13 Giugno 2020, 06.51
Blog - Circolo Scrittori Instabili

«Quarantena e paranoie» di Bianca Patrizi

di Bianca Patrizi



Dereden, dereden, dereden…

Piripim, piripim, piripim…

Et patatì et patatà, come canta Brel e la giornata comincia con la solita mitragliata di messaggi sul cellulare. Dereden è mia sorella.

Piripim è il gruppo di fancazzisti ch’i g’hà niènt de fa’.

Brel è sacro, quindi viva Brel!

Sospiro e prendo in mano il cellulare. Rispondere alla sorella è d’obbligo: ogni mattina, da quando ho sclerato per via della depressione, mi invia una vignetta e due parole per accertarsi che io sia ancora viva. Rigorosamente in Inglese. Così sono costretta a concentrarmi perché la Teacher non può scivolare sull’errore grammaticale e perdere la faccia.

Fanculo!

Rispondo al dereden e invio un emoticon al piripim. Metto giù il cellulare e quello ricomincia a saltellare come un tarantolato. È il gruppo delle brioches. Quando ci si poteva muovere liberamente ci si trovava di tanto in tanto per una colazione a Salò. Siamo in cinque.
Quindi esclusa la sottoscritta, che, sempre per via della depressione, risponde con un sì o con un no solo alla fine della diatriba e la mamma novantenne delle due sorelle brioscine, restano le due sorelle brioscine più un’amica brioscina OSS. Quindi tre abili a chattare.
Un diluvio di messaggi:

– Come state? Ci si trova per un caffè?

– Eh, grazie! E come si fa? Io l’autocertificazione ce l’ho, ma non rischio seicento euro di multa!

– Aggiòrnati!

– Sarebbe?

– Coi social, una videochiamata plurima

– Scusa?

– Domani alle nove, ci videochiamiamo con un dolcetto fatto in casa e una tazza di caffè in mano!

– Che figata! Baci e abbracci virtuali a debita distanza, così Conti è contento.

– Ok – rispondo mandandole mentalmente dove, esattamente non so, ma da qualche parte perché anche loro, da quando ho sclerato, mi videochiamano spesso e quando videorispondo, tirano un sospiro di sollievo.

Ma io dico: una sarà pur libera di scegliere come cazzo vivere o morire, o no?

Riappoggio il cellulare e mi fiondo in doccia prima che quello ricominci con il ballo di San Vito. Esco dalla doccia e la lucina verde intermittente mi dice che sono arrivati altri messaggi. Cosa fai? Li ignori? Io che sono più curiosa di una scimmia non ci riesco, così passo parte della mattinata intrappolata in questa rete di dereden e piripim. I gruppi sono tanti, gli iscritti ai gruppi ancor di più, e gli uni moltiplicati per gli altri uguale le cascate del Niagara.

E che cazzo!

Sono bersagliata dai video
. Sempre gli stessi che girano in tondo. Perché un piripim ne ha ricevuto uno sul suo numero personale e lo moltiplica sul gruppo dei fancazzisti, i cui iscritti a loro volta lo girano a tutti i loro contatti, che fanno il copia e incolla e la catena di Sant’Antonio si propaga peggio del Covid-19. A fine giornata ho perso il conto di quante volte ho ricevuto lo stesso video.

Ma nessuno ha niente di meglio da fare? Non dico andare a lavorare, visto che è tutto chiuso peggio di una serrata del ’68, ma che ne so, leggere un buon libro? Ascoltarsi un pezzo di musica? Suonarla, magari? Scriverla? Dipingere? Modellare la creta? Anche se non sei Demi Moore e non hai sottomano un Patrick Swayze che, onestamente potrebbe anche essere di qualche ispirazione, se non altro per come ballava, ma comunque può andar bene anche impastare acqua e farina. Ci aggiungi una presa di sale e ti fai gli gnocchi dei poveri. Voglio dire, sempre mettere le mani in pasta è.

O se non hai quel tipo di talento, imbiancare le pareti di casa? Pulire i pavimenti? Praticare yoga, meditazione? Che magari aiuta ad abbassare lo stress e ritrovare il contatto con sé stessi che invece qui sembra che tutti si attacchino agli altri peggio delle cozze, anche quelli che fino a ieri manco ti cagavano adesso ti mandano il buongiorno, le barzellette su Conti, la Merkel, Trump, Boris Johnson, le proteste per il Mes, la vignetta del vicino che si tromba la vicina con guanti e mascherina che poi lei non sa più chi è il padre di suo figlio perché dagli occhi non l’ha riconosciuto e la buonanotte.

Allora sospiri. Finalmente!

E lì, io, rinasco. Spengo le luci di casa, accendo lo stereo e la musica mi raggiunge sul balcone, dove nella lanterna bianca regalatami da un’amica arde un lumino altrettanto bianco e la voce di Brel mi accarezza mentre semi sdraiata nella poltroncina di vimini fumo una sigaretta e guardo la luna e Venere che le brilla vicina e respiro quest’aria finalmente pulita e ascolto il canto dell’usignolo che trilla in un silenzio mai sentito prima.

Per la verità, non so se si tratti di un usignolo, ne so poco di ornitologia, magari è solo un merlo, molto meno romantico è vero, ma pur sempre elegante nella sua livrea nera dove spicca il becco giallo, ma Shakespeare dice che l’allodola è del mattino e l’usignolo della notte, quindi io mi fido e affido a lui e sono felice di averlo incontrato fra le pagine della mia vera Bibbia.

Però è strano che questa pandemia che ci ha separati e bloccati e decimati mi abbia tolto dalle spalle quel piombo che mi ostacolava perfino il respiro. Da quando la casa di riposo dove è ricoverata mia madre ha impedito le visite ai famigliari, io volo. Non più l’obbligo giornaliero condiviso con la sorella del dereden, dereden, dereden di farle visita e annaspare alla ricerca di argomenti inoffensivi, ma inutili perché ormai mia madre è più sorda di una campana e se anche urli ti sgoli e basta.

Eppoi, diciamocela tutta, che argomenti abbiamo in comune io e lei? A parte il cinema? Troppi non detto di mezzo, troppi non si fa, non sta bene, troppi indici caricati e puntati come una canna di pistola per ricordarti le regole quando invece io dentro ho quel cavallo imbizzarrito che si impenna e scalpita, e l’associazione di idee con Hidalgo, quindi con Viggo Mortensen, alias Aragorn, è immediata e potente è esplosiva e porca puttana, non è possibile! Prima Patrick Swayze, adesso Viggo Mortensen! Non si può continuare a pensare agli uomini più sexy del mondo in questo momento di reclusione e astinenza forzate!

Eh, che cazzo!

Maciullo la sigaretta nel portacenere, mi alzo e spengo lo stereo proprio mentre la voce insinuante, carezzevole, scorticante di Brel canta «il faut bien che le corps exulte2!» e vaffanculo anche tu!

Giro per casa come una tigre in gabbia. Qualcosa mi ruggisce dentro e ripenso al pozzo nero della mia depressione, quando non vedevo e non sentivo che l’affanno di un dolore infinito e ci stavo male, ma meglio di adesso, porca miseria. Perché questo Covid-19 mi ha tolto un altro peso dall’anima: mi ha chiuso la possibilità di trovar lavoro e sembrerà anche una contraddizione, ma fino a pochi mesi fa il «digerire lo stomaco a forza dell’andare e venire, consumar le ginocchia, misurar le altrui scale, far continui esercizi di agilità dorsale3» (grazie Rostand!) mi ha prosciugato le ultime energie e ho gridato «No!, Grazie» come Cyrano e quel grido mi ha fatto finalmente uscire dalla gabbia che io mi ero costruita intorno.

“E di chi è la colpa, alla fin fine?â€, mi domando fermandomi davanti al pacchetto di tabacco trinciato e la risposta è lì: della sorella, quella del dereden, dereden, dereden che ha fatto combutta con le brioscine, che hanno coinvolto la psicologa, che ha tirato dentro l’amica, quella che mi aveva chiesto di dare lezioni di Tedesco a suo figlio e l’altra amica e…

Ma quante amiche ho? Non mi basta una mano per contarle tutte! Oh cazzo!

Mi arrotolo una sigaretta con mano malferma, meditando vendetta. Ne esce una trombetta, sempre meglio della damigiana, penso e l’accendo, ma non l’ho sigillata bene e metà del tabacco l’ho perso per strada, quindi la cartina prende fuoco e mi strina il naso, ma va bene così.

Esco di nuovo sul balcone, mi sprofondo nella poltroncina di vimini e penso:

“Domani chiamo la psicologa! Se è capace di tirar fuori una depressa cronica dalla melma, sarà ben capace di rificcarcela dentro!â€

Ma temo che il processo inverso non appartenga al suo codice deontologico.

Chi chiamo? Ah! Il padre della Psicanalisi! FREEEEEEEEUUUUUUUUUUD!

Poi penso che sullo schermo, Freud, l’ha proprio interpretato lui, Viggo Mortensen e mi affloscio senza speranza nella mia poltroncina di vimini, mentre l’usignolo si rimette a trillare felice dell’aria pulita, dell’assenza di traffico in un silenzio mai sentito prima.

Bianca Patrizi

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Per gentile consessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.




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