?
Se lo facessero non potrebbero più andare a lavorare. Oppure più saggiamente lascerebbero ad una minoranza il compito di prendere, “senza” cognizione di causa, le decisioni per tutti.

Il potere diventerebbe il dominio di una minoranza gestito sull'indifferenza della maggioranza.
E non è forse quello che accade oggi con gli pseudo referendum dei grillini? 30.000 di loro, una minoranza, decidono un’espulsione in nome di otto milioni di indifferenti, la maggioranza dell’elettorato del M5S. Alla faccia della democrazia.

Insomma, vogliamo dire che la democrazia non è solo possibilità di esprimere la propria volontà ma è anche comprensione, dialogo, partecipazione e ricerca di soluzioni comuni.
Tutto ciò ha bisogno di tempo e di spazi fisici, non solo virtuali.

In aggiunta molte materie non si prestano alla logica referendaria del aut aut, perché hanno bisogno di trovare dei compromessi politici prima di essere approvate.
Come può esserci compromesso nella logica della delega imperativa prevista dalla democrazia diretta?
Risposta: non ci può essere. Quindi chi la inneggia vuole solo ottenere l'effetto di blocco totale del funzionamento della democrazia rappresentativa.

Nessuna ricerca del bene comune
, solo scelte strumentali al proprio scopo: la distruzione dell’avversario.
Eppure si parla di partiti e parlamentari eletti, ossia espressione di una parte della sovranità popolare che la democrazia diretta vuole tutelare. Che senso democratico avrebbe il volerli distruggere?
Risposta: nessun senso democratico, forse solo totalitario.

Dopo tutta questa tirata sulla democrazia diretta, cosa ci riconduce ai quattro senatori espulsi?
Il collegamento si trova proprio nel senso preminente della democrazia rappresentativa, senso in nome del quale si muovevano gli ormai ex senatori 5stelle e per cui si sono inimicati moltissimi colleghi del loro stesso movimento.

La contraddizione, non il paradosso questa volta, sta nel fatto che i senatori Orellana, Battista, Bocchino e Campanella sono stati espulsi rei di aver criticato Grillo per non aver rispettato un mandato esplicito di democrazia diretta, incarico da espletare nell'incontro con Renzi.
Grillo è andato alle consultazioni ma ha eluso teatralmente il compito assegnatogli dalla rete, comportandosi come ci si comporta nella democrazia rappresentativa: usando la propria testa e le proprie idee senza vincolo di mandato.

Come la mettiamo? Delle due l'una: o andava espulso Grillo per questo palese tradimento e andavano salvati i senatori, oppure il contrario, espellendo i senatori e salvando Grillo, come è contraddittoriamente avvenuto in nome della democrazia rappresentativa e contro quella diretta.

Nella democrazia, quella vera, il consenso si forma liberamente, non può obbedire ad un superiore quale prescrizione proveniente da un ordinamento gerarchicamente organizzato.
Così i grillini non dovrebbero accettare, se pensano che all’interno del M5S debba vigere il metodo democratico, la regola dell’assenso unanime alle direttive di un pregiudicato (ebbene sì, Grillo è un pregiudicato per omicidio colposo) che dall’esterno tira le fila del movimento e giudica chi può essere accettato o espulso dal gruppo.
Il consenso unanime infatti non esiste e non può esistere in democrazia, proprio perché si fonda sulla libertà.

La democraticità di un movimento infatti si evince dalla gestione interna del dissenso, che mai potrebbe finire con l’espulsione dei dissidenti.
Le espulsioni avvengono in quei movimenti in cui è necessario affermare quotidianamente la leadership, sempre in discussione evidentemente, e dove le prove di forza sono all’ordine del giorno.

Sono un grave segno di debolezza a cui si risponde con la spada della tirannide, supportata dal falso consenso dei sudditi, non dei cittadini educati alla democrazia.
Mi domando quale futuro possa derivare, per una nazione come la nostra, da un’impostazione del genere.
Ai posteri l’ardua sentenza.

Così possiamo in conclusione affermare che la “democrazia dell’espulsione” grillina è una falsa democrazia, una contraddizione.
Sarebbe paradossale invece, e quindi vero, che il M5S si liberasse del suo fondatore invitandolo molto creativamente ad attraversare, stavolta, lo stretto di Bering a nuoto: in questo modo da un lato Grillo supererebbe, per numero di nuotate storiche, sia Mussolini che Mao Tse Tung, dall’altro si dimostrerebbe una volta di più quanto sia necessaria, per la salute e la sopravvivenza del M5S, l’applicazione al suo interno di una vera democrazia.
 
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