Abete rosso, risorsa per le casse comunali

Da un lato l’Amministrazione comunale delle Pertiche doveva fare i conti con le casse comunali quasi vuote, dall’altra con l’abete rosso bostricato dei boschi di Livemmo, in gran parte malato e grosso pericolo per la vita stessa del bosco.

A questo punto viene attuata la decisione presa in municipio: «Dei circa 21 km. quadrati del Comune - spiega il sindaco Denis Zanolini - buona parte è boschivo, con abete rosso. A questo si aggiunge che il bostrico, coleottero parassita dal nome «Ips typographus», sta attaccando l’abete rosso stesso fino ad ucciderlo, facendone seccare una quantità enorme».

Che fare? «L’abete rosso bostricato, secco è utilizzabile come legna da ardere. Ed ecco che allora abbiamo in corso un taglio, a cura di imprese boschive che percepiscono contributo dalla Regione, su vaste località (da Ecolo a Ronchi, da Camere a Paghera, da Cima di Lasso a Pineta e a S. Bernardo) di circa 200 metri cubi di legname, che per le casse comunali vogliono dire un introito di quasi 100.000 euro».

Il 10% di questa cifra non entra in cassa per essere speso ma viene accantonato. Dovrà servire - spiega Zanolini - per il successivo rimboschimento delle zone tagliate. Dall’abete rosso si passerà ad una riconversione con piante autoctone, come faggio, castagno, ecc.».

Intanto nelle località Pineta e Pian del Bene stanno per essere avviati altri due progetti dai quali il Comune ricaverà altri 34.000 euro, con taglio sempre di abete rosso ma anche di faggio seccato. Le piante sono state attaccate dal bostrico, parassita che va da 4 a 5,5 millimetri, di colore bruno scuro o nero lucido, che in primavera penetra nella corteccia dell’abete rosso, colonizza l’albero e lo infesta, scava gallerie sotto corteccia nelle quali depone le uova (fino a 100 per ogni femmina), e lo uccide.

L’abete rosso colpito vede ingiallire od arrossare la propria chioma, si vede rodere le radici dalle larve color bianco latte e con capo bruno scuro, lunghe sei millimetri, e si vede sollevare la corteccia, fino a seccarsi totalmente e morire. Ed il suo rimanere secco in piedi costituisce per il bosco un notevole pericolo, soprattutto in caso d’incendio.

L’intervento, che da un lato rimpingua le tasche del Comune, dall’altro finisce per essere «selviculturale di recupero di boschi colpiti da avversità biotiche e abiotiche (ha l’obiettivo del contenimento della pullulazione di Ips Typographus)», intervento quindi di natura fitosanitaria.

Nella sostanza l’abete rosso malato o morto, non più in grado di restituire ossigeno all’atmosfera, con l’intervento di esbosco finisce per dare di nuovo ossigeno… ma alle casse quasi vuote del Comune.

In un ideale colloquio tra sindaco e bosco, il Comune dice: «Oggi che sei malato ti taglio e ne ricavo ossigeno (incasso) per la comunità. Domani, dopo la piantumazione, tu potrai ricrescere sano, e riprenderai così a dare ossigeno all’atmosfera».

Massimo Pasinetti
Da Bresciaoggi

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