Arte e poesia del ferro

“C’è tutto il valore artistico e culturale di questa iniziativa alla quale siamo determinati a dare continuità, ma c’è anche un’altra chiave di lettura che oserei dire archetipa. La fucina, per come era intesa a Odolo almeno, era il luogo delle fatiche e dei sacrifici sui quali fondavano solidamente le fortune e i successi di tutta una comunità. Dallo spirito di organizzazione sociale che la caratterizzava, dai sentimenti di mutualità, dalla capacità di creare sinergie anche morali, gli odolesi hanno tratto forza per superare difficoltà pari o superiori a quelle che sul piano economico stiamo vivendo oggi”.

Pane e arte
Nelle parole del sindaco Fausto Cassetti, pronunciate ieri in occasione della conferenza stampa di presentazione della biennale “arte e poesia del Ferro” che si terrà prossimamente a Odolo nell’officina di Pamparane, ecco una sintesi fra passato e futuro del tessuto economico e sociale odolese.
Una storia intimamente legata a quella del ferro, tanto interiore da farsi forma espressiva oltre che fortuna.
Pane e arte insomma.

Il canicchio
“Gli artigiani delle valli bresciane erano artisti a tutti gli effetti, fin da quando, a cavallo fra il Quattrocento e il Cinquecento, trovarono il modo ottenere il ferro passando per la ghisa, inventando quello che viene universalmente riconosciuto come “forno alla bresciana” o “canicchio” – ha detto infatti lo storico Giancarlo Marchesi, chiamato a tracciare un profilo storico dell’arte del ferro -. Odolo in questo è stata capace di rivestire un ruolo di primo piano, traducendo il materiale che veniva fuso nei forni di Bagolino, Vestone e Livemmo in oggetti di uso comune ed agricolo, mantendendo questa economia nel tempo”.

L'industria
Gli ha fatto eco la collega Elvira Cassetti Pasini che nel descrivere queste attività nel corso del secolo scorso ha individuato due epoche distinte, separate dalla seconda guerra mondiale: “Prima i badili e le vanghe, le forche e i picconi. Dal 1950, con la Ilfo che ha radunato 32 soci quindi 32 famiglie, gli odolesi riuscirono nella scommessa di far nascere un industria che è arrivata a produrre più del 30% del ferro nazionale”.
Un’impresa che ha avuto per padre Alessio Pasini, in seconda battuta Nicola Leali, fratello di Dario che ha donato l’officina di Pamparane perché l’Amministrazione comunale ne facesse museo.

L'eredità
Un cerchio ancora aperto, visto che l’iniziativa imprenditoriale prosegue con i loro discendenti.
Fra i più autorevoli c’è Pierluigi Leali che, presente ieri nel ruolo di presidente della Commissione del Fondo Stagnoli, si trova ad essere fra i promotori di questa straordinaria mostra.
“Questa mostra è un’omaggio alla storia di questo territorio che ha ragioni profonde – ha detto Chiara Gatti, intervenuta in vece di Domenico Montalto -. C’è una sede che è una cattedrale del lavoro, nella quale quella storia la si respira tutta. C’è la scelta azzeccata dei tre autori la cui ricerca estetica ha certo radice artigianale, ma è profondamente adeguata al linguaggio contemporaneo, allo stesso tempo capace di immettersi in una tradizione secolare”.

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