23 Luglio 2009, 06.00
Bagolino
Geologia

Il Gssp di Romanterra

di Ubaldo Vallini

E' stato presentato al pubblico il Gssp di Romanterra. Un sito geologico che individua a livello mondiale il passaggio fra il piano Ladinico e quello Anisico

Pensa di essere un geologo e ti trovi, mettiamo, sulle Ande. Rinvieni un particolare tipo di roccia e hai già verificato che si è formata nel Giurassico inferiore. Però ti arrovelli per stabilire se si tratta di un minerale che appartiene al piano Ladinico oppure a quello Anisico.
Ebbene non hai altre scelte: per poterlo sapere con precisione devi recarti a Bagolino e fare le opportune verifiche. Il sito geologico di Romanterrà, infatti, da sabato scorso è a tutti gli effetti un Gssp, una sorta di riferimento fisico/temporale unico al mondo fra due unità cronostratigrafiche.
 
Ma andiamo con ordine
Invece che di 365 giorni qui si parla di 4.750 milioni di anni. Al posto delle stagioni ci sono gli “eoni”, piuttosto che i mesi ecco le “ere”, i “periodi” il luogo delle settimane.
Le “epoche” prima e le “età” poi, rimpiazzano giorni ed ore. Il concetto però è lo stesso: di un calendario si tratta, perchè l’uomo per conoscere le cose ha bisogno di misurarle. La differenza fra l’anno solare e la scala dei tempi geologici sta piuttosto nella possibilità o meno di farne esperienza diretta.
Insomma: fra l’autunno e l’inverno ci sta un equinozio ed è una cosa che capita tutto sommato spesso nella vita di un uomo; cosa c’è invece fra il Giurassico e il Triassico?
 
Il Gssp
Cè un Gssp, acronimo inglese che tradotto significa grossomodo “riferimento che a livello mondiale serve a suddividere la storia del pianeta Terra”.
Una congiunzione temporale che viene individuata fisicamente piantanto un “chiodo d’oro” fra uno strato di roccia formatosi in un periodo storico ben definito e quello formatosi nell’altro periodo, altrettanto definito.
“Le località che vengono definite GSSP devono essere prese in considerazione in qualsiasi caso si renda necessario valutare se la tal roccia appartiene ad un determinato intervallo geologico” spiegano gli studiosi della materia, che aggiungono: “Il Gssp individuato a Bagolino è il numero otto in Italia, area geografica per altro particolarmente dotata dal punto di vista geologico”.
 
Presentazione in municipio
Il sito è stato presentato nei giorni scorsi in occasione di un convegno che ha avuto luogo nella sala consiliare di Bagolino, prima del trasferimento dei convenuti nel letto del torrente Caffaro, in località Romanterra, dove il geologo svizzero Peter Brack che per primo lo ha scoperto nel 1981 e poi studiato a fondo, ha avuto l’onore di piantare il famoso Chiodo.
Erano presenti fra gli altri gli amministratori del Comune, compreso l’assessore Giovanni Giacomolli che si è interessato direttamente della questione per parte pubblica, e quelli della valle rappresentati dal presidente Ermano Pasini.
Numerosi soprattutto gli studiosi, anche giovanissimi. Fra i rappresentanti del mondo scientifico la dottoressa Maria Bianca Cita, prima donna geologo d’Italia, il prof. Marco Balini dell’Università di Milano che è il presidente della commissione italiana di stratigrafia del Triassico, il direttore del Museo di Scienze Naturali di Brescia Paolo Schirolli e Peter Brack.

La fine di un lungo processo fra fossili, paleomagnetismo e radioattività
Lungo il processo di indentificazione del sito, abbiamo scritto. Il punto esatto che certifa il passaggio fra il piano Anisico e quello Ladinico, avvenuto 237 milioni di anni fa, è stato individuatostudiando i fossili presenti nelle rocce, ma non solo. I moderni metodi di datazione, infatti, prevedono che debbano essere utilizzate anche altre metodologie.
Nel caso bagosso i numerosi studiosi che si sono dati il cambio soprattutto negli ultimi anni.
Geologi che hanno fatto ricorso al “paleomagnetismo”, che individua la posizione dei cristalli contenuti nelle rocce interessate, che al momento della loro formazione si sono orientano in direzione del polo magnetico di quel periodo. Ma anche allo studio dei cristalli radioattivi presenti nelle ceneri vulcaniche trovate in loco e successivamente consolidate. “Quest’ultimo metodo – hanno affermato gli studiosi -, permette una precisione nella datazione che possiamo considerare praticamente assoluta”.

 



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