Uomini ordinari, custodi di avventure straordinarie
di Sandra Vincenzi

Raccontare, narrarsi, imparare per storie, appartiene al genere umano ed è fonte di sorprendenti scoperte e conoscenze. Comincio dalla storia di Glenn Doman e del suo Gruppo di Ricerca e Riabilitazione

Siamo a Filadelphia, negli Stati Uniti d'America degli anni '40. Un giovane fisioterapista, Glenn Doman, finisce l'Università con ottimi risultati, e inizia il suo lavoro nel campo della rieducazione e riabilitazione degli adulti. Si tratta di adulti che per eventi traumatici (incidenti, cadute...) o per patologie (ictus, emorragie cerebrali....) si ritrovano a non poter più camminare, parlare, usare le mani, ed essere autonomi come lo erano prima dell'evento.
Il giovane fisioterapista utilizza tutte le tecniche che la medicina di allora aveva introdotto: cure come il calore (lampade a raggi infrarossi, apparecchi per diatermia, ecc.) e manipolazioni agli arti lesi: ginnastica, chirurgia ortopedica per il trapianto dei muscoli o il cambiamento di qualche struttura ossea per raggiungere vari risultati meccanici, e stimolazione elettrica per aiutare a conservare i muscoli paralizzati.
 
Oltre agli adulti, nel Centro di Riabilitazione dove lavora Glenn, visitano anche bambini che allora erano chiamati “deboli di mente” e che oggi, grazie alle scoperte del suo Gruppo di Ricerca, chiamiamo cerebrolesi, sia che si tratti di adulto che di bambino. Le due tipologie di utenti avevano una cosa in comune: tranne per i casi gravi che richiedevano l'intervento chirurgico al cervello, nessuno di loro migliorava mai. Erano i tempi in cui la maggior parte dei professionisti in campo medico aveva imparato a scuola che i cervelli lesi erano al di là di ogni cura.
 
Glenn, profondamente sconfortato dai risultati del suo lavoro, incontra uno dei Grandi della Medicina di tutti i tempi, in quanto uno dei primi chirurghi del cervello umano: il Dottor Temple Fay, professore di neurologia e di neurochirurgia. “Mi aveva invitato ad unirmi a lui in sala operatoria. E nei 16 anni che seguirono, fatti di ore, di giorni, di settimane e mesi vissuti accanto a Fay, non credo siano mai passati 15 minuti consecutivi senza che egli mi insegnasse qualcosa”.
 
“Qualcuno disse una volta che l'ignoranza non consiste tanto nel non sapere, quanto invece nel sapere tante cose non vere.  Temple Fay mi insegnò che avevo un intero mondo senza fine in cui potevo cercare le risposte e che l'unico limite che mi fosse posto, su dove potessi cercarle, era il limite della mia conoscenza e mi fece realizzare quanto realmente limitata fosse quella conoscenza. Fece in modo che io capissi, che la risposta al perché i miei pazienti da ictus cerebrale raramente camminavano, parlavano o usavano correttamente l'opposizione pollice-indice, poteva non trovarsi nei muscoli della gamba, della lingua o del pollice, ma nel loro cervello ferito. Mi insegnò a credere che quei misteri potevano essere risolti dalla nostra comprensione di come funzionava il sistema nervoso, prima negli animali che ci hanno preceduti, per poi capire l'uomo e il cervello umano.”
 
Nacque così un Gruppo di Riabilitazione ed i successivi anni '50 segnano il decennio della scoperta. A Glenn si aggiunge nel lavoro la moglie fisioterapista Hazel, il fratello fisiatra Robert, ed ovviamente il Dottor Temple Fay. Il Gruppo cominciò a porsi la domanda del perché i pazienti, adulti e bambini cerebrolesi, non migliorassero, o comunque i risultati, raffrontati all'investimento, non fossero per niente soddisfacenti.
“Ci si presentò ovvia una risposta. Se i risultati del nostro lavoro erano insignificanti, chissà come sarebbero stati  quegli stessi bambini che avevamo in cura se non fossero stati curati affatto! Naturalmente, sarebbero stati in condizioni peggiori, molto peggiori! Li avevamo senz'altro aiutati a restare allo status quo.
Cominciammo a cercare un modo per confermarlo. Il mezzo c'era: in tutti quegli anni avevamo visto e valutato molti bambini che non erano poi venuti da noi per la cura, perché i genitori non potevano permettersi  economicamente la cura o dei quali non si interessavano abbastanza per farli curare. Cercando nei nostri schedari, annotammo i loro nomi e andammo a trovare i genitori, chiedendo il permesso di rivalutare i bambini gratis, per assicurarci che, rimasti senza cure, fossero in realtà peggiorati.
 
Giungemmo ad una conclusione del tutto sorprendente: i bambini non sottoposti a cure stavano meglio, in modo quasi schiacciante, di quelli curati. Fra i bambini non curati, i migliori avevano fatto più progressi dei migliori del nostro gruppo e i peggiori non erano nelle condizioni dei nostri, che erano realmente peggiorati. La prova era schiacciante: non solo il nostro lavoro era stato del tutto inefficace, ma i bambini non curati stavano meglio dei nostri che avevamo seguito così a lungo e con passione.
“Ci vollero molti anni di ricerca sul modello “normale di sviluppo” del bambino, per arrivare a constatare che l'evoluzione dell'uomo – che il bambino ripercorre negli stadi evolutivi, per esempio motori, dai movimenti riflessi del tronco e del corpo, allo striscio che gli permette di spostarsi sul pavimento come gli animali anfibi, all'andare a carponi, come qualsiasi mammifero terrestre, al raggiungere la postazione eretta ed imparare a camminare – segue le tappe della filogenesi, cioè l'evoluzione del mondo, la Storia con la S maiuscola.
 
Ritornando ai bambini cerebrolesi tenuti in cura presso il Centro di Riabilitazione, che non avevano fatto progressi, a differenza di quei bambini che alle loro case non avevano intrapreso cure mediche riabilitative, scoprimmo che ai bambini cerebrolesi non era stata data l'opportunità per uno sviluppo normale. Scoprimmo che il pavimento è come il campo sportivo del bambino sano. Nessuno dei nostri bambini cerebrolesi era mai stato sul pavimento. Il bambino cerebroleso, che era stato curato intensamente ed estesamente e con ogni mezzo che avessimo potuto immaginare, aveva raramente, o mai, l'opportunità di stare sul pavimento in modo da poter tentare di strisciare e poi gattonare e infine camminare. Era un fatto enormemente sconcertante, ma era vero. Se non era sul pavimento, con i fratelli e le sorelle sani dov'era? La verità era che era in ogni luogo, tranne dove doveva essere. Era chiuso in un apparecchio ortopedico, in un gesso, in una sedia a ruote, su di un tavolo verticale; era in un lettino speciale, era sulle stampelle, sui bastoni, in braccio a sua madre; in breve era dovunque fuorché sul pavimento. E noi ce lo avevamo messo! Anche nei casi in cui lo mettevamo sul pavimento era a pancia in su, in modo da essere sicuri che respirasse bene, senza soffocarsi, e perché si divertisse a guardare il mondo attorno a lui (come una giostra), mentre doveva essere a faccia in giù, in posizione prona. Quelle madri che non ci avevano affidato i loro figli, così facendo ci avevano impedito di immobilizzare i bambini per curarli, e li avevano invece portati a casa, messi sul pavimento e lasciati liberi di fare quel che piaceva a loro. Potevamo ora constatare che, a quei bambini “non privilegiati” piaceva strisciare o gattonare. I bambini avevano istintivamente dimostrato più buon senso del nostro mondo altamente specializzato.”
 
...Esco in punta di piedi, a questo punto della storia, per non dover sacrificare le ulteriori svolte e scoperte che hanno cambiato la vita non solo a milioni di bambini e adulti cerebrolesi nel mondo, e alle loro rispettive famiglie, ma anche a chi è portatore di un cervello sano, non ferito, come vedremo nel prossimo contributo.
Per questo fine anno, mi auguro che anche oggi, come allora, la professionalità, la chiarezza mentale, e soprattutto l'onestà – intellettuale e anche professionale – di pretendere risultati da qualsiasi ambito, continui ad accompagnarci e prevalga sugli interessi di parte (economici, di mantenimento del potere). Alcune applicazioni concrete e pratiche: chiarezza e onestà sulle nuove sperimentazioni in campo medico e riguardo alle medicine alternative; sulle vaccinazioni e i loro effetti (di prevenzione ma anche effetti collaterali come i danni cerebrali che possono verificarsi per taluni bambini);  competenza su metodi di cura per ridurre i deficit, sia nel bambino che nell'adulto e dare così speranze concrete a migliaia di persone che lottano quotidianamente con queste problematiche; ed infine pretendiamo “il pavimento”, ovvero l'opportunità per chiunque (lavoratori, giovani, aziende, immigrati, disabili,  ecc.) di misurarsi sul terreno della crescita. Buon lavoro a tutti!
 
Glenn Doman, Che cosa fare per il vostro bambino cerebroleso, Armando Editore, 1975
 
Dott.ssa Sandra Vincenzi
www.vincenzisandra.com

 

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