08 Agosto 2020, 06.24
Blog - Circolo Scrittori Instabili

La sorgente

di Giovanni Zambiasi

Angelo non aveva smesso di pensare alla Valle dei Cuel e, soprattutto, non riusciva a smettere di ricordare l’attimo in cui il capriolo era sbucato dal bosco distraendo il suo sguardo dal ruscello...


... Mentre girava l’occhio verso l’animale era sicuro di aver visto qualcuno seduto alla sorgente… una donna, un’ombra che pochi secondi più tardi… non c’era già più.

Illusione, immagini della sua fantasia o cosa? A volte si svegliava di notte con la consapevolezza di aver perso un attimo, un’occasione, un incontro. Il capriolo era apparso nel momento giusto o in quello sbagliato? Ormai nessuno poteva dargli le risposte di cui aveva bisogno, comunque doveva tornare in quel luogo e di ragioni per farlo ne aveva molte: due notti magiche da rivivere, tramonti da rivedere, la foresta da riascoltare e – perché no? – incontri a cui dare un’altra occasione.

Fanatico di numerologia aveva studiato date e trovato connessioni, i numeri erano suoi fedeli compagni da una vita e la loro simbologia e interpretazione da sempre gli avevano annunciato eventi, né buoni né cattivi, che si erano rivelati determinanti per la sua vita.
I giorni trascorsi nella Valle l’anno precedente non erano legati ai numeri che lo seguivano e che lo proteggevano, ma le notizie e le informazioni legate alla Valle – che aveva raccolto leggendo vecchi libretti scritti da storici locali – le trovava sempre in pagine corrispondenti ai suoi numeri. Aveva notato subito la connessione tra la sua vita e la Valle.

Decisione presa e calcolo fatto: sarebbe partito il giorno coincidente con l’ora dell’incontro svanito, nel mese risultante dalla somma della sua data di nascita. Angelo era il primo a essere scettico, non era mai stato capace di credere al suo istinto fino in fondo, ma sapeva che era successo spesso: le previsioni nella sua vita si materializzavano. Stavolta, per la prima volta, era lui a usare i numeri e non loro ad apparire e creare coincidenze.

Mentre camminava sul ripido sentiero che lo portava sull’altipiano di Persenic, si pentiva della scelta fatta. Il mese era torrido e il caldo soffocante del mattino faceva rimpiangere una partenza pomeridiana più sopportabile, ventilata dalla brezza che dopo il mezzodì – precisa come un orologio – risaliva la termica creata dalla montagna. Continuava però a salire e l’ombra del bosco lo aiutava a sopportare la fatica.

Il Cuel era lì dove l’aveva lasciato – d’altronde dove poteva andare?! – tutto come un anno prima: le pietre a protezione del fuoco, il sasso dove si era seduto a osservare la Valle e anche i resti della legna raccolta nel bosco erano lì al riparo. Tutto normale. Mancava infatti anche la videocamera Go-pro che aveva dimenticato di nuovo.

Una breve sosta e le prime folate dell’ora – vento puntuale – arrivano a riequilibrare la temperatura e a stimolare la voglia di terminare il panino con pomodoro e mozzarella che si era portato. Consapevole del pericolo di aprire una tra le molte lattine di birra dopo le 2 ore di sballonzolamento a temperatura improbabile, si incammina al vicino ruscello al di là del castagneto.
L’acqua fresca avrebbe in poco tempo annullato il pericolo e calmato l’arsura.

Facendo finta di sapere che la magia non si sarebbe ripetuta, guarda il bosco con la speranza di notare qualcosa – o meglio una presenza – almeno l’ombra di quella donna che aveva intravisto l’anno prima. Come volevasi dimostrare non c’era nessuno, nessuna fata e nemmeno il capriolo, solo un gambero di fiume sparisce nel muschio della sponda, spaventato dai movimenti per ancorare le lattine di birra nella corrente tra due sassi. Buonissimi i gamberi di fiume: un tempo si facevano risotti o paste deliziose, ma ormai sono pochi e destinati ai soli aironi cinerini che ne sono ghiotti.

Si addormenta presto, la delusione delle aspettative, che seppur negate dal cervello avevano trovato energia nella sua anima, toglieva la magia e l’eccitazione che Angelo aveva vissuto nel viaggio precedente.
Tutto sembrava normale, come un film già visto di cui ormai si conosce il finale.

Un rumore di rami spezzati lo sveglia, attirando la sua attenzione. La prima luce permette di intravedere tra le ombre lunghe delle piante, Angelo si siede e cerca di mettere a fuoco stropicciandosi gli occhi ancora addormentati. Non è un animale ma un uomo che cammina a un livello più basso rispetto al suo, nel castagneto.

Cerca i funghi… probabilmente, pensa Angelo che veloce esce dal sacco a pelo, infilandosi in sequenza le calze, i pantaloni e gli scarponcini da trekking, … chissà chi è… magari quello che ha trovato la Go-pro… oppure no… comunque offrire un caffè e fare due parole sarebbe bello…

“Buongiorno”, Angelo alza la voce per farsi notare, ”beviamo un caffè?”

“Sì, volentieri… ”, la risposta arriva dopo secondi di sorpresa e Angelo capisce che la persona non si aspettava la sua presenza. Un attimo e la può vedere meglio: non è un uomo ma è una donna! Il colpo è pesante e il coordinamento dei suoi muscoli ne risente:

”Buongiorno”, dice lei, “cosa fa qua sperduto nella Valle?”

Angelo non riesce a rispondere, balbetta solo la storia di voler stare un po’ da solo a meditare, ma non regge e svicola con un:

“Accendo il fuoco e prendo la Moka… Ah, scusa io sono Angelo e tu?”

“Piacere Gaia… prendo io l’acqua per il caffè.”

È bellissima! E il caffè finisce veloce. Gaia non stava cercando funghi, le piace esplorare questi boschi e l’invito a seguirla – nel caso volesse optare per un po’ di compagnia e un’avventura rinunciando alla meditazione – trova Angelo completamente d’accordo.

”Lascia pure lo zaino, tanto torniamo, chi vuoi che lo rubi?!“

Angelo pensa alla Go-pro, scrolla le spalle e segue Gaia sul sentiero al di là del ruscello. Strano, non lo aveva mai notato prima anche se sembrava battuto e, seguendo a mezza costa il fianco Ovest della montagna risale piano piano, dolcemente, fino al passo Pracalvis.

Parlano e si raccontano camminando, ridono della coincidenza di essersi incontrati ipotizzando che forse non lo sia. Il tempo si ferma e l’odore dei corpi sudati scatena istinti per lui quasi dimenticati, che Gaia stava risvegliando con la sua energia.
Le sue gambe potenti nel risalire il sentiero, il suo odore forte portato dal vento spinge Angelo, che la segue fingendo di non fare fatica.

“Ecco siamo quasi arrivati.”

”Arrivati dove?”, chiede Angelo, ma Gaia accelerando il passo è già troppo lontana per sentire la domanda. Non resta che raggiungerla e vedere di persona.

La valletta è nascosta, fresca e verdissima, fiori e insetti sembrano danzare e Angelo è sorpreso. Non sapeva dell’esistenza di questo angolo meraviglioso, la montagna lo teneva nascosto, chissà se il vecchio pastore era mai passato di là…

Il tempo di guardarsi intorno e Gaia è nuda, ride vestita solo del medaglione che porta al collo. Angelo, imbarazzato, non sa cosa fare. Il piccolo torrente a monte scende rapido da una cascata formando un laghetto, pochi metri quadri di acqua verde e trasparente, Gaia è già lì, bellissima, sdraiata sulla schiena galleggia contrastando la corrente con piccoli movimenti delle braccia, il seno bellissimo incastona il medaglione, l’acqua verdissima sembra dare vita all’albero inciso.

“Angelo vieni dai, scopriamo insieme i segreti dell’acqua!”

Liberatosi in sequenza delle scarpe, dei calzoni e delle calze si immerge vicino a lei, imitando i suoi movimenti.

”Vieni con me, devi sapere… ”, lo prende per mano e camminano quasi fluttuando nell’acqua verso la cascata che all’improvviso diventa una finestra, una finestra con paesaggi di dolore che abbatte la gioia, di violenza che spezza l’armonia, di paura che accompagna la solitudine… e di amore che sorregge la speranza. L’acqua della cascata si chiude all’improvviso come si era aperta.

Angelo la sente forte sul volto, gli toglie il fiato. Uno scatto improvviso e si ritrova seduto, lì nel suo sacco a pelo, sotto il temporale che lo ha sorpreso al buio fuori dal Cuel. Angelo si ritira, confuso, al riparo sotto il tetto di roccia. Lo scroscio d’acqua sulle foglie della foresta suona come un fiume in piena e il vento fa il resto.

Gaia dov’è? Nel naso il profumo del suo sudore, negli occhi i movimenti veloci, sulla pelle la sensazione delle sue mani. Non dimenticherà Quel sogno.

Le nuvole corrono e il sole riemerge caldo ad asciugare la terra. Angelo, buttate le sue cose nello zaino e riavvolto il sacco a pelo, riprende la strada del ritorno. Non vuole restare più a lungo, ma prima deve tornare alla sorgente, la birra è ancora lì a disturbare il gambero.

Si china e solo allora si accorge che dal suo collo penzola, appeso a un cordino di cuoio, un medaglione con inciso un albero, un albero con radici profonde. Lo stringe forte. Lo stringe forte e piange di gioia, adesso è sicuro: la magia non è il sogno. Alza gli occhi e il sentiero è lì, il segnavia dipinto sul sasso al di là del fiume riporta un numero. Il suo numero!

C’è ancora tempo, non deve per forza rientrare in giornata. Oggi vuole seguire il sentiero, oggi deve credere al suo numero.

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.





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