Annaffia i fiori e gli spunta un vigile
di Ubaldo Vallini

C’č anche Gavardo fra i Comuni bresciani che hanno recentemente adottato un regolamento di Polizia urbana. Se n'č parlato l'altra sera in biblioteca.

 
Trattasi di un regolamento molto simile a quello cittadino, giĂ  particolarmente discusso, tanto da far pensare proprio ad un copia-incolla.
Ne hanno parlato gavardesi ed immigrati qualche sera fa, riuniti nella sala della biblioteca del centro valsabbino su proposta del Comitato “Sopra la panca …dell’accoglienza”.
Fra i relatori il pachistano Nadim, l’avvocato Antonella Poli alla quale era stato chiesto di introdurre l’argomento dandogli un taglio giuridico, Franco Valenti che è il presidente della Fondazione “Guido Piccini” e Francesco Musolino, non tanto nel ruolo di funzionario dell’Ufficio scolastico provinciale (Usp) ma “come cittadino e come cattolico” come egli stesso ha voluto precisare.
 
In sala erano presenti i rappresentanti dell’opposizione in Consiglio comunale, nessuno però della maggioranza, nonostante l’invito ad esserci.
Chiarito che un regolamento comunale come quello è solo uno dei molti, che mira a gestire la convivenza fra cittadini ed il rapporto di ciascun cittadino con il bene pubblico, che si tratta di una normativa secondaria che deve essere in sintonia con le altre norme “superiori” a partire dall’articolo 3 della Costituzione per arrivare alle leggi sull’immigrazione (tutte quante, anche quest’ultima, vietano espressamente atteggiamenti discriminatori), l’assemblea è passata ad analizzare alcuni articoli che, a dirla con le parole di Valenti: “Mancano dei necessari elementi di proporzionalità e ragionevolezza, profilando in alcuni casi l’abuso di potere, in altri l’abuso di discrezionalità”.
 
Tralasciando per un attimo di affrontare la tematica in punta di diritto, perché non è compito di queste pagine giungere a sentenze, sono soprattutto alcuni esempi a chiarire la portata di un siffatto regolamento.
“E ci vuol poco a capire come stanno le cose”, hanno affermato alcuni gavardesi presenti, preoccupati sì che nessun diritto venga negato ai fratelli immigrati, ma anche e soprattutto di dover cambiare stile di vita a causa di norme discriminatorie per gli stessi gavardesi.
C’è l’articolo 7 al comma 1 lettera C, per cui è vietato mangiare anche solo un gelato passeggiando per le vie del centro storico. Viola questa norma anche un bambino che fa merenda per la strada oppure (stesso articolo lettera G) gli saltasse in mente di giocare, a qualsiasi cosa visto che nulla è stato specificato.
 
Il rischio, insomma, è che per risolvere il problema della fastidiosa presenza di immigrati nel centro storico (essendo improponibile dirla a questo modo, almeno non negli atti ufficiali) si tiri tanto la corda con i regolamenti che alla fine ci rimettono tutti i gavardesi.
Un po’ come buttare via tutto il cesto se c’è dentro una mela marcia.
 
Una situazione sintetizzata da Gabriele così: “A dar retta a questo regolamento la domenica non posso più fare quello che faccio da sempre: andare a messa mangiandomi una brioche, legando la bici ad un palo per non farmela rubare. E mi chiedo il perché. Lo stesso credo facciano il Fondrieschi che a novant’anni è costretto a tirarsi fuori la sedia di casa perché gli hanno portato via la panchina, o quella signora che l’altro giorno ad annaffiare i gerani sul terrazzo, invece che i fiori, gli è spuntato il vigile con la multa. Dove andremo a finire?”.
 
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