La collina dei fulmini
di Ubaldo Vallini

Non è la prima volta che i fulmini si scaricano sulla tenuta dei Bugatti, a Serea, nei Fondi di Agnosine. Questa volta però hanno causato danni seri. E paura

 
Due botti che hanno risuonato per tutta la Conca d'Oro, a distanza di pochi minuti uno dall'altro.
Il primo è stato quello devastante, per Cascina Seréa, l'abitazione che sorge nel bel mezzo della tenuta di centomila metri quadrati della famiglia Bugatti, quella della omonima azienda che nei Fondi di Agnosine produce apparecchiature per l'illuminazione.
 
Il capofamiglia Robertino era appena rientrato dal giardino spinto dalle prime gocce del temporale e si era seduto sul divano deciso ad accendere il televisore.
Non ha fatto in tempo. Pochi metri più in là il contatore è esploso ed ha attraversato la stanza davanti ai suoi occhi: «Sono rimasto un po' intontito sul divano e ci ho messo del tempo per capire cosa fosse successo» ci dice.
 
Poi insieme ai figli Bruno e Giorgio ci mostra altri danni, ancora da quantificare.
La cosa strana è che il fulmine è caduto a centocinquanta metri almeno dalla casa.
La saetta, infatti, ha centrato in pieno la grande quercia che si erge sulla collina, si è attorcigliata attorno al tronco ed è scesa fino alle radici.
 
Ai piedi della pianta ha fatto una buca nel terreno che pareva una ruspa, fino a quando non ha intercettato una matassa di cavi elettrici e lì si è divisa in due, prendendo a correre sottoterra.
 
Cento metri a sud è esplosa la centralina del cancello, a poca distanza dalla casa di Camillo, il vicino di 77 anni: «Mancava poco alla partenza del Gran premio e la botta è stata tanto forte che mi aspettavo di veder crollare il tetto».
 
A ovest la scossa è scesa fino a Seréa, calmandosi solo dopo aver distrutto l'impianto elettrico.
«La chiameremo la collina dei fulmini, questa è la terza quercia ad essere colpita nel giro di qualche anno, chissà perché non hanno mai centrato uno degli abeti, che sono più alti - ci dice Robertino -. Bisogna che faccia piazzare un parafulmine, una cosa fatta bene, non voglio mica lasciarci le penne».

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