Jacopo Bonfadio, Genova riesuma il processo

Il Comune di Genova sta scendendo in campo in vista della prossima edizione del Gay Pride, che sarà ospitata nella città ligure, per «rispolverare» il proto-martire omosessuale Jacopo Bonfadio, nativo di Roè Volciano. Mentre gay, lesbiche e transgender si costituiscono in «comitato» per l'organizzazione della grande parata dell'orgoglio omosessuale di giugno, il municipio sta sguinzagliando i suoi studiosi per cercare le carte perdute del processo a Jacopo Bonfadio, chierico e intellettuale, condannato a morte dalla Repubblica per sodomia nel 1550.

«Un processo odioso — dice il neoassessore Andrea Ranieri — e in vista del Gay Pride stiamo preparando un'iniziativa a risarcimento di quanto i genovesi gli hanno fatto». Cioè averlo decapitato, bruciato e disperso le sue ceneri: e per fortuna è intercesso per lui un potente amico, altrimenti Bonfadio sarebbe finito sul rogo vivo. La decapitazione è presumibilmente avvenuta a Palazzo Ducale, dove erano anche le prigioni. «E qui, nei luoghi del suo tormento — dice Ranieri — si terrà un convegno con storici del Cinquecento e delle religioni per affrontare il tema dell'omosessualità e della legge in quel contesto».

Chierico (aveva preso gli ordini minori per godere dei privilegi ecclesiastici), precettore (insegnava ai figli delle migliori famiglie genovesi), storico incaricato di redigere gli Annali della Repubblica, infine omosessuale accusato di aver sedotto per l'appunto un giovinetto, Bonfadio offre parecchi spunti di dibattito. In linea d'aria Palazzo Ducale dista poche decine di metri dall'Arcivescovado, le finestre dell'assessorato si aprono dirimpetto a quelle dell'abitazione del presidente della Cei Angelo Bagnasco. Difficile non vedere una provocazione nel controprocesso e nella «pubblica riabilitazione» di un religioso, precettore e gay, il cui supplizio fu commentato dal papa Giulio III, come riferisce il cardinale Lomellini, con queste parole destinate ai genovesi: «Havevano fatto benissimo a far eseguire quanto fecero».

Repubblica di Genova e autorità religiose locali all'epoca litigarono perché, essendo Bonfadio chierico, la Sacra Rota riteneva di dover procedere in proprio al processo. L'intellettuale fu poi condannato con soddisfazione finale di Repubblica e cardinali.

Il «caso Bonfadio», per la verità, è in parte controverso perché i genovesi fecero sparire le carte del processo nel '700 quando, mutati i tempi, alcuni intellettuali cominciarono a criticare quel rogo. Si accreditò quindi una condanna «per eresia», che in molti reputano improbabile. Anche in virtù della lettera scritta da Bonfadio al suo potente amico, un Grimaldi, poche ore prima di essere consegnato al boia: «Mi pesa il morire perché non mi pare di meritare tanto... ».

Sarà dunque una sorta di pre-apertura del Gay Pride, il convegno fra aprile e maggio dedicato a Bonfadio. Ma il Comune ha in programma anche una «drammatizzazione», con la lettura delle lettere dello storico e la proiezione di un filmato di Roè Volciano sulla sua vita, lo stesso presentato ad un convegno qualche settimana fa.

Fonte Corriere della Sera, articolo di Erika Dellacasa Sindaco

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