25 Gennaio 2009, 00.00
O
Conti Pubblici

Costa più il controllo del consulente

Mettere sotto controllo gli incarichi esterni nella Pubblica amministrazione per ottenere un contenimento della spesa pubblica è un obiettivo sacrosanto in termini generali. Purchè i costi siano inferiori ai benefici.

Mettere sotto controllo gli incarichi esterni nella Pa per ottenere un significativo contenimento della spesa pubblica è un obiettivo sacrosanto in termini generali. Ma computando i costi della gestione necessari per giungere all'incarico di consulenza e quelli del contenzioso generato dalle norme, si scopre che la spesa è uguale o maggiore a quella che si vorrebbe risparmiare.
Se la spesa per incarichi è considerata improduttiva, allora aboliamola. Altrimenti, è più utile fissare un tetto entro il quale gli incarichi sono sempre ammessi, anche in via fiduciaria.

L'attenzione del legislatore si è soffermata spesso, in questi anni, sulle “consulenze†o, comunque, sugli incarichi a esterni, conferiti dalle pubbliche amministrazioni.
Ne è derivata una produzione normativa alluvionale, che ha introdotto regole su regole, intervenendo in modo diretto o indiretto sull’articolo 7, comma 6, del Testo unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ormai intelligibile solo da veri e propri esegeti del diritto.
L’intento è apprestare una serie di regole, presupposti, condizioni, procedure, alla base del conferimento degli incarichi, fidando che la creazione di un “percorso a ostacoli†comporti realmente un risparmio della spesa e una razionalizzazione.
Occorre, però, chiedersi quale sia il concreto intento e il relativo beneficio cui voglia pervenire la normativa e, rilevati questi, considerare quale efficacia essa produca.

Impatto finanziario

È opinione comune e diffusa che occorra mettere sotto rigido controllo gli incarichi esterni, per ottenere significativi contenimenti della spesa pubblica. Un obiettivo finanziario di questa natura è certamente sacrosanto, in termini astratti e generali.
In concreto, tuttavia, occorre verificare quanta spesa, complessivamente, è destinata agli “incarichi esterniâ€. Effettivamente, dal conto annuale del personale rilevato dalla Ragioneria generale dello Stato, nel 2007 alla voce “Oneri per personale estraneo all'amministrazione†risulta un importo estremamente alto: 2,5 miliardi di euro. La cifra assoluta è una piccola manovra finanziaria.
È giusto, tuttavia, mettere in rapporto tale spesa con quella complessivamente sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per il personale dipendente, compreso il lavoro a tempo determinato e in formazione e lavoro: assomma a 112 miliardi di euro, senza computare gli oneri riflessi; la cifra ascende a 143 milioni di euro, considerando anche gli oneri.
Ora, la spesa per personale estraneo all’amministrazione è il 2,24 per cento della spesa complessiva del personale, se si mette in rapporto alle retribuzioni lorde, al netto degli oneri; la percentuale scende all’1,74 per cento, se il rapporto considera anche gli oneri riflessi.
I numeri dimostrano che il fenomeno degli incarichi esterni risulta molto più contenuto di quanto non sia dato per scontato nella stampa e nei sistemi di comunicazione.

Impatto mediatico
Vi è certamente da tenere conto di un elemento ineliminabile nella formazione dell’indirizzo politico: il consenso dei cittadini elettori.
È evidente che qualsiasi presa di posizione rivolta a moralizzare e contenere la spesa, non può che premiare gli autori, con una crescita di popolarità, ben attestata dall’attenzione che i media dedicano alla questione.
E quella degli incarichi esterni è, sicuramente, una materia calda, in quanto risulta troppo spesso forte il sospetto che dietro al conferimento degli incarichi non stiano sempre esigenze professionali, ma anche altri obiettivi, meno nobili. Le cronache giudiziarie spesso lo dimostrano.
L’indubbia crescita di consenso che qualsiasi lotta agli incarichi esterni può comportare, può portarci a una conclusione: al di là dell’attuazione del principio di buona amministrazione, lo spasmodico intervento del legislatore sul tema può anche essere notevolmente condizionato dalla certezza dei buoni effetti sul piano del favore del pubblico.

Impatto gestionale
Sarebbe, allora, opportuno verificare il rapporto tra costi e benefici dell’applicazione delle misure normative in merito al contenimento degli incarichi.
È necessario, in premessa, evidenziare che per giungere al conferimento di un incarico occorre gestire una procedura composta da almeno diciotto passaggi, molti dei quali costituiscono veri e propri procedimenti amministrativi di una certa onerosità. E, secondo alcune sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, la procedura vale sia per consulenze di rilevante valore, sia per prestazioni occasionali inferiori ai 5mila euro.
È paradossale che, invece, incarichi dirigenziali “esterniâ€, di durata anche quinquennale e per importi di centinaia di migliaia di euro, possano essere assegnati senza concorsi, senza procedure, in ragione solo di un rapporto di fiducia tra l’organo di governo ed il destinatario.

Rilevantissime, poi, sono valutazioni “di meritoâ€, cui sono chiamate le amministrazioni sulla sussistenza effettiva di fabbisogni di “elevata specializzazione†o sulla circostanza che l’attività oggetto del contratto rientri effettivamente nella competenza dell’ente o, ancora, sulla evidenziazione di un risultato concreto da ottenere. Valutazioni sulle quali la Corte dei conti può disporre di un sindacato pieno, che in effetti esercita.
Come dimostra lo sterminato contenzioso: dal sito della magistratura contabile si rileva che nel solo 2008 sono state emanate 244 sentenze con chiave ricerca “consulenzaâ€; 182 con chiave ricerca “collaborazioneâ€; 100 con chiave ricerca “incarico esternoâ€.
Il tutto, per circa il 2 per cento della spesa complessiva di personale nella pubblica amministrazione. Forse, computando i costi della gestione necessari per giungere all’incarico, e quelli del contenzioso ingenerato dalle norme, si potrebbe scoprire che la spesa sostenuta è uguale o maggiore a quella che si vorrebbe risparmiare.

Insomma, come troppo spesso accade, l’eccesso di norme, cavilli e codicilli crea burocrazia, contenzioso, spese, proprio in contrasto col principio di buona amministrazione.
Se la spesa per incarichi è considerata improduttiva, il modo meno complicato per ridurla è direttamente abolirla. Altrimenti, rilevando che anche la pubblica amministrazione ha necessità di accrescere le proprie competenze, potrebbe essere più utile fissare un tetto di spesa, perché no, pari al 2 per cento della spesa di personale sostenuta da ciascuna amministrazione, entro il quale gli incarichi sono sempre ammessi, anche in via fiduciaria, ovviamente purché non si vìoli il codice penale.
Si ridurrebbero le pastoie amministrative e il contenzioso e si garantirebbe una storicizzazione della spesa. Se invece si vuole ridurla, si possono prevedere percentuali inferiori.

di Luigi Oliveri da www.lavoce.info



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