06 Agosto 2019, 09.38
Val del Chiese
Lettere

Morirò il 99/99/9999

di Valsabbin* Refrattar*

Ciao, sono Mario Trudu, sono nato l'undici marzo del 1950 ad Arzana in Sardegna ed ho poche cose certe nella vita, tranne una: morirò il 99/99/9999.


Mario non è un profeta, non lo era nemmeno Andrea Pazienza, che aveva previsto la sua morte il 6 gennaio 1984 ma che ci ha lasciati nel 1988, Mario, assieme ad un migliaio di altre persone, molto più semplicemente è un ergastolano condannato all'ergastolo ostativo.

Il codice penale prevede due forme di ergastolo, quello "normale" che dopo 26 anni di pena espiata, dà la possibilità di accedere alle varie forme di libertà condizionali e quello ostativo, il fine pena mai o il fine pena il 99/99/9999 che esclude qualsiasi forma di beneficio.

Mario non lo abbiamo mai incontrato e purtroppo non lo incontreremo mai, ma Mario da qualche tempo è sempre con Noi.

L'abbiamo conosciuto attraverso i suoi disegni e i suoi racconti che stanno girando con una splendida mostra per il Trentino e per il nord Italia, ma anche attraverso i libri che ha scritto e che raccontano la sua vita e la sua storia.

La storia di un pastore sardo che, figlio dei suoi anni e della legislazione di emergenza è stato condannato, prima per un fatto di cui si è sempre dichiarato innocente e poi per essersi preso la responsabilità di un sequestro terminato purtroppo con la morte dell'ostaggio durante le concitate fasi della liberazione e di non avere rivelato i nomi dei suoi complici, pagando a caro prezzo, ossia col regime ostativo, quella scelta.

La sua storia l'abbiamo vissuta attraverso i disegni, fatti con la penna scura, nera, perché il tempera matite per questioni di sicurezza in regime ostativo è vietato, ricordano il suo bel paesello, gli attrezzi che venivano usati dai contadini di allora, le persone, i nomi e i soprannomi in sardo, definiti con un dettaglio memonico incredibile, ma trattano anche dell'esperienza carceraria, della lontananza dagli affetti e dell'isolamento dal mondo che il carcere porta.

Una memoria che dopo 40 anni viene meno; Mario racconta che durante il permesso per il funerale del cognato, permesso di un paio d'ore, 120 minuti in una vita, la memoria faceva scambiare i nipoti per gli zii, le figlie per le madri, e che indica quanto un regime carcerario così porti solo a svilire l'essere umano.

Vederli e sentire le sue vive parole ha toccato tasti che non ci potevano lasciare indifferenti.

In maggio Mario ha compiuto 40 anni di carcerazione e tolto una breve latitanza di 6 mesi e pochi di permessi di qualche ora, ha trascorso tutti questi anni rinchiuso in vari carceri continentali e solo nel 2017, per gravi problemi di salute e a seguito di molte richieste, è potuto tornare in Sardegna, sempre in carcere ma almeno vicino alla sua famiglia.

Le condizioni di vita da murato vivo, hanno portato lo sviluppo di alcune patologie, una fibrosi polmonare conclamata e recentemente gli è stato diagnosticato un tumore alla prostata. Il primo agosto il suo avvocato ha denunciato che da più di due mesi Mario sta aspettando una Tac per potere capire la gravità del tumore e più di un anno fa, considerate le precarie condizioni di salute, incompatibili con la vita carceraria, ha richiesto che Mario potesse scontare la pena a casa della sorella, ma Mario deve ancora pagare caro il suo silenzio, e dalla domanda non ha avuto alcuna risposta.

 Di fronte alla possibilità di trascorrere tutto questo tempo in carcere ha chiesto allo stato che la sua pena detentiva si potesse tramutare in pena di morte, ma lo stato italiano non la prevede, preferisce farti morire giorno per giorno isolato in una cella.

La pena di morte creerebbe molto più clamore e scandalo, come in passato è successo (basti pensare a Sacco e Vanzetti), il fine di questa detenzione è annullare le persone ma anche il loro ricordo.

Ma Mario, come Carmelo Musumeci (per chi non lo conoscesse l'unico ergastolano a cui è stato tolto il regime ostativo, divenuto recentemente noto scrittore) e tanti altri e tante altre, ai tentativi di annullamento di qualsiasi impulso umano insiti nel sistema carcerario hanno voluto reagire, gridando al mondo cosa sia realmente la situazione detentiva fatta di soprusi, abusi e di domandine per qualsiasi cosa, anche per le necessità essenziali di una persona; un sistema che nemmeno lontanamente mira ad una qualsiasi forma di riabilitazione ma soltanto al contenimento fisico e psicologico.

Loro questa vita la stanno vivendo dentro e con piena consapevolezza delle privazioni che quella situazione porta. Per meglio cogliere quanto la vita vissuta "dentro" debba farci riflettere, riportiamo le parole di Carmelo Musumeci che alla notizia della carcerazione prima e della scarcerazione poi di uno dei pochissimi colletti bianchi finiti dentro, nello specifico Formigoni, ha reagito con un semplice:" bene, visto il sovraffollamento uno in meno, qualcuno starà più comodo".

Mario non morirà il 99/99/9999, il suo corpo, come tutti, lascerà questo mondo terreno prima, ma le sue opere e le sue parole una volta incontrate non ci lasceranno mai e il suo sentimento di libertà e la sua integrità nemmeno.

Indipendentemente dal motivo che porta alla carcerazione, l'ergastolo ostativo rappresenta l'ennesimo buco nero di un sistema carcerario finalizzato solo alla detenzione e costrizione, rappresentato perfettamente da chi vuole vedere uomini o donne marcire in carcere quando di fronte alle proprie responsabilità risulta vile e servile nei confronti dei suoi padroni, risultando macchietta al cospetto di chi non ha nulla se non la propria dignità.

E di fronte a tanta mediocrità, col cuore colmo d'amore, non possiamo che essere i megafoni della loro libertà.

Valsabbin* Refrattar*

Per chi volesse approfondire:

Tutta la verità. Totu sa beridadi. Storia di un sequestro Mario Trudu 2015

Cent'anni di memoria. Elogio dei miei vecchi Mario Trudu 2016

Per info sulla mostra:

Circolo Culturale Cabana

Rovereto Via Campagnole 22 (Tn)

nonsipuomorirecosi@gmail.com



Commenti:
ID81501 - 06/08/2019 16:52:21 - (bernardofreddi) -

Al di là del caso specifico (che potrebbe tranquillamente essere risolto con un gesto di umanità), sembra quasi che il problema della giustizia italiana siano i pochi costretti a pagare il conto, non i troppi che se la cavano alla faccia delle loro vittime (fatto benissimo a ricordare Formigoni); quanto alla rieducazione, può funzionare per i delinquentelli o gli assassini per impulso, non certo per i capi delle cosche o dei cartelli. Comunque quel "deve ancora pagare caro il suo silenzio" potevate risparmiarvelo: non stiamo parlando di un partigiano morto sotto tortura per non tradire i compagni!

ID81508 - 07/08/2019 09:56:11 - (genpep) -

pienamente d'accordo con Bernardofreddi, tutti a predicare certezza della pena, e per uno che la pena ce l'ha certa ecco pronta la filippica pseudoumanitaria. Se poi il caso specifico merita un atto di clemenza è un altro discorso ricordando sempre però, che per le vittime la parola fine è stata definitiva.

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