Da Vanvera a Zonzo
di LoStraniero

Lettore, tu sei un tipo curioso, altrimenti non saresti qui a leggere queste righe. Allora approfitto per raccontarti un sogno che ho fatto qualche notte fa. Uno dei pochi che sono riuscito a ricordare...


Ero prigioniero della “Struttura”. Condividevo una cella con un uomo anziano con una lunga barba bianca. Uno studioso che possedeva numerosi libri che gli avevano concesso di leggere.
Quest’uomo, una specie di abate Faria del Conte di Montecristo, aveva da qualche tempo escogitato un piano perfetto per la fuga dalla “Struttura”.
Non l’aveva mai attuato perché, diceva, era troppo vecchio e anche se fosse riuscito a evadere, non sapeva poi, dove andare. Così questo piano di fuga l’ho attuato io.
 
Mi sono ritrovato, di notte inoltrata, quasi mattina, in una strada buia, in aperta campagna.
Procedevo adagio lungo il bordo destro della strada. A un certo punto i fari di una macchina hanno illuminato una pietra miliare che recava la scritta “Zonzo km …”. Non sono riuscito a leggere il numero.
Oddio, pensai, sono incappato in un’altra struttura. Allora lasciai la strada per vagabondare per campi gerbidi e incolti che costeggiavano a distesa la strada che stavo percorrendo.
Faceva freddo, avevo le scarpe bagnate d’acquazza.
 
Un chiarore pallido tingeva tutto l’est. Una luce tremula di stelle lontane occhieggiava dall’alto di un livido e incerto orizzonte. Era tenue, fioca, flebile come i ricordi di una patria lontana che ormai non c’è più.
Mi svegliai con i piedi freddi di guazza, con il ricordo dell’ossessionante “Struttura” e di quel tremolare di stelle morenti.
 
“Vaghe stelle dell’Orsa”, “stelle sperdute nella luce dell’alba” cosa mi volevate dire? Non capisco il vostro messaggio perché non conosco il vostro linguaggio. Forse anche voi, come la patria perduta, non ci siete più. Forse è solo la vostra luce che fende inutilmente tutto il vuoto di questo universo.
 
Il mio compagno di cella, tra le tante cose, ne disse una che trovai alquanto strana.
La realtà del mondo che noi percepiamo, disse, è diversa a seconda della lingua che parliamo. Il credere che gli uomini posseggano una struttura logica comune che agisca a priori e indipendentemente dalla comunicazione linguistica è sbagliata. Poiché gli schemi linguistici sono molti, molte sono le concezioni del mondo.
Noi osserviamo il fluire degli eventi e organizziamo la nostra conoscenza, ma questo non significa che il mondo sia fatto così.
Siamo noi a stabilire, tramite la lingua materna, che le cose stiano così.
 
Se questo è vero, allora questo discorso, questa nuova relatività sono sconvolgenti.
 
Lettore, poiché io sono uno straniero, il mondo che vedo io è diverso da quello che vedi tu.
Tu potresti vedere dettagli di una realtà che io non percepisco e viceversa.
Tu, io e altri siamo come le parole che compongono una frase. Per capire il senso del discorso occorre innanzitutto conoscere il significato delle singole parole. Poi occorre capire come le parole sono correlate, e cioè la struttura che le lega. Alla fine il senso del discorso è uguale alla somma dei significati delle singole parole o non è forse qualcosa di più?
 
Già Aristotele riteneva che il logos fosse un’unità con attributi suoi propri, distinti da quelli delle singole parole: isolando i nomi dal nesso, l’unità del discorso viene meno.
E’ dunque la struttura che conferisce il significato alle parole, oppure sono queste che determinano il senso del discorso?
Il percorso per comprendere enunciati nuovi è quello che procede dal basso verso l’alto (bottom-up) o è quello che procede dall’alto verso il basso (top-down)?
Alcuni enunciati possono essere compresi solamente se si percorrono tutte e due le strade. Questa affermazione sembra una contraddizione, ma non è così.
 
Bisogna considerare che il nostro pensiero agisce per opposti.
Noi pensiamo in termini di bianco e nero, di giorno e notte, di caldo e freddo, di vita e morte, di essere e divenire.
Anche in fisica ci siamo costruiti opposti del genere che si rivelano però inadeguati di fronte ad alcune relazioni espresse nelle formule della fisica teorica. L’antitesi tra moto e quiete è priva di significato nella teoria della relatività. L’antitesi tra massa ed energia è superata dalla legge di conservazione di Einstein.
Corpuscoli e onde sono legittimi e complementari della realtà fisica che va descritta ora in un modo, ora nell’altro.
Il problema del corpo e della mente è di natura simile poiché sono aspetti differenti di una stessa realtà. E’ dunque il nostro modo di pensare che ci conduce a contraddizioni che in realtà non esistono.
 
Lettore, dicevo dianzi che tu, io e altri siamo come le parole di una frase.
E’ il significato di tutti noi che forma quello del discorso, oppure è la sua struttura (vale a dire i legami, le relazioni tra gli elementi) che determina il nostro significato?
E che succede quando la struttura prevale sugli elementi forzando il loro significato?
Oppure quando prescinde addirittura dagli elementi?
Occorrerebbe fare una cosa che neppure i governi riescono a fare: cambiare la struttura. Tutti lo dicono, ma nessuno lo fa.
 
Allora preferisco vagare per campi gerbidi con i piedi freddi di guazza.
 
LoStraniero
 
Con questa faccia da straniero
ho attraversato la mia vita
senza sapere dove andar
                          (G. Moustaki)
 
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