«Imparato lassù» di Italo Bazzani
Quello di Italo Bazzani è un nome ben noto nell'alpinismo bresciano. Il suo libro «Imparato Lassù», genere diaristica, apre una finestra sul suo autore, di Roè Volciano, classe 1942.

Abbiamo incrociato un libro «Imparato Lassù», genere diaristica, che apre una finestra sul suo autore, Italo Bazzani, di Roé Volciano, classe 1942.
Si tratta di un nome ben noto dell’alpinismo bresciano, uno degli eletti - meno di dieci fra Brescia e provincia - a far parte del Club alpino accademico, a suo tempo istruttore nazionale di alpinismo per il Cai di Brescia. Una sequenza di récits d’ascension che Bazzani sottotitola «fatti ed esperienze di montagna».

Ragazzo di paese nella sua Roé Volciano, vita tirata del Dopoguerra, ma con la febbre della libertà, le scorribande nelle campagne, i tornei all’oratorio a compensare la dura disciplina delle dieci ore in officina. Promettente campione di atletica, specialità mezzofondo, poi a 23 anni il virus della montagna.
Goethe scrisse che «i monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi». Bazzani, nelle sue intense frequentazioni dei maestri muti ne ha registrato vicende personali, impressioni, ricordi.
Il suo è un libro di un uomo che si guarda indietro: le montagne vissute come parte di sé lo hanno segnato, le imprese rischiose e le ambizioni ardite lo hanno risparmiato così che il Campanile Basso, la Nord dell’Adamello, lo Sperone della Brenva, i ripidissimi canali del Tacul e della Verte emergono nel mare delle arrampicate, racconti ancora accesi di ebbrezza e velati di malinconia.

Con diversi compagni di arrampicata - alcuni famosi come Clemente Maffei «Gueret», guida alpina della Rendena e Fausto De Stefani, uno dei salitori dei 14 ottomila esistenti al mondo - Bazzani ha tracciato vie nuove in Val di Genova, sulla Presanella, in Brenta e ripetuto alcune fra le classiche vie di ghiaccio nelle Occidentali (sperone della Brenva in solitaria, Nord dell’Aiguille Blanche, canalone Gervasutti al Tacul, ecc.) e in Dolomiti.

Ma Bazzani ha all’attivo diverse spedizioni nelle montagne del mondo: sul monte Kenya, in Africa dove lui e De Stefani tracciano una via nuova. Ancora, una salita solitaria sull’Ancohuma, una montagna di 6.427 metri e sull’Illampu che è poco di meno, 6.360 metri in due successive spedizioni sulle Ande Boliviane, e ancora in Groenlandia con il Cai Brescia, 1968, e due spedizioni sui settemila del Pamir in Asia centrale.
Montagne di esaltazione e di sofferenza, perché Bazzani subisce alcuni incidenti, uno particolarmente grave durante un corso per istruttori nel gruppo del Bianco che lo terrà convalescente per oltre sei mesi.

Montagne di sofferti trionfi e di drammatici naufragi e ancora di affranti ritorni dolore perché in montagna Italo perderà alcuni amici «del cuore».
Per dirla con William Blake, «quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono».
Grandi come la marea dei ricordi che ogni giorno affiorano e che Italo come un capitano di mare ha condensato nel suo libro di bordo. Per gli appassionati ci sono spunti per rinverdire la passione della montagna.

Giovanni Capra dal Giornale di Brescia

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