14 Luglio 2008, 00.00
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Anniversari

La penna a sfera ha 70 anni

La storia delle invenzioni è affascinante perché è una storia tessuta di fili imprevedibili, anche se gran parte di questa imprevedibilità appartiene forse più alla leggenda che ai fatti. Ecco quel che si racconta dell'invenzione della penna biro.

La storia delle invenzioni è affascinante perché è una storia tessuta di fili imprevedibili, anche se gran parte di questa imprevedibilità appartiene forse più alla leggenda che ai fatti. È sicuramente una leggenda quella di Papin che avrebbe avuto l’intuizione della macchina a vapore osservando la teiera messa a bollire sul fuoco. Il vapore che si formava al suo interno faceva rimbalzare ritmicamente il coperchio: sarebbe bastato costruire un cilindro e un pistone non troppo approssimativi, pensò il giovane Papin, per costringere il vapore a compiere il faticoso lavoro dei cavalli che, girando in tondo, azionavano una pompa per l’estrazione dell’acqua dalle miniere.
È certamente una leggenda quella che fa risalire l’invenzione della penna a sfera ad un fatto non meno casuale. Mentre percorreva una via della sua città, Laszlo Biro notò che, dopo essere finito in una pozzanghera, il pallone con il quale un gruppo di bambini stava giocando scivolava sull’asfalto lasciando una striscia bagnata. Se lo stesso pallone fosse stato alimentato con continuità avrebbe allungato la striscia all’infinito. (Che si tratti di una leggenda è testimoniato dal fatto che esiste anche un’altra versione. Il protagonista, questa volta, non è un pallone ma una manciata di biglie che, bagnate, lasciavano una traccia visibile sul terreno dove i bambini stavano giocando).
Non è affatto escluso che importanti innovazioni siano scaturite dall’intuizione di un momento, ma non è meno vero che esse rispondevano ad esigenze largamente avvertite. E poi non bisogna dimenticare che l’intuizione è solo l’inizio di un lungo processo costellato da tentativi ed errori, da innumerevoli perfezionamenti, dalla resistenza dei potenziali acquirenti non sempre inclini ad accogliere le novità, da costi che forse non verranno mai ricuperati. Se non ci fosse un forte incentivo, la maggior parte delle intuizioni rimarrebbe tale.
Uno degli oggetti che ci è diventato più familiare - la penna a sfera - non ha potuto eludere questo labirinto. Il suo inventore, l’ungherese Laszlo Jozsef Biro, si mise in testa di fabbricare uno strumento per scrivere che sostituisse i vecchi pennini e le stilografiche che macchiavano spesso i fogli. L’idea, a dire il vero, non era nata in origine nella sua mente. Nel 1888 un conciatore americano, John Loud, brevettò la prima penna a sfera che serviva per applicare un denso inchiostro sulla superficie del cuoio. La penna di Loud non venne mai messa in commercio, così come rimasero nel cassetto gli oltre 350 tipi di penne a sfera ideati nel trentennio successivo.
Loud ebbe una felice intuizione, ma la difficoltà allora insuperabile era costituita dall’inchiostro: se era troppo fluido colava sui fogli macchiandoli, se era troppo denso non arrivava fino alla punta della penna. Fra le tante attività svolte nel corso della sua vita, Biro fu anche editore di un piccolo giornale. Un bel giorno, mentre si trovava in una tipografia di Budapest, notò un tipo di inchiostro che si asciugava non appena veniva in contatto con la carta. Era proprio ciò che faceva al suo caso. Con l’aiuto del fratello Georg, che aveva studiato chimica, si mise a fare esperimenti e a fabbricare prototipi finché il 15 giugno 1938 decise che era venuto il momento di brevettare l’invenzione.
L’approssimarsi della seconda guerra mondiale costrinse la sua famiglia a riparare in Argentina. Durante una vacanza al mare, incontrò un anziano signore, Augustine Justo (che sarebbe poi diventato presidente della repubblica) che lo incoraggiò ad avviare la produzione. Nel 1943 aprì, insieme al fratello, una fabbrica ma, inaspettatamente, l’iniziativa si rivelò un fallimento. L’inchiostro non aveva la giusta densità e la piccola sfera non facilitava la scrittura. Ma Laszlo e Georg Biro non si persero d’animo. Nel giro di alcuni mesi corressero i difetti e l’anno dopo tornarono, fiduciosi, a vendere le penne in tutta l’Argentina. Il loro prezzo era però troppo elevato e in poco tempo rimasero sul lastrico.
Il successo che non era arriso a Laszlo Biro - un geniale inventore che al momento della sua morte avvenuta nel 1985 aveva al suo attivo più di cento brevetti - arrise, insieme alla ricchezza, ai produttori americani e, soprattutto, al francese Michel Bich che nel dopoguerra acquistò il brevetto per una somma corrispondente a circa 15 milioni dei nostri euro. Un bel gruzzolo, ma una briciola soltanto se confrontata ai guadagni realizzati dall’industriale transalpino che tolse l’acca dal suo cognome e inondò il mondo di «Bic», denominazione diventata nel frattempo sinonimo di penna a sfera.
A Biro rimase, oltre ad un considerevole pacchetto di quattrini, una bella soddisfazione: la penna sfera, indipendentemente dalla sua marca, viene ancora oggi chiamata «biro», anche da chi non sospetta che si tratta del nome del suo inventore. Si dice che il primo a chiamarla così sia stato Italo Calvino. Ma forse è anche questa una leggenda. 

Giovanni Vigo dal Giornale di Brescia



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