Dal dire al fare
di Ubaldo Vallini

Ecco la «piccola storia» di Afzal, che abita in via Copponi, una di quelle comprese nell'ordinanza gavardese.

 
Poi arriva Afzal, ha 28 anni ed è nato a Gujrat, nel Pakistan orientale.
Vive a Gavardo da 10, fa il pizzaiolo e parla meglio il punjabi che l’italiano. Ma si spiega bene lo stesso.
Ci dice che la moglie e la figlia di tre anni rischiano di essere buttate fuori di casa perché in municipio dicono che non ci possono stare, che la casa è troppo piccola.
 
E’ brutto a dirla così, concordiamo, bisogna però vedere come è messa, quella casa.
Lui però assicura che è tutto sta in regola, che potrebbero abitarci in sette e sono solo in cinque e aggiunge: “La mia è solo una piccola storia, se però davvero vuoi capire cosa sta accadendo a Gavardo puoi cominciare anche da qui”.
 
Una piccola storia che comincia nel 2008, quando Afzal riesce a comperare casa in via Copponi: 88 metri quadrati di locali “di idonea superficie ed altezza, ben illuminati e ventilati – certifica l’Asl il 16 febbraio dell’anno scorso -, ritenendoli adeguati ad ospitare sette persone”.
Sempre nel 2009, il 25 novembre, il responsabile dell’area tecnica Donato Fontana, dopo sopralluogo effettuato ad ottobre, conferma: “Attualmente l’alloggio è occupato da tre persone ed è idoneo ad ospitarne sette”.
 
Afzal è al settimo cielo: vive con un cugino e la madre, finalmente può permettersi di ospitare la moglie Aziz Shazia e la figlioletta Ali che ha da poco compiuto i tre anni.
Il resto è storia recentissima: le fa arrivare a Gavardo, il 19 marzo chiede di poterle iscivere all’anagrafe.
Il 29 arriva una doccia fedda per risposta: “Dagli accertamenti esperiti risulta che l’alloggio è idoneo per 4 persone”.
 
Accompagnato dal connazionale Nadeem per tre settimane prova a capire il perché, poi si rivolge a noi: “Abbiamo incrociato il risultato dei sopralluoghi con le concessioni edilizie e i dati catastali – ci dice gentilissima la geometra Vella in municipio –. Quando faremo bene i conti credo che in quell’appartamento ci potranno abitare solo in sei”.
Gli avete scritto quattro però, escludendo di fatto uno degli occupanti che, leggi alla mano, rischia persino l’espulsione.
“Non siamo stati noi, l’errore l’hanno fatto in anagrafe” la risposta.
 
Afzal ci aspetta in piazza e gli basta un cenno per capire che abbiamo fatto un buco nell’acqua anche noi.
“Visto? – ci dice - e la mia è solo una storia di quelle piccole”.
 
100420GavaPiazza.jpg