25 Aprile 2013, 07.00
Valsabbia
Ricorrenze

Partigiani

di Pino Greco

La Valsabbia è un cunicolo tortuoso fatto di verde, di acqua, di fumo, di camion e di osterie. La storia ci vive a frammenti...

 
...Tra le pietre e la fuliggine di un vicolo senza voci, il campanile di una pieve solitaria, le volute barocche di un balcone.
Il lavoro è una cosa antica.
Lo testimonia il muschio di antiche officine diroccate, con gli ammassi scomposti di travi marce e le finestre che mostrano il cielo da una parte e dall’altra.
La devozione è rappresentata discretamente, con le madonne affrescate in penombra e i santi slavati dalla faccia buona.
Gli uomini vivono al fondovalle.  Dove passano il fiume, la strada e i soldi.
 
Poi ci sono i paesi abbarbicati alle pendici delle convalli.
Dove le strade arrivano a fatica, ed anche i soldi.
Sopra ci stanno i boschi.
Una vicenda di cui non immagini la fine.
Dietro il profilo di uno ce n’è un altro, e poi un altro ancora.
Fino a che una foschia azzurrina confonde le prospettive e sembra tutto un fondale dipinto.  Comprese le corne: solitarie, grigie, scorbutiche. Quasi belle.
 
Tra gli alberi e le rocce di queste montagne, pochi uomini dai nomi inventati cinquanta anni fa hanno vissuto la favola della libertà riconquistata.
Li hanno chiamati partigiani.
Esercito di popolo.
Riscatto dell’onore italiano.
Ma l’Italia era una cosa lontana.  Forse laggiù, dove i monti sprofondavano nelle nebbie mollicce della bassa.
 
Da questa parte c’era il fienile con il prato da rastrellare, l’officina piena di riverberi e di calore, l’attesa dell’alba al roccolo, una ragazza dai fianchi rotondi, l’osteria coi bianchini e la morra.
La libertà, insomma.
Quella che ti porti da sempre dentro e che un giorno hai scoperto uguale a quella di altri. Di altre valli. Magari di città.
Quella per cui è valsa la pena ribellarsi ai prepotenti.
E forse anche morire.
Come si usava allora, senza i servizi del telegiornale e la corona del presidente.
Ammazzati senza testimoni in una valletta appena un po’ appartata, mentre le mucche continuavano a pascolare e i campanili lontani rintoccavano le ore regolari.
 
Poi, anno dopo anno, un ricordo che scolora insieme al dilagare dei discorsi e dei monumenti.
E allora cerchi una voce che racconti i fatti senza celebrare, con i verbi coniugati in prima persona.
Cerchi i partigiani.
Partigiani, utopia che continua. Vecchi amici a custodire i ricordi. Coi fazzoletti annodati, la banda, il salame, il tricolore e i canti.
 
Ed anche una certa suggestione di patria. Ma non quella dei libri di storia.
La patria dei contadini e dei montanari, di quelli che piegano il ferro e di quelli che accatastano i mattoni.
La patria di quelli morti nelle trincee, perché quando tutti vanno è da vigliacchi imboscarsi.
La patria di chi offre agli amici il vino novello, al partito le ferie per la festa, al parroco la busta per il tetto della canonica e al vicino l’aiuto di tutta la famiglia quando la tempesta minaccia il fieno disteso ad asciugare.
La patria che ti fa stare dalla parte di quelli che non vincono mai.
Di quelli che aspettano la giustizia dopo la libertà.
La patria dei partigiani senza confini.
Come Vassily, che pensava ad un’isba piena di fumo, di wodka e di volti arrossati, che sognava una chioma nera da inseguire tra i girasoli.  E poi è morto solo, combattendo dalle parti di Collio Valtrompia.

Finalmente t’ho incontrato, partigiano. Una sera, all’osteria. Una di quelle col bancone di granito, la briscola e i tavoli di formica, l’orologio incastonato in un timone finto-legno, la volpe digrignata con gli occhi di vetro e un calendario formato carrozziere con tettona sorridente.
Il cappotto era quello di tanti inverni.
Con le asole lise e lo spessore rassicurante, come la corazza di una segreta intimità.
Un velo di barba bianca, ma l’occhio attento.
La mano del pensionato.  Ruvida, ma senza inutili ostentazioni di forza.
 
Poi mi hai raccontato. Una storia antica, quasi una nostalgia.
“L’otto settembre, quando il pomeriggio sentimmo il proclama di Badoglio che le forze armate passavano dalla parte degli alleati, cioè contro i tedeschi…â€
Il tuo come quello di tanti altri, il racconto di una scelta senza meditazioni, l’istinto di libertà. Tutto è deciso rapidamente. Non c’è bisogno di contarsi, qualcuno verrà.
La montagna è là.
Prendi per una stradina di sassi che poi diventa di terra e sparisce nel bosco.
E non torni più indietro.
 
Gli umori forti delle fungaie, il fumo esitante sui comignoli lontani, le sagome familiari dei paesi e del fiume.
Passa radente una beccaccia, ma in spalla hai il mitragliatore.
E’ cominciata la stagione delle rinunce.  E delle speranze.
-  Ma che fanno, avanzano o non avanzano ‘sti alleati?
-  E il lancio?
Il lancio. Parola magica.  Quasi una chiave per lo scrigno fatato che profonde inesauribili scorte.  Assillo  ricorrente dei pochi che sfidano l’impossibile, affidandosi ad un cielo che avevano assicurato provvido e generoso.
Ma intanto sui campi di “Vesta†non scende niente. Così all’autunno delle speranze segue l’inverno delle delusioni.

Non scorderai mai quella mattina che il sole era ancora luce senza calore e i sassi delle baite sembravano scavati nel profondo.
L’aria sapeva di erica e di pulito. E loro salivano ad annientarti.
Marciavano sicuri, senza fretta. E uccisero.
Qualcuno al volo.
Qualcuno con comodo, fucilato o impiccato nelle caserme.
Sulle montagne, a ricostruire le baite bruciate, restarono solo i mandriani, quelli che ti davano il latte con la schiuma e la polenta abbrustolita senza niente in cambio.
 
E via come lupi, con la rabbia che mordeva la fame e il sonno, per i fossi e le pietraie impossibili.
Unica alternativa: combattere. Unica salvezza: uccidere.
Paura e crudeltà crescevano in una spirale implacabile.
Il gusto acre della morte.
Le imboscate e le rappresaglie. Carnefici e spauriti innocenti. Sobbalzi nella notte.
Ogni faccia nuova un sospetto.
I compagni della “Matteottiâ€, i “Garibaldiniâ€, quelli della “Perlascaâ€.
 
L’alternarsi incalzante di volontà generose e di inopportune vanità, di passioni trasparenti e  di rozzi egoismi.
Antagonismi che montano e si stemperano in una stretta di mano.
Il gioco e l’orrore. Talvolta la commozione. Bandite in ogni caso le lacrime.
Anche quando Stella viene a raccontarvi dei compagni di Provaglio.
Ammucchiati come pupazzi impiastricciati di terra e di sangue.
O quando sai di Ippolito. S’era dato il nome di “Ferroâ€, ma contro le pallottole repubblichine in quella corsia dell’ospedale di Salò non gli è servito a niente.

E poi ogni tanto torna pure la vita.
Piacevole fardello, quasi un impaccio e un’imbarazzante debolezza per chi ha scelto di farsi ribelle. Ma arriva, e più che confinarla ad un momento marginale non puoi.
Una notte te ne stai a lungo a masticare gli umori dell’estate.
Il fieno maturo, i grilli in sordina, il silenzio senza luci che rimbalza sul torrente lontano. 
 
E scrivi…
-   “ …penso a mia madre, ai riccioli d’oro di Rosemma.  Penso a quello che sarà dopo. Fantastico ….â€.
L’incavo di un collo profumato. La mano che tormenta la tua. Lenzuola pulite.
Amore sognato, come il pane appena sfornato e il vino che schiuma leggero.
Odori e sapori della vita oltre il buio della valle. Dove la gente dormiva nel letto, le ragazze la domenica andavano a messa e al dopolavoro si giocava a bocce. Come sempre.
L’ultimo inverno si sopravvive, ma poi tornano le genzianelle sui prati.
 
Tutto accade in maniera irrefrenabile: arrivano i giorni dell’iniziativa.
Si scende a valle coi caricatori pieni, ma già si pensa al dopo, alla vita normale, al laurà.
La Falck ha un cuore inesausto ma vulnerabile.
Il pensiero è uno solo: salvare la centrale. E così è fatto.
In Carpeneda niente padroni, quel giorno, ma gli operai col fucile in mano.
Si salvava il lavoro, quel giorno, non il capitale.
Qualcuno ci lascia anche la vita, ma è stato sempre così. Per il lavoro. E  per la dignità.
 
Manca il tempo per pensare.
La luce, le ore, le notizie, i fatti, il rombo minaccioso delle colonne in marcia.
Un rincorrersi di azioni e sensazioni.
Paura e rabbia. Trepidazione e sangue freddo. Cautela e temerarietà.
E poi l’annuncio: si sono arresi a Nozza! Arresi…
Quelli che salivano a stanarti a cento, a mille, senza fetta, col sadismo della forza dispiegata.
Quelli che hanno messo in fila i tuoi compagni e gli hanno sparato senza guardarli negli occhi.
Arresi!... A quattro gatti con la barba lunga e i fazzoletti al collo. Proprio arresi!
 
Poi se ne vanno, e la polvere sfuma le sagome fluttuanti.
Sembra di vedere la fine di un film.
E’ tutto finito. Basta sangue. E freddo. E solitudine.
Finalmente sentirsi liberi di girare per le strade, con la gente che ti saluta e ti apre la porta senza paura.
E fermarsi a casa dell’amico che non è salito in montagna per via del figlio piccolo, e che ora guarda ammirato la tua giubba stinta.
E con lui tirare l’alba, con le croste di formaggio sul fuoco e i riflessi rubino di una bottiglia piena di saggezza.
E raccontare quei mesi come una vita.
E non aver voglia di dormire.
E partire solo quando le parole diradano e i pensieri ondeggiano come una barca.
Uscendo il chiarore dell’alba t’ha svelato i profili scuri delle montagne.
Quelle vicine, quelle lontane.
 
E sei rimasto in compagnia di un cuculo solitario finché i primi raggi hanno incominciato a calare per i canaloni della tua montagna.
E’ stato allora che ti sei ricordato di quel foglio a quadretti, piegato e sottile, che il pudore ti aveva fatto riporre al fondo di un taschino.
Era un tramonto dell’ultimo autunno e tu nel tuo posto di vedetta su un crinale della Corna Blacca hai sentito uno strano languore.
Hai preso la tua matita copiativa e ti sei lasciato andare:

Montagna mia.
Custode di eventi fatti di luce
che nasce e poi muore.
Rifugio di pensieri esili
come sensazioni d’autunno.
Ricordo che porti con te.
Compagna
di chi non sa perché
e scrive la storia di giorni,
di cose
e forse di sé.
 
                          P i n o   G r e c o


Commenti:
ID31291 - 25/04/2013 07:20:28 - (lettore) - 25 aprile 1945- 25 aprile 2013

Bravo Pino!Come sempre sai arrivare dritto al cuore di chi ti legge ed invitare alla riflessione...Nei momenti difficili, allora come oggi, è più che mai necessario volgersi indietro, ripensare al passato, e, ammirati, ripetere a voce alta: ora e sempre Resistenza!M.

ID31292 - 25/04/2013 08:33:16 - (sonia.c) - quelli che..

dicono: festeggiate "solo" perchè il caso,il destino, vi ha fatto vincere...l'antifascismo non è un punto di vista come un'altro! è il rifiuto ,dell'uomo libero ,verso ogni forma di dittatura. come dice Hessel : l'uomo che sa, prima di tutto, che è doveroso e possibile rifiutare l'inaccettabile..grazie signor Greco!

ID31312 - 27/04/2013 09:09:16 - (Giacomino) - Bravo Greco

Ha saputo descrivere con sentimento delle situazioni drammatiche che forse non era altrettanto facile fare per i valligiani che pure le hanno vissute.

ID31337 - 27/04/2013 17:59:28 - (Dru) - Mio Bisnonno Andrea

Sentiva che il successo non lo avrebbe irriso per premiarne e l'audacia e la scelta .., si avvicinava di gran passo al ponte della nave.., gli scivolava l'aria nei baffi e il lungo coltellaccio che teneva stretto fra i denti fischiava.., aveva cuor di leone mio bisnonno Andrea, cuore che non guarda perché gli è sufficiente vedere.., cuore che che non ascolta perché gli basta sentire..; qualcuno intanto scommetteva su quel ponte, ebbene si, scommetteva che non ce l'avrebbe mai fatta ad evitare lo schianto, perché mio bisnonno Andrea era l'ardito e un ardito lo è per scelta appunto e lo è per tutta la vita.. Questo raccontava mio bisnonno Andrea ai suoi cari nipoti e loro non lo irridevano appunto.

ID31396 - 29/04/2013 17:00:44 - (Dru) - Mio bisnonno Andrea

si chiamava Adolfo dicono...

ID31397 - 29/04/2013 17:06:06 - (sonia.c) - e ne è orgoglioso?

anche del suo omonimo?

ID31398 - 29/04/2013 17:24:35 - (Dru) - sicuramente

mi assomigliava se era un ardito. ;-)

ID31401 - 29/04/2013 18:03:13 - (sonia.c) - è una parola..

che ha senso,collocata solo in quel momento storico.oggi chi sarebbe l'ardito? in cosa? il kamikaze palestinese? il disoccupato che spara ai poliziotti?è proprio il suo intrinseco significato di violenza che la rende o dovrebbe rendere ,inattuale.non certo perchè la violenza sia estinta dalla terra ma, perchè, per nostra fortuna ,essa,non è più motivo di vanto.

ID31402 - 29/04/2013 18:14:55 - (ubaldo) - mmm... occhio sonia C.

Questo c'è scritto sul vocabolario Treccani alla voce "arditi" (al plurale). A. Arditi: soldati scelti, organicamente raggruppati in reparti d’assalto, istituiti nell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale, e particolarm. addestrati per imprese rischiose. B. Arditi del popolo: organizzazione popolare sorta nella primavera del 1921 in Italia per resistere, con la forza, alla violenza fascista.

ID31407 - 29/04/2013 18:45:41 - (Aldo Vaglia) -

Di parentele Dru non ci capisci proprio niente. Se la cosa si ferma li', poco male. L'ardito zio Adolfo con croci al merito tornato sano e salvo dalla guerra. E' morto quando tu eri bambino. Era zio di tuo papa', e' ricordato nel libro delle medaglie di Ugo Vaglia. Lo zio Andrea era fratello di Adolfo e il tuo bisnonno si chiamava Candido. Ti ricordo la frase su cui abbiamo avuto modo di argomentare "Tutto cio' che era lontano mi interessava, mentre cio' che era soltanto a mezz'ora di distanza, ma nella direzione non desiderata, era per me come sull'altra faccia della luna, invisibile, inesistente". Ciao.

ID31408 - 29/04/2013 18:49:40 - (sonia.c) - carissimo Ubaldo..

è una parola che usavano anche i fascisti però..l'ho sempre associata a loro ...e poi il liguaggio "guerrafondaio mi è totalmente estraneo ed emotivamente incomprensibile 1 baci ciao!

ID31409 - 29/04/2013 18:52:13 - (sonia.c) - vangelo quella frase..

vale per tutti! saluti carissimissimo signor Vaglia

ID31423 - 30/04/2013 06:04:55 - (Dru) - Le donne non capiranno mai perchè il mondo è quello che è

A parte Sonia che confonde il bene con il male, queste due tesi, Bene e Male, sono in antitesi dagli albori del tempo e sono due prodotti della stessa pianta, la volontà.

ID31424 - 30/04/2013 06:06:51 - (Dru) - la volontà

è violenza, è volere l'impossibile.

ID31425 - 30/04/2013 06:07:59 - (Dru) - l'impossibile

è che le cose divengano l'altro da sé.

ID31426 - 30/04/2013 06:09:35 - (Dru) - il moralismo e l'immoralismo

sono due aspetti della volontà che vuole l'impossibile e come volontà che vuole l'impossibile è violenza, la volontà è violenza, tutta la volontà, e la volontà che vuole il morale e la volontà che vuole l'immorale.

ID31427 - 30/04/2013 06:11:02 - (Dru) - il pensiero occidentale è immerso in questo, nella volontà che vuole l'impossibile.

perché non è riuscito là dove voleva riuscire, tener ferma l'identità delle cose.

ID31428 - 30/04/2013 06:18:35 - (Dru) - l'occidente è immerso nel nichilismo appunto

perché l'identità delle cose non è tenuta ferma e il linguaggio che esprime la sua essenza, l'essenza dell'identità che non riesce ad essere identità è il nichilismo, è il divenir altro da sé: esempio concreto l'essente che diventa niente o il Dio teologico che "crea dal nulla le cose", o due particelle di protone che scontrandosi una si "annienta" e due si "creano": il pione positivo e il neutrone,ecc...

ID31429 - 30/04/2013 06:20:34 - (Dru) - forse Ubaldo temeva questo che è appena accaduto

...per questo ha scritto: occhio Sonia,,,, ;-), ma che non si preoccupi Ubaldo che per quanto la nostra volontà voglia l'impossibile, quell'impossibile appunto che è voluto non è infine mai ottenuto.

ID31430 - 30/04/2013 06:58:52 - (Dru) - un esempio pratico

le persone che leggono il blog e non scrivono , non lo fanno per lo più perché sono timorosi di essere "colpiti", e non "vogliono esserlo", credono che al "delitto" di scrivere un "castigo" li colpirà: in questo sono mortali e inscritti in quel concetto appena espresso sopra, la volontà che li opprime, la volontà che vuole l'impossibile per il momento li frena, ma poi Sonia scrive e si accorge che nessuno la può infine colpire... ecco, qui voleva essere il discorso che facevo sulle parole, e che le parole "devono" sgorgare a fiumi.il "devono" mio, non è un dovere morale ma tecnico.

ID31431 - 30/04/2013 07:05:15 - (Dru) - Per Leretico

avevo fin da principio inteso che il tuo nickname Leretico servisse per smorzare i lessicanti e i viziosi della lingua, che fra l'altro ad ogni loro dire è un errore, ma anche tu avevi questa forma sopra, pensavi infine di essere colpito e per non esserlo hai fatto scudo di Leretico.Ma tutte queste cose, Leretico, Dru, ecc.. non sono che una volontà già nella verità.La verità è l'essere sé dell'essente che infine riesce a stare.

ID31443 - 30/04/2013 10:31:26 - (sonia.c) - le donne ...

non capiscono la guerra,è vero! ma forse non è esatto..conoscono profondamente il bene e il male..la vita e la morte..la vita che gli uomini "sciupano"( come spesso, tutto ciò che non ci è costato nulla..)le donne cercano la prevenzione contro il danno estremo della morte ..perchè della vita ,ne conoscono sulla loro pelle ,la fatica e il valore .. saluti da una incoscente bisbetica indomata..

ID31449 - 30/04/2013 13:55:08 - (Leretico) - Le donne sono importanti

Le donne hanno delle qualità notevoli e non le scopro io. Viviamo in una società moderna dove il valore delle donne non è ancora pienamente riconosciuto. Manca alla nostra democrazia e alla nostra economia il supporto delle donne che si rivelano in numerosissimi settori migliori degli uomini, ma non altrettanto considerate. Peccato. Il retaggio culturale negativo sulle donne, che ci portiamo da secoli, è duro da cambiare e non mi voglio dilungare sulle ragioni storico-sociali di questa cosa. Posso solo sottolineare che le donne sono importanti e meriterebbero di contare molto di più nella vita sociale.

ID31450 - 30/04/2013 14:07:30 - (Leretico) - Uno pseudonimo non per nascondersi

Lo pseudonimo è un arma di attacco o di difesa? La questione è ardua. Come al solito tutto dipende da come si usa nei fatti. È vero, il nick-name nasconde l'identità di chi scrive e lo fa sia nel caso negativo di chi vuole offendere, sia nel caso positivo in cui non si voglia essere attaccati nella persona per le idee che si vogliono esprimere. Dovrebbero essere discusse le idee per il loro valore, non le persone che le esprimono, come si è troppo spesso abituati a vedere e a sentire. Insomma non ci tengo alla pubblicità personale ma alla discussione delle idee, cercando di equilibrare la libertà che c'è in questo giornale con la responsabilità di usare uno pseudonimo in maniera corretta. Spero sia bastante.

ID31451 - 30/04/2013 14:41:45 - (Dru) - La filosofia insegna a capire

La guerra è inevitabile e incontrovertibile, volerla evitare è la violenza estrema come il volerla fare, in quest'ottica dobbiamo leggere le mie parole.

ID31452 - 30/04/2013 14:46:58 - (Dru) - la guerra

È tutto ciò che mette in relazione il mondo che ci circonda, e il volere di esso l'una o l'altra cosa di questo mondo e la relazione fra le sue cose, volerne la guerra o la pace, al mondo e sua relazione è indifferente.

ID31478 - 01/05/2013 05:47:48 - (Dru) - Le donne, per gli uomini...

...sono il loro negativo.

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