Quella notte
di Giancarlo Marchesi

Era la notte fra il 30 ed il 31 ottobre del 1779. Una scintilla fuoriucita dal forno fusorio provocò l'incendio che in sette ore bruciò il paese.

 
«Bagolino, terra delle più ragguardevoli di Val Sabbia così per numero degli abitatori come per il pingue commercio di ferro lavorato e di grassine, ha sofferto la notte susseguente al penultimo d’ottobre un incendio così vorace che nel breve spazio di un’ora l’ha resa tutta intera in cenere».
Questo è l’incipit drammatico di uno dei resoconti ufficiali dedicati alla tragedia che nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 1779 colpì il grosso borgo valsabbino.
Bagolino fu investito da un incendio che ebbe origine dai depositi di carbone vegetale situati nei pressi del forno fusorio di proprietà comunale.
 
Incenerite 644 abitazioni Dei 2.994 abitanti che il paese contava, secondo i dati delle autorità venete, oltre 500 perirono; interi nuclei familiari andarono completamente estinti; 644 abitazioni furono incenerite, la parrocchiale e la chiesa di San Lorenzo vennero seriamente danneggiate dalle fiamme, che non risparmiarono neppure il convento delle Monache, benché posto sopra il paese.
Solo poche case in località Salvì, oltre al forno fusorio e alle fucine da ferro, si salvarono dalla furia delle fiamme.
 
In sette ore, tanto durò l’incendio, oggetti preziosi, suppellettili, mobili di pregio e duemila forme di formaggio furono consumati dal fuoco.
Grandi fortune familiari vennero completamente distrutte e centinaia di persone persero ogni loro avere. Tenuto conto delle distanze e delle precarie condizioni delle strade, i soccorsi furono immediati: il sindaco della Comunità di Valle Sabbia si precipitò a Bagolino e il capitano di Brescia inviò il tenente colonnello De Therry.
 
Superati i primi momenti di sconcerto, i soccorritori si dedicarono, con l’aiuto dei bagolinesi, a recuperare e rimuovere dalle case distrutte i cadaveri per seppellirli e coprirli con calce viva con lo scopo di evitare l’esplosione d’epidemie.
A distanza di pochi giorni da quella tragica notte, fu chiaro che l’incendio di Bagolino era per numero di vittime e per entità di perdite materiali uno dei più grandi disastri del secolo per il Bresciano.
 
Ricostruzione conclusa nel 1796 Per questo le autorità bagolinesi, oltre a fornire un sussidio alla propria gente, chiesero aiuto alla città di Brescia e a Venezia, che risposero con generosità all’appello.
Tuttavia gli stanziamenti erogati e le esenzioni fiscali concesse risultarono insufficienti per affrontare la ricostruzione, tanto che, nell’autunno del 1780, la Serenissima concesse un prestito di 20.000 ducati con lo scopo di portare a termine l’imponente opera di riedificazione del borgo.
 
Già sul finire del 1783, quando don Giambattista Portesi, che aveva condiviso le sofferenze dei propri parrocchiani, si congedò da Bagolino, la ricostruzione era a buon punto.
Tuttavia, solo nel 1796, quando i consoli di Bagolino pubblicarono una nuova edizione degli statuti dedicandola al nobile Carlo Uggeri, che in quegli anni si era adoperato non poco in favore dei bagolinesi, il piano di ricostruzione giunse a conclusione.
La ristampa della legge municipale segnò la rinascita di Bagolino, fortemente voluta dalla sua gente.
 
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